Cap.71 Parlami d'amore Mariù

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JANETTE

Tornare in Italia equivale sempre a un colpo al cuore.

Ho pochi ricordi della me bambina e adolescente ma molti di quelli mi riportano sempre qui, in questo pezzo di terra baciato da Dio in ogni dettaglio, anche il più piccolo.

Essere tornata dopo diversi anni, per giunta con Michael, non può che risollevarmi automaticamente l'umore.

Sorrido spensierata mentre guardo fuori dal finestrino del taxi che ci sta accompagnando in hotel.

Jonathan ha prenotato per noi una vera e propria casa. Alloggeremo qui per tutto il tempo e non dovremmo preoccuparci di nulla al di fuori di noi stessi e i nostri affari. Ho dato un'occhiata veloce alla struttura su Booking e nessuna parola potrebbe mai esprimere e quantificare la bellezza della stessa. Se si presenta così per telefono, figuriamoci dal vivo.

Spero vivamente che ci abbiano assegnato la camera con vista più bella. Già che ci siamo, sarebbe un peccato "perdersi" a causa di un particolare così, no?

«Sei felice?»

La voce dolce e bassa di Michael invade le mie orecchie, costringendomi a spostare l'attenzione completamente su di lui.

«Molto», gli sorrido, «e tu?»

«Non avrei potuto desiderare di meglio».

Stringe la mia mano dolcemente, quasi come se avesse paura di spezzarmi se solo osasse farlo con più foga. Il tocco deciso ma delicato del mio uomo mi fa rabbrividire; come ho potuto resistere per tanto tempo senza tutto questo?

Le piccole attenzioni che mi riserva, la delicatezza con cui mi sfiora, la dolcezza delle sue parole e l'intensità del suo sguardo. Non potrei più farne a meno.

C'è una Janette prima di Michael e una Janette dopo di Michael. Non saprei dire con certezza quale preferisca delle due; indubbiamente, entrambe mi sono servite affinché io arrivassi ad essere questa. Piena di difetti, imperfetta, spigolosa ma... felice. Non ho mai creduto nel fatto che la felicità di qualcuno potesse dipendere da quella di qualcun altro. Ho sempre pensato che reggermi sulle mie gambe fosse sufficiente. Ed è ancora così. Tuttavia, da quando ho avuto modo di conoscere il vero Michael, mi sembra che le giornate senza di lui siano vuote e che il letto sia più freddo e meno accogliente. È come se Michael, con il suo modo di fare e il suo essere, avesse colorato la mia tela che per troppi anni è rimasta grigia. Non bianca, non nera, grigia

Quando sei abituata a vivere sotto il controllo costante di un uomo che dice di "amarti", quando sei abituata a vivere con la paura costante di non essere abbastanza, privata di qualsiasi forma di amore e attenzioni, arrivi a pensare che vivere nel grigio sia meglio di qualsiasi altro colore.

Con Darius è stato così.

E mi sento una stupida nel pensare che sono stata io a permetterglielo. La mia unica "colpa" – se così può essere definita – è non essermi ribellata. Non aver capito prima quanto fosse tossico il nostro rapporto, quanto lui fosse un abile manipolatore. Le parole, spesso, lasciano segni invisibili che ti lacerano dentro. Gli stessi segni che, purtroppo, faticano ad andare via.

Il tempo non guarisce le ferite. È una gran cazzata. Al massimo, prova a lenirle.

Ed è proprio per questo che ora ho quasi paura di affidare nuovamente il mio cuore – e la mia felicità – nelle mani di un'altra persona.

Perché so quanto ho sofferto.

E so quanto non voglio soffrire.

«Pianeta terra chiama Janette», la voce di Michael sembra un sussurro lontano, «sei qui? O gli alieni ti hanno rapita?»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 08 ⏰

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