Capitolo 23 Rose Dubois

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Dopo la visita di Carillo, don Giulio ancora troppo debole e dolorante, si addormentò come un sasso. Caterina ne approfittò per servire la cena agli insoliti ospiti del padrone, che apprezzarono le molte e squisite vivande che furono poste loro davanti; in particolare la "signora" si distinse agli occhi dei domestici per le curiose maniere e per l'appetito considerevole che manifestò. Poiché don Giulio ritardava il risveglio, l'accorta governante obbligò la baronessa a cenare da sola nella sua camera, sia perché evitasse d'incontrare gli altri invitati, come il principe aveva richiesto, sia perché godesse ancora di quel momento di riposo che, per motivi inspiegabili, l'esigente malato le aveva concesso.
Nella tarda serata Jacopo avvisò Anzela che il padrone desiderava vederla ed ella a malincuore lo seguì. I giorni stavano trascorrendo velocemente e con essi, il tempo concesso a Mighele s'avviava al termine. La paura di Anzela cresceva a dismisura. Il principe stava ancora male e lei non sapeva come insistere perché cominciasse a occuparsi della sua causa; temeva che nel frattempo la situazione si volgesse al peggio, che lui si aggravasse di nuovo o si rifiutasse di rispettare la promessa e, in questa continua lotta interiore, chiedeva perdono a Dio perché non le riusciva d'abbandonarsi completamente alla sua volontà.
Quando entrò, don Giulio era sdraiato lungo disteso, con la testa poggiata su due cuscini; ella notò che era molto pallido e pareva privo di forze.

-Baronessa- mormorò -aiutatemi ad alzarmi in piedi.

-Vorrei chiedervi di non farlo- ella rispose -Oggi avete osato troppo per la vostra salute.

-Seguirei volentieri il vostro consiglio- sorrise lui apprezzando quel barlume d'interesse ch'ella manifestava per la sua condizione fisica - ma devo ricevere delle persone. E anche voi, ... c'è bisogno che ascoltiate.

-Non capisco; a che cosa vi riferite, signore?

-Aspetto notizie a riguardo del vostro promesso sposo, baronessa.

Anzela trasalì. Poiché ella ignorava che il giudice avesse già cominciato a indagare sull'accaduto, fraintese le sue parole e si turbò così tanto che il sangue le sparì dal volto.

-Mighele?- gridò -Sta male? Che cosa gli è successo?

Sorpreso dalla reazione, nel timore che potesse per l'angoscia venir meno, don Giulio s'affrettò a chiarire che al barone Sanna non era capitato nulla di male, ma che forse c'erano novità per il suo caso. Trepidante la fanciulla domandò di che si trattasse.

-Sono all'oscuro, ancora, come voi- egli rispose -ma spero di avere delle notizie tra breve, delle buone notizie. Parlerò con l'uomo che ho incaricato delle indagini e vorrei che voi assisteste all'incontro nella stanza accanto al salone.

-Io credevo ... allora voi ...- Anzela sorrise -Come potrò farlo?

Don Giulio sorreggendo l'addome con l'avambraccio si rizzò seduto.

-Venite qua, che possa appoggiarmi sulla vostra spalla. Vi mostrerò come sarete in grado di osservare ogni cosa.

Tentò di sollevarsi in piedi ma vacillò e rischiò di cadere. Anzela fu pronta a sostenerlo, si caricò il suo braccio intorno al collo e gli consentì di muovere qualche passo finché egli non fu ben saldo sulle gambe. Don Giulio la pregò di condurlo nel salone dal prezioso comò d'ebano e giuntovi le indicò il grande quadro sulla parete che lo raffigurava.

-Potrete vedere e sentire tutto da là dietro- disse. E poiché la ragazza continuava a non capire, la pregò di sollevare il tendaggio che celava la porticina di là dalla quale, tempo prima, il barone Carillo, aveva ascoltato l'accorata denuncia del padre di Nina, e arrancò accanto a lei in quella stanza segreta. Lì s'avvicinò alla parete, ricoperta da un antico arazzo, dai colori sgargianti, che raffigurava il vecchio don Juan con la corazza, in sella a un focoso destriero.

Il Patto DiabolicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora