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I raggi di sole provenienti dalla finestra aperta in camera mi accecò, costringendomi ad aprire gli occhi a fatica.
Posai una mano sopra gli occhi per coprirmi e lentamente quando mi abituai alla luce, gli aprì completamente.
Attraverso la finestra aperta proveniva un leggero vento freddo, facendomi provocare la pelle d'oca.
Mi coprì di più con la coperta e cercai di rimettere le idee in ordine per capire che ci facevo sopra al divanetto in camera, accanto alla finestra aperta.
Portai la mia mente alla notte passata e appena mi ricordai il tutto, sentì una fitta al cuore.
Ieri notte, dopo essermi svegliata a causa dell'incubo avuto riguardo Dylan, mi ero spostata sul divanetto per osservare le stelle sul cielo blu.
Vedere i piccoli puntini sul grande telo scuro del cielo, mi avevano calmata e tranquillizzata.
L'incubo mi aveva completamente distrutta ed era da parecchio che non la stavo avendo, avevo pensato di averla dimenticata o che non sarebbe più ricomparso ma a quanto pare l'assenza di Dylan ne aveva causato uno più forte e potente, difficile da accettare e gestire.
Non mi ero nemmeno resa conto di essermi addormentata ed infatti eccomi qui ora, a rivivere il mio incubo mentre la mia mente me la stava ritrasmettendo davanti agli occhi come se lo stessi guardando in uno schermo invisibile davanti a me.
Tutte le scene, le parole, le azioni si stavano ripetendo e sentivo il mio sangue congelarsi nelle vene mentre le mie pulsazioni acceleravano.
Chiusi immediatamente gli occhi e respirai a fondo per un paio di minuti, per poi alzarmi velocemente e andare a prepararmi per la scuola.
Stavo cercando di farmi rimanere impegnata e non ripensare all'incubo che sembrava essersi registrato perfettamente nella mia mente.
Appena mi specchiai, vidi un volto stanco con le occhiaie evidenti e gli occhi gonfi e rossi dal pianto avuto tutta la notte.
Non avevo per niente una bella cera e un bel aspetto ma non mi importava, non avevo nessuna forza di sistemarmi.
Cercai solamente in qualche modo di essere presentabile a scuola, coprì le occhiaie usando il fondotinta e azzardai con il mascara per coprire il gonfiore degli occhi siccome non avevo nessuna voglia di rispondere alle domande degli altri sul mio stato indecente.
Mi vestì velocemente con un paio di jeans normali chiari con una felpa oversize con cappuccio nero e la giacca da jeans extra larga, per poi lasciare i capelli sciolti e mettere le nike air.
Tirava un vento freddo oggi a Los Angeles e il cielo era nuvoloso e grigio proprio come il mio umore.

Controllai l'ora ed ero in perfetto orario, Thomas sarebbe arrivato a prendermi a minuti.
Anche se non avevo voglia di compagnia, e volevo andare a scuola camminando da sola, non potevo perché era molto lontana e rischiavo di essere in ritardo.
Prima di uscire dalla camera, decisi di fare uno squillo a Dylan sapendo che non avrebbe risposto a quest'ora ma almeno avrebbe visto e richiamato.
Sentivo la necessità di sentire la sua voce e calmarmi solo nel modo in cui lui riusciva, volevo anche assicurarmi che andasse tuto bene e che l'incubo era solamente un effetto della mia mancanza nei suoi confronti.
Dopo aver sentito la segretaria telefonica, chiusi la chiamata e sospirai, poi uscì dalla camera e senza nemmeno passare per la cucina, salutai da lontano Isabelle e David.
Non volevo fargli preoccupare con il mio aspetto o fargli sospettare che ero triste e di pessimo umore, perciò evitai un incontro con loro fingendo di essere in ritardo.
Uscì di casa e aspettai qualche minuto finché la macchina di Thomas non mi raggiunse.
Aprì la portiera e salì in macchina mentre lui mi diede il buongiorno sorridendo e io gli ricambiai solo il buongiorno.
"Tutto bene Kate?", chiese lui preoccupato quando notò che non stavo aprendo bocca da quando ero salita in macchina e non avevo nemmeno acceso la radio, il che era molto raro e che stava a significare che non stavo affatto bene.
Io annuì solamente senza incrociare il suo sguardo e lasciandolo puntato sulla strada davanti a me.
"Sicura?", chiese conferma.
"Ho avuto un incubo stanotte e ho dormito poco, mi riprenderò presto", risposi a bassa voce.
"Va bene, ti lascio tranquilla", mi disse e ripartì concentrato alla guida siccome ci eravamo fermati a causa dell'intenso traffico di Los Angeles.
Lo ringraziai mentalmente e gli sorrisi lievemente, il che mi costò uno sforzo enorme.
Quando avevo incubi la notte oppure mi succedeva qualcosa di brutto, non parlavo con nessuno e cercavo di stare il più alla larga possibile da persone, isolandomi completamente e prendendo un po di tempo per me stessa per riflettere e sfogarmi piangendo.
