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"C'è qualcuno in casa?", chiesi con la voce tremante appena entrai, avevo il cuore che si dimenava con tutto quel suo armamento addosso.
Ad un tratto uscirono i genitori dalla cucina e i fratelli scesero dalle camere, alla loro vista mi sentì mancare il fiato, era come se l'ossigeno avesse lasciato la stanza.
"Qualcosa non va tesoro? Ti vedo preoccupata", chiese Isabelle guardandomi.
Io mi limitai a passare lo sguardo su ognuno dei presenti e la mia vista iniziò ad offuscarsi per lo stress e l'agitazione che si stavano impossessando dentro di me, i palmi delle mie mani stavano sudando, sentivo il mio corpo immerso nel fuoco e tutto attorno a me stava iniziando a girare.
Dovevo calmarmi, sedermi e prendere un bicchiere d'acqua per iniziare di nuovo a respirare con cautela, ma non avevo tempo, dovevo farlo ora o non ci sarei riuscita mai più.
"Ho preso una decisione", dissi dopo aver chiuso gli occhi e aver preso un bel respiro per colmare il vuoto di fiato che mi si era creato dentro.
Nessuno apriva bocca per parlare, avevano tutti un espressione indecifrabile, non riuscivo a capire la loro reazione, la mia testa era così pesante ed ero così stanca che non riuscivo a concentrarmi su nulla al momento.
Non riuscì a capire nemmeno l'espressione di Dylan, di solito lui mi poneva la sua spalla per reggermi in piedi, ma al momento non trovavo appoggio nemmeno su di lui per aggrapparmi e non cadere nel vuoto più totale.
Lui guardava da tutt'un altra parte e non riuscire a incrociare il suo sguardo mi rendeva debole e nervosa, in questo momento così difficile per me anche un suo sguardo mi sarebbe stato molto d'aiuto e di sostegno, inveve no, mi sembrava di essere più sola che mai in una stanza con così tante persone che mi volevano bene.
Tutti aspettavano una mia risposta e io sentivo i brividi scuotermi il corpo, mi tremavano le gambe, nella mia testa la decisione appariva così semplice da annunciare, ma qui, con i loro volti davanti ai miei occhi, sembrava la cosa più difficile da compiere.
Passai lo sguardo una volta su tutti i presenti nella sala e per un secondo decisi di rinviare l'annuncio della mia scelta, ma il cuore mi diede una spinta, era lì che attendeva sudando sotto quella sua armatura pensante, pronta a subire tutti i dolori e io stavo agendo da codarda, perciò decisi di seminare tutte le mie paure e di affrontare la sofferenza che mi stava aspettando con un sorriso diabolico.
"Io...ecco..ho deciso di...", esitai un po' balbettando e con la voce che mi si annodava in gola facendomi soffocare. "Rimanere a Los Angeles", aggiunsi.

Chiusi gli occhi per un momento e poi gli riaprì velocemente sospirando con le ciglia umide e le palpebre pesanti.
Ce l'avevo fatta, sentivo il sangue iniziare a scorrermi di nuovo sul corpo e riscaldarmi dentro, ma la scena che vidi davanti a me dopo poco mi congelò di nuovo, pietrificandomi completamente e spezzando il mio povero cuore per l'ennesima volta. Anche sotto tutto quel armamento di acciaio, la vista davanti ai miei occhi riuscì a colpire e affondare quel mio dannato cuore, la sfiondò come un missile lanciato con così tanta potenza che io barcollai leggermente.
Guardai prima la mia vecchia famiglia, i genitori avevano gli occhi lucidi, stavano dando il loro meglio per nascondere la loro tristezza, li capivo, ma non avevo previsto le conseguenze della mia decisione, di una scena così così così dolorosa.
Sentivo le lacrime colmarsi sui miei occhi ma mi trattenni, non potevo versare alcuna lacrima ora, dovevo conservarne alcune per quando sarei stata da sola e la tenebre sofferenza mi avrebbe avvinghiata.
Mi sentivo terribilmente in colpa e non riuscivo a guarire il cuore che sanguinava disteso sul mio petto, non riuscivo a cucire le ferite, gli aghi mi stavano scivolando via di mano, mi sentivo tutt'ad un tratto sottomessa da una tonnellata di mattoni sopra la testa.
