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Le mie ginocchia tremolanti mi fecero cadere per terra, non sentì nemmeno dolore mentre tutto il mio corpo toccò il suolo perché all'interno l'uragano faceva più male, il cuore mi faceva un male tremendo ed era quasi sul punto di diventare immortale per quante volte era deceduto stasera, ormai avevo perso il conto, le lacrime però non scesero, si era messo d'accordo con la mia anima, essi aveva sacrificato le sue lacrime per dare una pausa ai miei occhi, la mia anima stava piangendo a dirotto ma non era visibile, come non era visibile il dolore che mi stava divorando.
Rimasi seduta per terra per un tempo indefinito, le mie arti avevano perso il senso del movimento e non capivano dove dovevano dirigersi per trovare un po' di pace, la circolazione del mio sangue si era raffreddata e mi congelava sul luogo senza darmi la possibilità di spostarmi, era come se tutto il calore mi avesse completamente abbandonata nel momento in cui la macchina di Antoine era scomparsa dalla mia vista, Antoine con sé si era portato via tutta mia vitalità, il calore, le emozioni e la mia anima, era come se avesse lasciato solo uno scheletro tremolante e fragile sul punto di rompersi e sbriciolarsi mischiandosi con la terra sottostante.
Non sentivo più nulla, la mia mente era buia, Antoine aveva spento l'interruttore lasciando i miei pensieri vagare nel vuoto alla cieca, il mio petto non provocava più nessun dolore perché il dolore che provavo non aveva una sensazione sulla pelle, non lo si sentiva ma lo si percepiva, lo si sentiva scorrere lungo tutto il corpo e prosciugare ogni forza avvelenendando ogni centimetro accessibile, forse perdere i sensi sarebbe stato molto più piacevole che sentire questa sensazione invisibile e straziante divorare ogni mio organo ancora in funzione, non era un dolore che portava le lacrime agli occhi perché piangere era una cosa semplice e veloce, no, questo dolore era lenta e violenta, nei punti del corpo ove passava lasciava un segno e un livido non copribile, faceva male, terribilmente male ma il mio cuore non reagiva, rimaneva lì neutra distesa sul petto senza alcuna intenzione di alzarsi e mettersi al riparo, essi stava aspettando che questo dolore atroce l'avvolgesse nella sua nube e la portasse via per sempre, non ce la faceva più a sopportare il tutto, voleva farla finita.
Sentì le mie palpebre appesantirsi per la stanchezza di tutta la giornata, la testa mi girava anche con gli occhi chiusi, le mie arti avevano perso tutte le forze e i miei muscoli non avevano energia di alzarsi e dirigersi dentro la casa al contrario mi comandarono di distendermi per terra dove stavo seduta e così feci, mi ranocchiai sul freddo cemento del vialetto che al contatto con il mio corpo si impossessò di quel pizzico di calore che ancora invadeva il mio corpo, il suolo era davvero egoista a lasciare il mio corpo giacere senza ricambiare il favore ricevuto, la mia testa si appoggiò contro il duro cemento, i capelli mi caddero davanti la fronte e portai le mani sul mio petto per consolarla del dolore che stava sentendo, le dita dei miei piedi si stavano lentamente congelando dentro le scarpe e il leggero vento della notte fonda di Los Angeles mi stava facendo venire la pelle d'oca, alzai lo sguardo verso il cielo sopra di me e venni accolta dalle stelle e dalla luna che mi osservavano paziente e commosse ma nemmeno loro piangevano perché ormai non c'era più bisogno, piangere non serviva a nulla, piangere era inutile e superficiale, una lacrima non avrebbe potuto guarire il danno provocato sul mio petto, non riuscì più a tenere gli occhi aperti e gli chiusi molto lentamente mentre le mie labbra tremolanti si socchiudevano per lasciare un ultimo lieve respiro affannoso, mi rinchiusi e raggomitolai su me stessa ancora di più abbracciandomi perché non c'era nessuno a farlo a posto mio, ero sola solo con il cielo cupo che mi fissava e il suolo sotto di me che teneva il peso del mio corpo a pezzi.

