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E così passarono tre settimane, furono tre settimane piene di visite e gite per l'intera California, riuscì a passare del prezioso tempo con entrambe le mie famiglie, ma il cuore non voleva darmi pace, essa era in costante agitazione, dovevo prendere una decisione e il tempo stava terminando.
La clessidra che avevo girato e rigirato dentro la mia mente per darmi più tempo, fingendo di avere ancora metà sabbia da far cadere da un lato all'altro, stava scivolando più veloce di prima e io mi sentivo in preda al panico.
Oltre alla drastica decisione che dovevo prendere, c'erano anche due paia di occhi azzurri che mi lasciavano le notti insonne e riproducevano in loop dietro al sipario delle mie palpebre la loro vista, era come se adorassero lasciare la loro traccia nella mia mente nei momenti più inopportuni, creando così un caos nel mio cuore.
Ultimamente avevo legato parecchio con i Waston, questi ultimi dovevano avere una seconda possibilità di vivere con me, non avrei sopportato il dolore nei loro occhi nel vedermi lasciare la città, infondo erano miei genitori biologici, avevamo lo stesso sangue, e dopotutto meritavano la mia presenza nella loro vita.
Ma dall'altro canto c'erano Dylan e i genitori che mi avevano cresciuta e che non mi avevano mai fatto mancare nulla, non potevo abbandonarli ora che era arrivato il mio momento di ricambiarli il favore dopo tutti questi anni, dimostrando di scegliere la retta via, quella giusta, quella di vivere con coloro che mi avevano insegnato il vero significato di famiglia.
Ero immersa appieno in un dilemma impossibile da uscirne fuori e sentivo la mia testa scoppiare, non ne potevo più di questo incubo che mi stava tormentando da giorni, mi sentivo sotto pressione in una maniera allucinante, questa faccenda della decisione di rimanere o ritornare mi stava divorando le interiora.
Era Sabato pomeriggio ed ero in camera di Matt distesa sul suo lussuoso divano di velluto color verde scuro mentre ripensavo in continuazione ai pro e i contro di rimanere a Los Angeles e ritornare a Sydney.
Ad un tratto mi misi seduta per la frustrazione e decisi di andare a fare una passeggiata, magari stare all'aperto mi avrebbe aiutato a mettere in chiaro le idee e aprirmi la mente, l'aria fresca mi aveva sempre dato una mano per questioni che mi intrigavano dentro.
"Io esco a fare una passeggiata. Voi?", chiesi alzandomi dal divano e guardandoli giocare al videogioco di Star Wars.
"Ehi ci siete?", insistetti quando non ebbi risposta da nessuno dei due.
"Si scusa, è un momento complicato, sto quasi per uccidere Anakin Skywalker", rispose Dylan, non distogliendo nemmeno lo sguardo dallo schermo e schiacciando i pulsanti della console violentemente, come se potesse distruggere il futuro Darth Vader pigiando su quei tasti tutto da solo e seduto per terra.
"Bel combattimento", commentai sbirciando sullo schermo.
"Hai bisogno di noi per la passeggiata Kate?", chiese Matt e scambiò uno sguardo di due secondi con me, lui era più tranquillo con la console, come se avesse già progettato la prossima mossa contro Dylan, ciò era molto tipico di Matt.
"In realtà speravo diceste di no. Avevo chiesto solo per buona educazione", risposi avviandomi verso l'uscita dalla camera di Matt.
"A stasera", li salutai e loro risposero all'unisono, "Che la forza che sia con te", ovvero una battuta famosa da Star Wars.
Oh sì, avrei proprio avuto bisogno di una forza ultraterrena per arrivare a una conclusione con la mia decisione, perché ogni volta che iniziavo a pensarci, ritornavo sempre al punto di partenza e finivo per interrompere il filo logico per lo spavento del verdetto.
In realtà erano il mio cuore e la mia mente che non stavo riuscendo a far andare d'accordo, il cuore voleva rimanere a Los Angeles per i Waston e la mente richiamava Sydney per i O'Brien, e io non sapevo a chi dare la precedenza.
Se almeno qualsiasi segno, qualsiasi indizio, qualsiasi cosa, avesse aumentato di un punto la mente o il cuore, avrei scelto di seguire la sua direzione. Ma fin ora niente aveva liberato i due percorsi e io non sapevo più come uscirne fuori, mi sentivo intrappolata in un labirinto dove le due strade si incrociavano come dei fitti cespugli.
Camminai per un bel po' fino al centro città, e poi mi fermai un secondo per sentire il vento del mare che mi sfiorava la pelle, era davvero una bella sensazione.
Chiusi gli occhi per farmi accarezzare dal dolce soffio del vento e tolsi le cuffie per sentire il soave rumore delle onde mentre i gabbiani prendevano il volo, volevo diventare una di loro, volevo spiccare su in alto nel cielo e andare ovunque il mio cuore comandasse, senza dover scegliere dove abitare.

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