Capitolo 9 - "Plastic"

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"Stai bene?" La voce di Nev è lontana, bassa, lenta

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"Stai bene?" La voce di Nev è lontana, bassa, lenta. Le pulsazioni dei miei pensieri così veloci, incredibilmente forti.

"Fallie?" Tira il tappo della lattina e lo piega, chiamandomi ancora. Mi ritrovo a scuotere la testa, confusa, le mani che si poggiano sulle tempie e massaggiano, lente, per alleviare il dolore.

"Scusami, ero sovrappensiero. Dicevi?" Mi schiarisco la voce, raddrizzando la schiena. Guardo il tavolo di legno, quello dove siamo seduti, passandoci distrattamente le dita sopra.

"È successo qualcosa? Stai bene?" Si preoccupa ancora, agitato. Lascia la lattina di birra aperta, l'ansia che sbatte rumorosamente contro il suo petto, in ogni stanza del corpo.
E io sono agitata, forse più di lui. La verità che pende dai miei occhi, che lascia pezzi ovunque, per essere trovata, per non restare sola.

"Sto bene, davvero. Sai, sono un po' stanca, sarà lo stress." Mi convinco, ma le mie parole non lo fanno. La cameriera del ristorante porta le nostre ordinazioni, ci sorride per educazione, sistema i piatti e non dice altro, perché una parola in più toglie il tempo, e di tempo non ne ha.

"Dimmi cosa ti preoccupa." Nev prende le posate, pensa da quale angolazione tagliare la pizza e gira il piatto.

"Cosa ne pensi di Rue?" Dico, diretta, rimettendo le posate nel piatto. Nev muove gli occhiali che indossa, il cibo davanti ai suoi occhi che rimane intatto.

"La sorella di Estelle?" Dice, cercando forse di prendere tempo.

"Sì." Quasi sussurro. Vedo lo sguardo di Nev muoversi con difficoltà nell'ambiente, la rigidità del suo corpo che parla chiaramente.

"Non sono mai riuscito a capire Rue fino in fondo, forse perché non me ne ha mai dato modo. Ma tutte le mancanze, d'altronde, portano l'essere umano a compiere atti che, razionalmente, non farebbe." Trascina le parole, le mani che si legano tra loro. "Quando non riusciamo a rifugiarci in noi stessi, abbiamo bisogno di rifugiarci negli altri. È questo, quello che fanno tutti . È questo, quello che fa anche lei."

Nev abbassa lo sguardo, afferrando le posate per tagliare nuovamente la pizza. Ma il peso della consapevolezza e degli sbagli che sento, mi chiude lo stomaco con un nastro.

"Posso sapere il motivo di questa domanda?" Fa una piccola risata e mangia. Le parole di Maxwell che mi annebbiano, la voce di Estelle, la voce di Rue che si impasta di voglie.

"Credo che Rue abbia le idee chiare su Maxwell." Le colpe oscillano, senza fermarsi.

"E tu?" Dice Nev, facendomi deglutire. Sollevo la forchetta dalla tavola, fingendo di non aver sentito.

"Si sono conosciuti da poco?" Mi domanda, incerto.

"Non lo so, a dire il vero. Ma credo
di no."

"Di cosa hai paura?" Il modo in cui parla è un modo per attenuare le ansie. Non ho risposte, vorrei dirgli, o forse, sono io a non volerle trovare.

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