Mi svegliai di soprassalto con il cuore che batteva forte, non era privo di sensi? Come aveva fatto a rianimarsi? La testa mi stava scoppiando dal dolore e quando portai una mano sulla fronte la trovai sudata, con l'altra invece toccai la superficie sotto di me e spalancai gli occhi notando che non era solida ma morbida e calda, mi tirai su e mi misi seduta con una fatica incredibile siccome tutto il mio corpo mi faceva terribilmente male, era come se qualcuno mi avesse torturato fino allo sfinimento, colpendomi con pugni in ogni parte possibile e mi avesse lasciato a digiuno per giorni per via della debolezza che sentivo pesante lungo le mie ossa, con la mano mi spostai i capelli dagli occhi e l'altra la posai sul petto notando che il cuore era in vita e non era solo una mia immaginazione, poi cercai di guardarmi attorno anche se con il buio si capiva poco e alzai lo sgaurdo verso l'alto per guardare il cielo ma notai solo un soffitto, ero dentro a una stanza perciò corrugai le soppraciglia e formando i miei occhi in due fessure concentrandomi sulla stanza notai che era camera mia.
Ma come ci ero finita lì? Chi mi aveva trovato e portato dentro? Sentì la gola asciutta e feci fatica a deglutire, avevo bisogno di acqua sennò sarei soffocata perciò cercai di scendere dal letto, quando tirai via le coperte da sopra di me notai che ero in pigiama, non avevo più i vestiti di prima, qualcuno mi aveva cambiata e ciò fece andare la mia mente in crisi, però non diedi troppa importanza e prima si scendere dal letto lanciai un occhiata all'orologio accanto che illuminava e segnava le 9 di mattina, dopodicchè posai i piedi nudi sul freddo pavimento che fece scorrere un sussulto lungo la mia colonna vertebrale per poi infilare le pantofole e cercare di alzarmi in piedi.
Appena mi misi in piedi un giramento di testa mi fece sedere di nuovo e chiudere gli occhi, strinsi le lenzuola con le mani per la frustrazione, odiavo sentirmi così distrutta fisicamente, era una sensazione troppo spiacevole e mi faceva ritornare in mente ricordi dell'incidente a Sydeny, scossi la testa per rimuovere brutti pensieri, cercai un'altra volta di farmi coraggio e forza e di mettermi in piedi, presi un bel respiro e mi alzai, anche questa volta ebbi un giramento ma riuscì a mantenere l'equilibrio e non cadere di nuovo sul letto.
A lenti passi mi avvicinai alla porta, lo stomaco mi faceva male e la circondavo con un braccio per tenerla calda mentre sul volto avevo un espressione addolorata, poi lentamente aprì la porta semichiusa e la luce accesa dell'anti-stanza mi accecò, dovetti portarmi un braccio davanti agli occhi per coprirmi e corrugai la fronte cercando poi di spostare lentamente il braccio e abituarmi alla luce, quando riuscì a farlo, il che si dimostrò essere un azione molto più difficoltosa di quanto immaginassi, spalancai gli occhi notando un Harry disteso a dormire sul divano con la bocca spalancata, una gamba sopra il bracciolo, un braccio che toccava per terra come l'altra gamba e la mano sinistra apoggiata sopra il petto, era uno spettacolo che a vedere era buffo ma al momento il mio mal di testa non riusciva a farmi capire nulla.
"Harry...", lo chiamai con un filo di voce spezzata ed era impossibile che mi sentisse per come stesse dormendo profondamente ma lui mi sentì e ciò mi sorprese parecchio.
Spalancò gli occhi e si mise a sedere di scatto come se gli fosse appena stato rovesciato un secchio d'acqua adosso, si guardò attorno abbastanza confuso prima di realizzare dove si trovava mentre si passava una mano sui capelli tirando i ricci ribelli all'indietro e si puliva i lati delle labbra per della bava che gli era caduta durante il sonno, infine si accorse di me apoggiata allo stirpite della porta siccome non avevo la forza di tenermi in piedi da sola e spalancò gli occhi.
"Kate, sei sveglia", esclamò alzandosi e avvicinandosi velocemente a me preoccupato, io annuì.
Dopodicchè mi prese la mano e con l'altra mi circondò la vita per portarmi a sedere sul divano, mi fece accomodare delicatamente, prese una bottiglia d'acqua, me la porse aprendola e sedendosi accanto, sentivo il suo corpo emanare calore per la vicinanza, il che al momento era molto piacevole, lui avvicinò la bottiglia davanti alle mie labbra e mi aiutò a bere con calma, quando finì, appoggiò la bottiglia per terra e mi guardò con gli occhi lucidi e in tensione.
