Capitolo 10 L'arrivo dei soccorsi

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Anzela respirava piano, terrorizzata di poter far chiasso anche col fiato, e osservava Caterina che con affetto cullava quel corpo inanimato, come un bimbo, con gli occhi colmi di tristezza e di determinazione. Il volto di quell’uomo, che tanto aveva odiato, s’era rilassato di lineamenti e pur così sudicio di sangue appariva bello. Forse la cattiveria, l’arroganza, le avevano impedito di considerarlo qual’era, ma adesso, libera da pregiudizi, lo vedeva per la prima volta, così rinchiuso tra le braccia di Caterina, e si stupì di come fosse bello. Sì, il giudice Ravaneda era stato un bell’uomo.
Il frastuono del calcio dei fucili e dei pugni contro i muri, segnale che i contadini saggiavano le pareti per individuare il passaggio segreto, la distolse dai suoi pensieri; stette immobile, accanto a Caterina, in attesa dell’inevitabile, conscia che tra breve le avrebbero scovate. Dei leggeri tonfi rivelarono che i ribelli stavano sgombrando gli scaffali della libreria e scagliando per terra i volumi e le sculture; Anzela trattenne il fiato e posò una mano sulla spalla della sua compagna di sventura che sollevò gli occhi su di lei. Ella vi lesse il suo stesso timore per ciò che le attendeva.
Quali parole avrebbero potuto fermare la furia di quella moltitudine, quali discorsi sensati avrebbero ascoltato? Come proteggere se stessa e Caterina, indifendibile col suo compromettente fardello in grembo? Come impedire lo scempio del corpo del principe? Quale ragionamento era idoneo e conveniente ad arrestare uno stuolo di persone infuriate e decise a tutto? Anzela non riusciva a trovare nulla di adatto, lo spavento soffocava l’intelletto, l’incertezza della sorte soggiogava la mente.
Allora s’accorse dell’inutilità dell’impresa e il cuore si rivolse a Dio, con la certezza che solo il suo intervento misericordioso poteva salvarle entrambe dalla violenza e dalla morte.
Un nugolo di spari scoppiò a piccola distanza, forse provenienti dalle scale che davano alle cucine e il rumore dei piedi che pestavano l’impiantito aumentò tanto da sembrare uno scalpitare di cavalli in corsa: qualcuno sopraggiungeva di fretta.

–Che succede?.. I soldati! I soldati! ….L’avete trovato? No! No! È qui intorno … i dragoni, maledetti! Via, non c’è tempo! … qualcuno li ha avvisati! … via! Via! C’è la forca! … per di qua … fate presto … via! Via!

In un baleno lo studio si svuotò, mentre le voci concitate apparvero più lontane, si mescolarono a nuovi spari e frastuono di baruffe.
–Oh avete sentito? Siamo salve, signorina, siamo salve!
Rincuorata, Caterina iniziò a distaccarsi dal corpo del padrone per adagiarlo con dolcezza lungo disteso sul tappeto. Contemplò costernata il candido grembiale che proteggeva la veste da lavoro che appariva come fosse servito per sgozzare un agnello. Poi scrutò Anzela che stringeva al petto il prezioso lasciapassare.

–Ora potrete andare a trovare il barone Sanna, madamigella– disse.

Anzela annuì, abbozzò un sorriso stentato, le labbra tremolarono e scoppiò in lacrime. La realtà della sua situazione era lì davanti con tutta la sua evidente crudezza. Era sola, senza un soldo e senza casa… Mighele era vivo … ma per quanto? La sentenza era stata rimandata di un mese … quanto tempo gli restava? Come poteva aiutarlo? Occorreva chiedere di riaprire il processo ma chi l’avrebbe ascoltata?
Era accosciata sui talloni: osservò la gonna sporca di sangue e s’aggiunse un altro dispiacere: come presentarsi in caserma in quelle condizioni? Cosa avrebbero pensato di lei? Le avrebbero permesso di vedere Mighele? La sua borsa! Doveva trovare la sua borsa!
Caterina, sorpresa di quel pianto, s’affrettò a sfilar via dalla testa il grembiale e a ripulire le mani, le venne accanto, le rivestì le spalle con un braccio e disse:

–Signorina Anzela … non faccia così, ... ha sentito? Qui non c’è più pericolo.

La forzò a sollevarsi con dolcezza ma energicamente.

–Deve cambiarsi, signorina– proseguì –in questo armadio ci sono i vestiti della marchesa, la madre del signor principe. Egli non ha mai voluto disfarsene– Sorrise tristemente –La marchesa Estebana aveva all’incirca la sua taglia, signorina, le prenderò un abito adatto.

Il Patto DiabolicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora