Capitolo 50 - "Vertigo"

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Il peso che porto tra le mani oscilla da un braccio all'altro

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Il peso che porto tra le mani oscilla da un braccio all'altro. Dopo vari e ripetuti tentativi, decido di tenere i dolci che ho portato per Bonnie direttamente dal manico della busta. Una scelta un po' azzardata e forse scomoda, ma è l'unica soluzione che ho. Il via vai di gente che vedo uscire da questo condominio non è cambiato di una virgola - la vita, da queste parti, è tutta un'altra cosa. Ha altri doveri. Qualcuno vince un sorriso, qualcuno lo perde.. Le ragazze che sono in questo piazzale hanno tanto da dire, i loro racconti vengono sempre prima degli altri. Ma c'è chi non è come loro, chi non ama la vanità. Tra queste strade di cemento, si parla d'amore. Volti stanchi e pieni di trucco, la cipria bianca copre da sempre il più nero dei giorni. Un muro su cui sedersi, una ragazza dagli occhi piccoli e lucenti, una serata finita male. Con i suoi capelli arruffati e indomabili, e con la pelle così scura,  che sembra essere la notte - la notte vera, quella più buia e sincera -  lei sì, lei aspetta. Il suo bene è vicino. Ma prima che arrivi bisogna darsi da fare, bisogna rubarlo dagli occhi degli altri.. Guardarlo da lontano..  E un po' diventa tuo.. E lei, con questa aria da bambina, vuole sentirsi donna. Perché alle sue amiche riesce bene - a loro il gioco risulta semplice, più facile del previsto.
"E tu lo sai cosa si prova a perdere la testa per qualcuno?" Le chiedono, ma lei non sa rispondere, lei sogna ancora ad occhi aperti una vita che deve ancora arrivare. Ed è complesso da spiegare.
Ma c'è tempo, le direi..
C'è tempo anche per questo..

Un passante mi saluta, il suo gesto è pura cortesia. Prima di entrare nel condominio, mi accerto di aver chiuso la macchina. Vorrei avvisare Bonnie con un messaggio e dirle che sono qui, ma poi ci ripenso. Il pulsante dell'ascensore è ancora rosso e la busta che porto sembra diventare sempre più pesante. I secondi non sono mai stati lunghi come adesso. E alla fine è inevitabile sentire il telefono squillare. È Bonnie, ne sono certa. Il pulsante cambia colore e, finalmente, posso chiamare l'ascensore. Il mio telefono smette di emettere suoni al quinto squillo. Tra rumori e pensieri, non so più a chi dare retta. La testa è rimasta altrove, anche se io so perfettamente dov'è.. E questo è sbagliato, non dovrebbe accadere. Se io sono qui devo esserci per davvero. Ma se la testa ha deciso di restare in un posto diverso da questo, che colpa le vuoi dare? Io uno schiaffo, a questa mia ingestibilità, glielo darei. Ma i miei irrefrenabili gesti vengono fermati dalla ragazza del piazzale che, con i suoi passi, è riuscita a distogliere la mia mente da una serie infinita di idee. Lei è fuggita dalla vita dagli altri, ma non dalla sua. Nella sua felpa grigio perla, il cuore resta bene al caldo..
L'ascensore giunge al piano terra e io le faccio segno di entrare per prima. Lei mi ringrazia per la gentilezza.

"A che piano devi andare?" Le chiedo.

"Sesto piano." Mi dice rifugiandosi in un angolo dell'ascensore. Tengo premuto il pulsante e, sorridendo, le dico che stiamo andando nella stessa direzione. Mi metto accanto a lei e i discorsi perdono lucentezza, il silenzio ha una voce tutta sua. E poi il rumore torna per caso, il suo ritorno non era previsto. La ragazza al mio fianco riceve una telefonata e il suono metallico passa da una parete all'altra. Lei indossa il suo umore peggiore. Riaggancia la telefonata senza nemmeno rispondere. Nei suoi occhi nocciola, c'è in corso una rivoluzione..
Arriviamo entrambe alla nostra destinazione e, senza dirci niente, ci siamo dette quasi tutto.. Lei va dritta per la sua strada e io suono al campanello di Bonnie. Per mia fortuna, non mi fa attendere molto. Mi accoglie con il suo miglior sorriso.

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