"Come stai?", mi chiese con la sua voce lenta che dava senso di calma ma con un velo di preoccupazione in esso, infatti la frase vene fuori tremolante.
"A pezzi", risposi sincera, mi sentivo come se qualcuno mi avesse martellato sul corpo.
"Mi dispiace così tanto", disse guardando le sue mani incrociate e apoggiate in grembo, io lo guardai e vidi le borse sotto i suoi occhi ben evidenti e scure come non mai.
"Come sono finita in camera mia?", chiesi, davvero io non mi ricordavo nulla.
"Era passato un ora e tu ancora non eri rientrata a casa perciò io mi ero preoccupato ed ero uscito a cercarti per poi ritrovarti per terra priva di sensi, è stato terribile, sembrava che il mondo mi stesse crollando adosso, non sapevo che fare perciò ti ho portata dentro in braccio. Isabelle, David e Matt non erano ancora tornati dal ballo perciò ero da solo e ho chiamato Dylan che è subito tornato a casa, ti abbiamo portata in camera, cambiato gli abiti, messo cose calde sopra perché stavi praticamente congelando, e lasciato dormire. Dylan e io siamo rimasti qui per tutto il tempo passando panni caldi quasi ogni ora sul corpo e controllandoti, ora lui è uscito per andare a prenderti la colazione perché hai bisogno di carboidrati, sei molto a zucchero basso e debole. Non hai idea di come eravamo spaventati, ci hai fatto prendere un brutto colpo Kate, stavamo morendo dio mio, non sapevamo che cazzo fare, stavamo completamente impazzendo e vederti in quello stato ci stava divorando. Porca puttana Kate, ho sentito il mio cuore scoppiare e l'ansia, la paura e il panico uccidermi", spiegò Harry e io cercai di porre attenzione a tutte le sue parole ed era facile perché lui parlava davvero molto lentamente anche se mi era sembrato che ora fosse andato un po' veloce preso dal nervosismo.
Io non dissi nulla e in cambio posai le mani sopra le sue, i miei palmi freddi a contatto con le sue calde bruciavano ma era piacevole e lo guardai dolcemente prima di posare la testa sul suo petto e lui circondarmi con le braccia stringendomi non tanto forte ma con tutto l'amore che possedesse all'interno e io lo sentivo, sentivo quanto mi voleva bene, "Grazie", dissi solamente con la poca voce che mi rimaneva dentro, "Ho davvero pensato che ti avrei perso, cosa farei senza di te Kate? Come potrei andare avanti in una vita senza di te? È impossibile non ce la farei più, sei troppo importante per me, sei tutto ciò che ho, sei la mia fottuta vita Kate", disse lui e la sua voce si spezzò nel mezzo, alzai lo sgaurdo su di lui e lo vidi reprimere le lacrime, tirare su col naso e sospirare per non scoppiare a piangere, "Sono qui ora", risposi accarezzando la superficie della sua mano con il pollice e alzandomi di poco per sfiorare la sua guancia rosea con le labbra per lasciargli un tenero bacio che provocò la comparsa delle sue meravigliose fossette.
"Ti voglio più bene di me stesso", disse e io ritornai a posare la testa sul suo petto protettivo che sapeva di casa e conforto mentre il battito del suo cuore creava una dolce melodia.
"No, non volermi così tanto bene, io deludo le persone, io spezzo il cuore a tutti. Sono una cattiva persona, nessuno si merita di avermi nella loro vita, tu sei troppo buono Harry e io ti farò solo del male", dissi e la sua presa attorno a me aumentò e fece del rispondere ma in quel momento la porta della stanza spalancò mostrando la figura snella e alta di mio fratello Dylan.
"Kate dio mio", esclamò e lasciando per terra tutti i sacchetti pieni di cibo si lanciò verso di me velocemente mentre Harry mi lasciava andare per abbracciarlo.
"Non fare mai più una cosa del genere", disse sul mio collo mentre mi abbracciava stretto a lui per paura di perdermi di nuovo.
"Non lo farò", lo rassicurai mentre inspiravo il suo dolce profumo, mi era mancato così tanto.
