Capitolo 37 - "Stain"

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Le pareti di questa stanza osservano, assorbono la malinconia del suo corpo

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Le pareti di questa stanza osservano, assorbono la malinconia del suo corpo. Fallie giace sul mio letto, si è coperta metà delle gambe con il lenzuolo e non osa graffiare il silenzio con le sue parole. È rannicchiata nei suoi pensieri, tiene gli occhi socchiusi. Io la guardo e un po' mi perdo, ma resto sui miei passi, distante quanto basta. Continuo le mie ricerche sul computer, controllo i suoi movimenti con la coda dell'occhio. Non ci siamo detti più niente, dopo quel bacio. Le ho dato i miei vestiti, forse un po' troppo grandi per le sue forme, ma incredibilmente giusti per la situazione. Si è sdraiata sul mio letto senza dire una parola. Non ho voluto invadere i suoi spazi come non ho voluto insistere nel sapere la verità. Ma rimanere con le mani in mano non è da me. So che cederò, e so che lei sarà troppo brava a nascondersi dietro un'altra bugia.

Quello che è accaduto posso solo immaginarlo. Dopo ieri sera non ho avuto più sue notizie. La rissa che stava per avvenire nel locale di Victoria ci ha riportato in un attimo lontani. La rabbia, e la sensazione di vendetta che ho provato in quel momento, non è paragonabile a quello che sento adesso. I ragazzi che avevo davanti ai miei occhi erano gli stessi che avevano ridotto Jason in quelle terribili condizioni. E io fermo non ci so stare, mi conosco, reagisco d'impulso. L'ho sempre fatto, lo faccio tuttora. Ma con Fallie, lo so, l'istinto traballa fino a rendermi cieco.

Ma ora che la guardo capisco che qualcosa l'ha resa fragile. Si porta le ginocchia al petto e sprofonda nei suoi lunghi capelli, quello che ha intorno lo vuole tenere ancora per un po' lontano. Forse i sogni che ha, sono troppo grandi, per un mondo così apparentemente stretto.

Struscio la sedia a terra, mi muovo verso il letto. Si copre le gambe, un' abitudine, un gesto involontario. Studia i miei movimenti, mi lascio guardare.

"Che c'è?" Domanda coprendosi gli occhi.

Accenno un sorriso involontario. "Non devi dirmi niente?"

"No, sto bene." E le sue mani cadono sulle guance. Mi mostra gli occhi, oggi più verdi di ieri, lei non sa mentire, io sì, io un po' di più.

"Ne sei sicura?" Le scopro le gambe. Tira il lenzuolo d'istinto, sbuffa senza far rumore. Non ha alcuna voglia di combattere.

"Ti ho già risposto." Mi risponde con freddezza.

"Forse non sei stata abbastanza convincente."

"Max.." Mormora esausta. Eppure il mio nome resta sempre sulle sue labbra. Con dolcezza, lentamente.

Allungo le gambe e chiudo le braccia intorno al corpo. La guardo ancora, la testa inclinata da un lato, gli occhi fermi sulla sua figura. Fallie si aggroviglia tra le lenzuola, nei suoi stessi capelli, evita il mio sguardo e io la lascio fare, anche se non vorrei. Torna a sedersi al centro del letto, abbasso gli occhi.

"Tutte queste domande sono inevitabili, non credi?" Dico piano. Le mie parole sono leggere come l'aria.

"Lo so.." Sospira stringendo le lenzuola in un pugno. Indietreggio con la sedia e creo nuovi spazi. Siamo vicini con la mente, troppo lontani con il corpo. E questa distanza è così sottile, in fondo, questa distanza non uccide. Giochiamo con gli occhi, vuole toccarmi, sì, ma non per sbaglio. Le sfioro un braccio, la sua pelle è morbida sotto le mie dita. Ma questi brividi che vedo sono così chiari ed evidenti, non posso fare a meno di guardarli. E Fallie, lo so, nasconde quello che può. Dai miei occhi non si lascia guardare.

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