Non ebbi nemmeno il coraggio di guardare Dylan perché sapevo che sarebbe stata più dura di quanto avessi immaginato nella mia mente, sentì solo i suoi passi e una porta chiudersi lentamente così come si chiuse anche la porta del suo cuore per me.
Aveva chiuso quella porta che per anni aveva lasciato il passaggio aperto al mio cuore, dove aveva conservato con cura e al caldo il mio freddo cuore, aveva dato colore al grigio del mio petto, Dylan aveva chiuso quella sua porta, ma la mia era ancora aperta e lo sarebbe stata per sempre nonostante tutto.
Sospirai abbassando lo sguardo e poi lo posai sulla mia nuova famiglia, riuscendo a sorridere faticosamente.
Loro sembravano le persone che avevano appena vinto la lotteria, i genitori più felici dell'intero mondo.
Solo vedendo quella vista riuscì minimamente a provare un sentimento di piacere.
Sentivo di aver preso la decisione giusta solo per riportare la felicità in una famiglia che la parola sorridere l'avevano persa diciassette anni fa.
Avevo scelto per aiutare delle persone, non me stessa, ma le persone che per anni non avevano visto la loro figlia considerandola morta.
Potevano pure avere tutta la ricchezza del mondo ma non avevano amore o felicità nella loro vita.
Dovevo aiutarli, ero l'unica persona in grado di farcela.
Dopo la storia che mi aveva raccontato Antoine, i miei veri genitori meritavano una possibilità di vivere con me.
Quanto avranno desiderato di almeno cenare con la famiglia al completo?
Spensierati e senza quel senso di vuoto che si portavano dietro da anni?
La contentezza che avevo visto negli occhi di Isabelle, quella di una madre alla vista di sua figlia dopo anni, quella sincera e pura era una cosa incredibile, mi aveva dato brividi lungo il corpo.
Era una prova per me vivere con loro e una vittoria per loro riavere me.
Ma si sapeva, le persone vere ricevono sempre ciò che desiderano alla fine, dopo tanti pianti e sacrifici, trovano sempre la felicità.
Mi avevano aspettato per tanto e ora l'attesa era giunta finalemente al termine.
Matt corse nella mia direzione e mi abbracciò così tanto forte da soffocarmi.
"Non posso credere che rimarrai! Eravamo sicuri che saresti ritornata a Sydney!", disse poi lasciandomi finalmente respirare.
Sorrisi e scossi la testa, dopo di lui anche i miei veri genitori mi abracciarono riempendomi di carezze.
Non mi soffermai tanto su di loro e mi concentrai andando incontro ai genitori che mi avevano adottato e che se ne stavano in disparte.
Gli abbracciai subito sentendo quel calore che mi mancherà non poco.
Non ero brava a esprimere le mie emozioni a parole e di più davanti ai genitori ai quali nascondevo sempre il mio vero umore.
Gli abbracciai a lungo e in quel abbraccio loro capirono tutto ciò che avevo voluto dirgli, tutte le scuse e i ringraziamenti che avrei voluto dargli e il mio amore che provavo per loro.
Ero di poche parole e loro lo sapevano alla grande ma le mie azioni parlavano, e loro mi capivano, sempre.
Avrebbero capito anche questa mia decisione e sapevano che ciò che decidevo lo facevo per il bene degli altri e mai per me, sapevano che pensavo prima per gli altri e poi per me.
Mi avevano cresciuta, conoscevano ogni minimo particolare di me, avevano fatto tanto per e ciò non me lo scorderò mai, e non riuscirò mai a ringraziarli abbastanza.
Gli avevo sempre voluti bene e gli vorrò bene per sempre nella stessa maniera nonostante tutto.
Loro mi dissero solamente, "Hai fatto la scelta giusta tesoro", facendomi capire che saranno sempre al mio sostegno per qualsiasi scelta io prendessi.
Avevano fiducia nelle mie capacità e nella mia mentalità, gli adoravo e sono sempre stati dei genitori fantastici e insostituibili.
Sarà difficile non vivere più sotto il loro tetto e il loro controllo, ma i nostri cuori erano incatenati e lo sarà per sempre.
La distanza non riuscirà a distruggere o indebolire il nostro legame, io non glielo permetterò.

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