Capitolo 32 - "Memories"

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Poggio la schiena contro la parete e respiro il mio silenzio

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Poggio la schiena contro la parete e respiro il mio silenzio. Il tempo oggi sfugge, corre forte, ha più fretta di me.
Nella mia testa però c'è rumore, non c'è spazio per i pensieri. Ma i ricordi vivono, io li sento. Li sento perché ricordo bene le sue mani, le scelte del mio corpo, i disegni sulla pelle.
Mi tocco forte il petto e mi massaggio il cuore.
Sono le parole a metà, a confondere. Sono le parole a metà, ad uccidere.
Io non lo so, cosa siamo ora, se siamo davvero  qualcosa.
Ma in fondo da lui risposte non ne ho mai avute. Perché forse il silenzio parla chiaro, non lascia tracce, non permette errori.
Lui dalle mie parole si è lasciato afferrare, si è lasciato accogliere. Ma la bocca era cucita nonostante gli occhi fossero liberi.

"Che fai qui tutta sola?" Mi dice Bonnie, entrando nel nostro stanzino da lavoro.

Ma Bonnie di quello che è successo ieri sa poco e niente. Prova ad intuire, ma l'intuizione a volte non è chiara, a volte sbaglia, anche più di me.

"Stavo finendo la mia pausa." Dico staccandomi dal muro. "Tu hai finito il tuo turno?"

"Quasi. Adele mi ha chiesto di restare un altro po' visto l'afflusso di gente che c'è oggi. Devo fare un sacco di cose, e se non mi libero è la fine. Tu, invece, non hai niente da dirmi?"

Bonnie è abituata a leggere i miei occhi. Non le sfugge nemmeno il più piccolo dei particolari.

"Quello che so, e che mi hai detto per telefono, è che ieri hai dormito a casa tua. Non so se hai parlato con tua madre, non so cosa è successo prima. So che quando sei andata via dal locale eri con qualcuno, Nev mi ha accennato qualcosa, ma non sapevo se credergli."

Ricostruire i momenti della sera precedente non è affatto facile, è come ritornare in quel preciso istante, sguardo, luogo. Tolgo le cose di Emma dallo sgabello e le appoggio sullo scaffale, Bonnie tiene il tempo, io mi siedo sospirando.

"Ero con Maxwell, ieri sera." Inizio, ma non ho una fine. "Mi aveva mandato un messaggio durante la serata per chiedermi come stavo. Io gli ho risposto che stavo meglio, perché in fondo era davvero così. Stavo meglio, sì, ma non del tutto. C'era qualcosa che mi turbava e io dovevo assolutamente liberarmi da quel peso. Gli ho chiesto così di vederci, e lui ha accettato."

"Gli hai chiesto davvero di vedervi? Tu?" Ripete incredula.

"Non avevo alternative." Dico muovendo nervosamente le mani sulle gambe.

Bonnie sfila la bottiglietta d'acqua dalla sua borsa e riflette. "E cosa è successo? Cosa vi siete detti?"

Con le parole di Bonnie, però, scende improvvisamente il silenzio. Un silenzio che si prende tutto, anche la mia voce.
Come si spiega un'emozione, quando mancano le parole?

"Va tutto bene?" Mi chiede dopo aver bevuto un sorso d'acqua. Io mi alzo di scatto, fingo di cercare qualcosa nella borsa e mi prendo del tempo per pensare. Bonnie capisce che nei miei movimenti si nasconde una verità poco chiara e udibile. Una verità che voglio nascondere al mondo, per tenerla solo e soltanto per me.
Bonnie preme le dita nella bottiglia di plastica e gioca al mio stesso gioco, il mio silenzio è ora anche il suo. Ma basta così poco per capirsi, uno sguardo fugace, un sospiro. Bonnie si copre la bocca con la mano e sgrana gli occhi.

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