Capitolo 6 - "Undress"

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Quando metto piede in casa, ad accogliermi è solo un sottile, fastidioso silenzio

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Quando metto piede in casa, ad accogliermi è solo un sottile, fastidioso silenzio. Faccio un passo avanti, un altro ancora. Chiudo la porta alle mie spalle e lancio le chiavi di casa sul mobile all'entrata.

Mi affaccio alla cucina, ma tutto quello che riesco a vedere, sul tavolo, è una tazza di latte, una scatola di merendine e un cucchiaio mezzo usato. Capisco dal disordine, che Jason si è alzato per mangiare, e che probabilmente, dopo qualche secondo, abbia deciso di tornare a dormire. Premo l'interruttore della luce e, allontanandomi dalla cucina, mi volto verso il corridoio, camminando a piccoli passi, senza eccedere con il rumore. La camera di Jason è aperta, spalancata, e quando silenziosamente mi affaccio alla porta, lo vedo, disteso sul letto, una mano sulla fronte e il corpo fermo, immobile, di pietra.

"Sei uscito presto, stamattina, o sbaglio?" Dice, la mano che gli copre anche metà degli occhi. Mi tolgo la borsa che ho a tracolla, posandola sul letto sgualcito. Jason gira la testa, mi guarda e scopre gli occhi.

"Sono andato a fare dei giri." Dico, aprendo la borsa e tirando fuori un pacco nuovo di sigarette. Gliele lancio e lui borbotta tra sé.

"A cosa devo questo gesto affettuoso?" Ride, appena il pacchetto gli arriva sul petto, scivolando poi giù. Scuoto il capo, e senza rendermene conto, mi ritrovo anch'io a ridere.

"Sono esausto. Tutto questo lavoro mi massacra. Fin troppo." Si lamenta, massaggiandosi il volto, e, quasi immediatamente, anche i muscoli. Mi piego per prendere il telecomando in fondo al letto, accendendo la televisione con la speranza di trovare un programma decente, e poco demenziale.

"Come è stato passare il tuo tempo con Fallie, ieri sera?" Solleva la schiena dal materasso, restando seduto. Le sue parole annegano nella curiosità, gli occhi che non sanno cosa guardare.

"Non abbiamo parlato." Cambio ancora canale, senza guardarlo. Non c'è niente di cui parlare, da spiegare.

Jason aggiusta il cuscino dietro lui, appoggiandosi con la schiena. "Come ti sembra?"

Fisso lo schermo della televisione, abbassando la testa solo per qualche attimo. "Dipende cosa intendi." Dico, e guardo le foto attaccate al muro. C'è un pezzo di ricordo in ognuna di esse, e Jason lo sa, lo percepisce.

"Intendo dire..." Prende una pausa e, sospirando, riprende a parlare. "Che sembra una brava ragazza. Ieri sera mi avrà ringraziato mille volte per il passaggio." Dice, il sorriso sulle labbra mentre ricorda quel particolare. Di certo, non la conosco abbastanza da poter esprimere un mio parere.

"Probabilmente lo è." Mi limito con le parole, e Jason se ne rende conto. La televisione di sottofondo, in questo momento, non riesco a sopportarla. Premo il tasto rosso sul telecomando, spegnendo completamente lo schermo.
E' strano, come tutte le foto che ha conservato, si colleghino tra loro, e di come, guardandole, ricordi quel preciso posto, istante, respiro. Ci sono foto che butteresti più di altre, ma che, dopotutto, costruiscono la tua sequenza di ricordi.
Jason si tira nuovamente su, ma stavolta, decide di alzarsi dal letto una volta per tutte. Piega la schiena all'indietro, sbadigliando più di una volta.

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