Capitolo 44 - "Role"

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I primi raggi del mattino accendono dolcemente le pareti di questa disordinata stanza

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I primi raggi del mattino accendono dolcemente le pareti di questa disordinata stanza. Raggi chiari e luminosi, piccoli spicchi di realtà. Il sole riscalda tutti. Riscalda anche le anime più silenziose e dormienti.
La luce del giorno danza tra le mie lunghe ciglia ancora truccate. L'ultimo passo è aprire gli occhi. Trascino la mia stanchezza nello sguardo e mi affaccio alla vita, è l'ora giusta per aprire le ali al tempo. Mi rannicchio su me stessa e i capelli invadono tutto il cuscino. Scaccio immediatamente le ciocche più invadenti con un gesto secco della mano, e il caldo tepore della mattina sorge ancora una volta su di me. Gli occhi si aprono lentamente, portano ancora addosso i resti del trucco. Palpebre pesanti e ciglia contornate di nero. Attiro il cuscino verso la mia guancia e mi concedo ancora qualche minuto. Nel frattempo, i rumori della strada prendono vita. Mi sveglio dolcemente e con tanta buona volontà. Il sole apprezza, sorride sereno. Accolgo il suo buon umore e slego le lenzuola dalle mie gambe magre.

C'è tanto da ricordare.. Una scia di ricordi da seguire con le dita. Seguo la traiettoria dei miei pensieri, il mio tocco è pungente e fin troppo deciso. Sfioro un ricordo e non torno più indietro. Pelle, mani e troppi battiti. È questo quello che sento. È questo quello che vedo.
Mi tolgo le coperte di dosso e il ricordo delle sue carezze è così vivo che sembra essere vero. Tocco il copriletto, do uno sguardo intorno. Il maglioncino che mi ha prestato giace in un angolo del letto. Non ho mai avuto niente di lui. A parte gli sbagli. A parte il calore e il colore delle notti passate insieme. Ma dare la propria vita nelle mani di qualcuno è un inizio - il male minore.
Tu di me hai tutto e non hai niente. Un patto indecente per chi si cura dentro gli occhi tuoi.

Affogo in questo mare di pensieri e ritorno a galla con la lucidità degli abissi. Nel mio risveglio c'è anche il ricordo di mia madre. Dettagli di carta, parole magiche. Una cara nostalgia..
Allento il laccio dei pantaloni e scendo silenziosamente dal letto. I calzini che porto in dosso attutiscono per fortuna la freddezza della terra. Cerco di non scivolare sul pavimento e, distrattamente, mi strofino un occhio. Il nero del trucco colora improvvisamente le mie dita. Mi rendo conto del mio gesto distratto e rimedio subito con un po' di ovatta. Nel bagno, trovo lo struccante. Ma il liquido all'interno è quasi giunto alla fine. Diluisco tutto con l'acqua e attacco il tappo della boccetta sulla nuvola di cotone. L'ultimo procedimento è passare tutto sugli occhi per poi vedere il risultato. Ed è quello che faccio. Con l'ovatta in mano, applico una leggera pressione sul primo occhio, muovo la mano dall'alto verso il basso e così via. Dopo aver tolto i residui di polvere e mascara passo all'altro occhio. Mi dedico ai passaggi finali con la stessa cura ed attenzione. Una volta finito, getto i piccoli batuffoli di cotone nel cestino. Controllo il mio viso allo specchio. Ci sono ancora piccoli pezzi di matita nera nella linea inferiore. Mi capita sempre, ormai ci ho fatto l'abitudine.

Mi massaggio le tempie e un'onda di dolore si irradia improvvisamente dietro la testa. Colpi decisi e precisi. Cerco di tenere a bada il fastidio, ma il dolore non si arrende. Sembra l'inizio di un vero e proprio mal di testa. Esco dal bagno e mi dirigo verso il corridoio, la casa è silenziosa da ieri. Non ho avuto modo di parlare con mia madre. Al suo rientro, io ero già stesa su un letto di malinconica poesia.
Ho conservato il suo regalo in un cassetto della scrivania. Parole blindate, pensieri liberi.
E fare finta di niente, in una situazione simile, non è affatto semplice. Posso continuare a rimandare il momento giusto, posso crearlo, aspettarlo.. Ma quel momento arriverà sempre davanti alla mia porta senza preavviso. Entrerà senza chiedere, e io lo lascerò fare.

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