Lui si staccò da me e prese il mio volto tra le sue mani guardandomi con i suoi occhi angoscianti, spaventati e pieni di dolore, quel suo sguardo mi rattristava, lo avevo fatto preoccupare tanto, di solito stava sempre in ansia per me ogni volta che uscivo fuori da casa dopo l'incidente a Sydney e ora avevo commesso un altro errore terrorizzandolo e mettendo la sua anima in caos, ora non si darà pace e la notte farà fatica a dormire per il mio pensiero, lo conoscevo, sapevo che la mia salute ieri sera aveva tremato il suo cuore, lo aveva portato sull'orlo di scoppiargli sul petto con urlo assordante, "Mi dispiace", è quello che riuscì a dirgli, quel suo sguardo mi stava facendo lacrimare le interiora.
"No stupida dire che ti dispiace", disse lasciandomi un tenero bacio sulla fronte e poi acarezzandomi i capelli chiese, "Come ti senti ora? Stai meglio?", cercando di leggere il mio sguardo muto.
"Sì mi fa solo male al corpo e allo stomaco", risposi con un lamento.
"È normale provare un po' di dolore al corpo ora, sei rimasta fuori sul cemento per tanto tempo", disse accarezzandomi le braccia con le sue mani soffici e con la voce sofferente.
"E non hai male allo stomaco ma fame", ammise cercando di sorridere lievemente ma gli costava molta fatica perché lo notavo dalle righe forzate che ci formavano accanto ai suoi occhi addolorati alla mia vista, questo ragazzo stava morendo per me e io non potevo permetterlo.
"Allora mi dia da mangiare dottore", dissi cercando di alleggerire la situazione e il suo cuore colmo di sconforto.
Lui annuì e chiese con un cenno del capo a Harry di aiutarlo, il che era rimasto il silenzio per tutto il tempo ad ammirarci, mi aveva sempre detto che adorava il mio rapporto con Dylan, amava il legame che avevamo e immaginava anche lui una relazione simile con un fratello e una sorella ma sfortunatamente era figlio unico e in quel momento io gli avevo detto che lui era uno della nostra famiglia, io ero come sua sorella e Dylan e Matt come suoi fratelli, i quali lo avevano accolto a braccia aperte, con Dylan aveva più chimica, più intesa e d'accordo; Harry si alzò e prese il cibo posizionandolo accanto a me mentre Dylan andava a prendere i bicchieri dalla cucina, solo quando la luce proveniente dalle grandi finestre nella stanza riflesse sulla sua pelle candida notai il grande livido violaceo sulla sua guancia sinistra, il che strinse il mio cuore e iniziò un lutto sul mio petto.
Quel livido mi riportò in mente tutti gli avvenimenti di ieri e io mi sentì mancare il fiato perciò per riprendere ossigeno aprì la bocca e domandai a Harry, "Ti fa ancora male?", il suo sguardo alzò su di me e incrociò i miei occhi, lui si schiarì la gola e scosse la testa per poi passarsi una mano sulla nuca per l'agitazione, "No, non è nulla, è passato tranquilla", rispose poi distogliendo lo sgaurdo da me a disagio, ero consapevole del fatto che stava lottando contro sé stesso per non chiedermi i dettagli di ieri sera dopo che mi aveva lasciato da sola com Antoine. Antoine.
Quel nome fu come un eco nella mia testa, fu un rumore troppo forte, fu un rimbombo che scatenò i miei nervi e mi premette il sangue nelle vene così forte che mi sembrò che qualcuno mi stesse trapanando il cervello, spremendolo come un arancia per far uscire tutto il dolore e spalmarlo su tutto il cranio, era una sensazione orrbile, sentì un conato di vomito salirmi ma si bloccò perché Dylan rientrò in camera sorridendomi e io dovetti ricambiare per mostrare a tutti che stavo bene, non potevo dare altri preoccupazioni alla mia famiglia, avevano già sofferto abbastanza per me e mi sentivo in debito con loro, mi avevano aiutata in così tanti modi e così tanto e io in cambio li davo solo sofferenze, delusioni e pensieri negativi, dovevo smetterla, avevo una responsabilità e dovevo mantenerli spensierati e felici il più possibile, ne avevo abbastanza di verderli guardarmi con lo sguardo triste, volevo trattarli bene come loro facevano con me, avevano fatto migliaia di sacrifici per me e io li ammiravo, ora toccava a me risolvere i miei casini da sola senza trascinarli con me, dovevo farcela da sola.

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