Capitolo 14 Proposta indecente

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L'apprensione di Anzela cresceva con il trascorrere inesorabile del tempo. Si domandò se il suo viso potesse mascherarla del tutto mentre scrutava Mighele che pareva all'opposto fiducioso e rilassato. Non poteva condividere il suo ottimismo. Perché il barone Corrias aveva chiesto loro di aspettare? Perché non rispondere subito alla loro richiesta d'aiuto?

-Devo trattare d'affari urgenti, miei cari- aveva divagato -ma ne riparleremo, ... ne riparleremo più tardi. Nel frattempo entrate ... su entrate e divertitevi, siete giovani, ... mangiate, c'è tanto ben di Dio, ballate... poi parleremo, non vi preoccupate, ne riparleremo senz'altro...

Il sorriso le era parso costretto, non spontaneo, e gli occhi piccoli e acuti sfuggivano da una parte e dall'altra ma s'impedivano d'intercettare i loro sguardi speranzosi. Tuttavia ella non conosceva quell'uomo. Forse era un modo di fare che gli era consueto, forse.
Mighele, per natura fiducioso, aveva accolto con tranquillità la posticipazione del dialogo a un tempo indefinito; conosceva don Marjanu da mesi, aveva trattato spesso affari con lui in compagnia o per conto di suo padre e lo stimava come uomo dabbene; ma Anzela, d'indole più prudente del fratello, s'era insospettita e nell'attesa che il barone mostrasse loro di voler riprendere il discorso, viveva ogni istante come fosse vicina alla morte. Non sopportava l'idea che accadesse qualcosa a Mighele. Dopo la scomparsa della madre, a cui era molto attaccata e la fuga del fratello, s'era acuita la sua paura di una separazione definitiva e la sua fede nella vita eterna non poteva lenire la pena. Il suo pensiero volava all'Onnipotente che supplicava con cuore straziato di non abbandonarli, mentre la testa si ingegnava d'ascoltare Mighele e il capitano che pietosamente cercavano di distrarla: così tra confusione di chiacchiere e silenzio di orazione, ella non riusciva a concentrarsi né su una cosa né sull'altra.
Il fratello la invitò a ballare, - per avvalorare la bugia della "fidanzata"- insisté e Anzela rassegnata lo assecondò passivamente. Ballò, sorrise, s'affidò alla Provvidenza, infine s'abbandonò alla musica, godendo d'aver davanti Mighele, di carezzarlo con gli occhi e di sfiorargli le dita, sia per l'affetto grande che nutriva per lui sia per rendergli evidente quanto la sua presenza le fosse di conforto dopo il lungo anno di penosa separazione.
Ecco: ora nel ballo gli uomini scambiavano dama; Mighele si era spostato ed era Alfio che la guidava nella danza giocosa ed egli, mentre girava con eleganza attorno a lei, le palesò con un sussurro il disappunto di non poter manifestare davanti a tutti quanto l'amasse, e l'angustia per la situazione rischiosa che lei e il fratello stavano affrontando.

-Mia cara Anzela- le bisbigliò all'orecchio mentre le prendeva le mani e cominciava a guidarla in una lenta piroetta -ho timore di partire e lasciarvi in questo guaio, ma non so come liberarmi da questa incombenza con sua maestà.

-Non dovete, è il vostro lavoro e il vostro futuro. Il re si fida di voi. Non temete per me ... La Provvidenza ci aiuterà, ne sono certa.

-Vostro fratello mi ha detto della grande forza che vi viene dalla fede, ma io temo per voi; perdonatemi, ma spero con tutto il cuore che il barone Corrias non vi neghi il suo aiuto.

Anzela chinò la testa mentre cominciava a girargli intorno battendo il ritmo con passi leggeri.

-Ho così bisogno di voi, Alfio- bisbigliò -Dover fingere d'esservi estranea ... non è tollerabile. Perché fingere?

-Mia dolce Anzela ... anch'io soffro, come voi. Però non posso dar torto a Mighele: nessuno deve sapere chi voi siate in realtà. Non potrei accettare che veniate coinvolta in questa faccenda del debito.

-Mio caro ...

-Oh al diavolo!

Il capitano aumentò la stretta sul gomito e l'attirò in modo impercettibile verso di sé, gli occhi di lui acchiapparono quelli della fanciulla che per un attimo dimenticò la sofferenza. Durò pochi istanti e poi allentò la presa e cominciò a sua volta a girarle intorno. Ma il gesto ardente non sfuggì all'occhio acuto del principe Ravaneda.
Questi, uscito con il barone dal salottino, s'era fermato a ricercare con sguardo ansioso l'agognata fanciulla, mentre il suo compagno, per soddisfare ciò che aveva promesso, si voltava qua e là alla ricerca del figlio dell'amico Tore Sanna. In un baleno il principe individuò la giovinetta che ballava con il giovane selvaggio e l'osservò anche subito dopo con un certo fastidio mentre ballava con l'ufficiale piemontese.

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