Capitolo 20 Una visita importante

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All’alba Caterina si svegliò e trovò la giovane Anzela vicina al capezzale del principe che ancora vegliava. Il malato riposava e il respiro regolare lasciava ben sperare su un miglioramento della sua salute. Con fermezza l’energica governante obbligò la ragazza a ritirarsi poiché la vide così indebolita e pallida da mostrarsi incerta sulle gambe; l’accompagnò nella camera accanto per lei predisposta, la costrinse a spogliarsi degli abiti che teneva addosso da due giorni interi e a indossare una camiciola da notte. Infine la lasciò che già dormiva come un ghiro.
Anzela si destò dopo varie ore dal sonno profondo e s’avvide che il sole era alto e il giorno inoltrato. Sentiva di stare meglio, più rilassata e serena. Vicino al letto trovò un catino d’acqua limpida per rinfrescarsi e sul tavolino il bricco del latte ancora fumante, con delle ciambelle dall’aspetto fragrante. Grata a Caterina per la sua premura, riconobbe d’esser affamata e cominciò a saziarsi con diletto.
Qualcuno bussò alla porta: era ancora la dolce governante che l’avvisava della presenza nella stanza del giudice di due visitatori importanti e che, quasi scusandosi, l’invitava a non recarvisi, finché entrambi non si fossero congedati. Anzela ringraziò Dio di quel contrattempo. Dopo il colloquio in cui il principe l’aveva accusata d’essere una fattucchiera, ella non sapeva più come comportarsi e sentiva il bisogno di pregare.
Nel frattempo si presentò Jacopo e trasportò all’interno della sua camera una tinozza per il bagno, la sistemò accanto al letto e in più volte la riempì con secchiate d’acqua calda.
Anzela, col cuore colmo di gratitudine, approfittò subito della possibilità offertale, tuffò i piedi nell’acqua, si liberò della leggera camicia sfilandola dal capo e s’immerse tutta, in piena felicità; s’insaponò poco per volta, godendo immensamente di poter sciacquar via col sudore anche la stanchezza del corpo.
I due visitatori del principe erano nientemeno che il viceré e il capitano De Marco.
Rientrato il giorno precedente dal paese di Macomer, in cui era stato costretto a soffermarsi per risolvere delle complicazioni sorte sul prezzo del grano, venuto a conoscenza del tragico ferimento del Reggente La Reale Cancelleria, il viceré, vivamente preoccupato, s’era affrettato a domandare notizie sulle sue condizioni di salute; conosciuta la gravità della situazione dal capitano De Marco, egli si era voluto recare a visitare il malato. Il viceré e il capitano restarono entrambi sorpresi per il buon aspetto dell’infermo, soprattutto il secondo che ricordava bene d’averlo lasciato ormai moribondo.
Lieti del cambiamento favorevole, essi se ne rallegrarono e gli augurarono entrambi una pronta e rapida guarigione. Il capitano lo rassicurò: tutti i suoi uomini erano sguinzagliati alla ricerca dell’assassino e dei suoi complici; sulla sua testa era stata posta una taglia ed egli era certo che qualcheduno all’interno del villaggio, attratto dal compenso, lo avrebbe denunciato.
Infine se ne andarono. Caterina accompagnò e congedò i due illustri visitatori, poi s’affrettò a rientrare dal principe per informarsi se vi fossero novità per la baronessa.

–Signorino Giulio, avete parlato col capitano?– domandò speranzosa –Avete accennato alla situazione del barone Sanna?

Don Giulio s’accigliò e rispose:

–So io quello che devo fare.

–Oh Signore! Volete dire che non ne avete parlato?– insisté Caterina.

–Credo che questi siano affari che non ti riguardano– replicò l’uomo.

–Ma io …– proseguì Caterina ma poi si zittì perché Anzela era entrata nella stanza.
Don Giulio trasalì temendo che la fanciulla potesse aver ascoltato la loro conversazione, poi la fissò e restò abbagliato. La giovane appariva fresca e riposata, indossava un vestito semplice un po’ liso, color prugna e portava i capelli sciolti sulle spalle ancora umidi. Egli s’accorse d’esser rimasto attonito e temendo ch’ella l’avesse notato, arrossì e si scosse, irrigidendo i lineamenti nella consueta maschera gelida e arrogante.

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