Capitolo 47 - "Time"

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Il tempo, si sa, è falso da sempre

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Il tempo, si sa, è falso da sempre. Due facce e un unico scopo. Una storia vera che si tramanda da anni. E quanti istanti. Quanti istanti vedo da qui.
Il tempo cerca se stesso. È nato narcisista e non se n'è accorto.
Tutti si affidano a lui e alla sua buona fede. Io di buono, in lui, non vedo nemmeno la fede. E il tempo è così, gioca da sempre brutti scherzi. Ti toglie tutto e tu non puoi difenderti.

Oggi sto spendendo i miei preziosi minuti in una sala d'attesa. Sedie di plastica, nuovi pazienti, una sconfortante noia. Io che negli anni mi sono ammalato poche volte - forse rare - e ora eccomi qui. Ma le labbra sono una vera tentazione, sono l'inizio di tutto. Siamo peccatori, amiamo peccare.
Lei che non sa dirmi di no e io che cedo troppo facilmente e in maniera inconscia. Ho baciato una marea di donne, ma non ho mai baciato le maree di una donna. A parte le sue.

L'ultima volta che l'ho baciata è stato a casa sua. Ieri ci siamo guardati, parlati, ma non abbiamo parlato dei suoi giuramenti e della situazione che ci ha coinvolti da subito in una spirale di impraticabile ragione.
Lei che crede di sapere sempre tutto e io che non la lascio mai vincere. La paura di cadere in una nuova discussione era proprio lì, dietro di noi. È rimasta accoccolata sulla mia spalla senza dire più una parola. Io mi sono preso il suo silenzio e l'ho lasciata fare. E forse ci siamo detti tutto anche così. Ci siamo stesi a terra mentre io chiudevo piano gli occhi. Vedevo rosso ovunque.
L'ho riaccompagnata a casa dopo un breve riposo. Mi ha salutato dicendo di riguardarmi, io le ho risposto che non ne avevo bisogno. L'ho rassicurata dicendo che mi sarei fatto vedere dal medico oggi.

"A che ora pensi di andare?"
"Non lo so, penso dopo pranzo. Perché?"
"Magari passo per un saluto."

Ma per noi non esiste solo un saluto. I dialoghi si estendono, il processo si ripete. E ogni scusa è buona per vedersi, per toccarsi. Le ho detto di vederci in una caffetteria che rimane qui in zona. Un invito che ha accettato con piacere.

E la situazione, in questa sala, è quella di sempre. Due donne si attaccano fra di loro, l'attesa è una brutta bestia per tutti. E la vita, fuori di qui, non aspetta nessuno.
Un'anziana signora sbatte il suo fedele bastone a terra, si lamenta vivacemente della fila e della poca organizzazione. Io assisto a questo spettacolo teatrale, sono in prima fila. La segretaria del dottore esce dallo studio, gonna lunga fino al ginocchio, camicia aderente. Si scusa per calmare le acque, ma nessuno, in questo posto, sembra accettare le sue giustificazioni poco sentite. La donna seduta al mio fianco ha i minuti contati. Rincorre la figlia per tutta la stanza e, da brava madre, le dice di contenersi. La bambina risponde buttando il peluche a terra, proprio accanto a me. Le raccolgo il pupazzo a forma di gatto e le porgo il mio rispetto.

"Ringrazia il ragazzo." Dice la madre alla figlia. E la bambina, timorosa, afferra il peluche che ho tra le mani. Non mi ringrazia, non sa farlo. Ma non mi importa, ho già fatto la mia buona azione. Mi fa vedere il suo amato gatto da vicino, lo elogia, io sorrido.

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