Una volta arrivati a scuola, Thomas mi accompagnò fino agli armadietti e mi lasciò con un abbraccio dicendomi di stare rilassata, per poi andare alla riunione dei rappresentanti del college siccome lui ne faceva parte e tra poco inizavano le elezioni studentesche.
Aprì il mio armadietto e iniziai a mettere dentro i libri che mi sarebbero serviti successivamente nelle lezioni per non appesantire lo zaino, e ad un tratto sentì la presenza di qualcuno alle mie spalle.
Mi girai e notai la figura di Cameron che mi guardava con le mani in tasca.
"Thomas mi ha detto di non venire da te a stressarti ma non l'ho ascoltato", mi disse sorridendo e io mi limitai e ricambiarli il sorriso, il mio sembrava più una linea orizzontale delle labbra che un sorriso vero e proprio.
"Qualcosa non va?", mi chiese preoccupato e guardandomi.
"Ti capita qualche giorno di essere giù e non aver voglia di parlare o avere a che fare con nessuno?", chiesi guardandolo mentre lui annuiva serio.
"Ecco, oggi per me è una giornata del genere, quindi scusami Cameron", dissi incrociando le braccia al petto.
"Va bene, ti lascerò in pace e da sola, ma prima dimmi, io c'entro qualcosa?", chiese agitato.
"No tranquillo, tu non c'entri niente, sono cose mie personali", risposi cercando si sorridere, lui ricambiò il sorriso e mi abbracciò prima di andarsene.
Sospirai e finì di posare i libri dentro l'armadietto finché non suonò la campanella e mi recai verso l'aula di matematica.
Presi posto in un tavolo accanto alla finestra e salutai con un cenno coloro che mi davano il buongiorno, esprimendo la mia completa non voglia di una conversazione.
Il professore entrò e dopo essersi presentato a me e avermi chiesto la mia provenienza, iniziò la lezione.
Cercai di stare il più attenta possibile e prendere appunti ordinati ma mi risultava parecchio difficile, l'incubo mi stava tormentando.
Ad un certo punto mi sentì mancare il fiato in quell'aula, tanto da aprire la finestra congelando dal freddo gli altri studenti.
Quando suonò la campanella dell'intervallo sospirai di sollievo, non ne potevo più di restare rinchiusa in quella piccola stanza, stavo soffrendo di claustrofobia.
Uscì in cortile per prendere una boccata d'aria e cercare Emma, la trovai ad aspettarmi nella solita panchina a guardarsi le punta delle scarpe.
Mi avvicinai a lei e mi sedetti accanto, quando si accorse di me, si girò a guardarmi e mi sorrise lievemente.
"Giornata storta?", mi chiese sussurrando.
"Sì, anche tu?", chiesi guardando l'erba sottostante ai miei piedi.
"Sì", mi rispose e la nostra conversazione morì lì perché ci eravamo capite.
Non avevamo bisogno di parole per intenderci, eravamo così tanto simili che anche i nostri atteggiamenti erano uguali.
A nessuno delle due piaceva parlare molto quando qualcosa non andava bene, infatti, io apoggiai la testa sulle sue spalle mentre lei la testa sopra la mia.
Era molto confortante averla accanto.
Restammo in quella posizione per un bel po finché Matt e il suo gruppo seguito da Cameron e Thomas non ci raggiunsero, ponendo fine al nostro momento di pace.
Quando Matt si sedette accanto al posto libero sulla parte di Emma, quest'ultima rabbrividì.
Emma si girò verso Matt a guardarlo e lui incrociò il suo sguardo facendole un cenno con il capo, lei sembrò pietrificarsi.
Io spalancai gli occhi sorpresa e diedi una gomitata a Emma per riportarla in realtà.
Aprì la bocca per parlare e chiederle come mai si stava comportando in quella maniera ma lei mi avantaggiò dicendo, "Kate non ora", tutta rossa in volto.
Lasciai stare per il momento ma sicuramente ci sarei ritornata più tardi quando saremo state da sole.
Fortunamente nessuno mi diede importanza o non mi chiese cosa avevo e perché ero giù, il che fu veramente un bene per me, non avevo nessuna voglia di mentire e dire che stavo bene.
Ad un tratto vidi Matt, Cameron, Nash, Thomas e altri del gruppo irrigidirsi mentre Emma cercava di alzarsi per andare via, per un gruppetto di solo biondi che ci stavano venendo incontro.
Presi per il polso Emma quando cercò di andarsene e la feci sedere di nuovo accanto a me, la guardai e vidi uno sguardo impaurito e fastidioso.
Non le dissi niente e guardandomi attorno notai che anche gli altri si stavano sentendo abbastanza a disagio e intimiditi dall'avanzare dei biondi.
Ma chi erano questi? E perché stavano facendo questo effetto al gruppo più popolare della scuola?
Stavo osservando il gruppo di Matt sentirsi inferiore e intimiditi per la prima volta da quando ero a Los Angeles.
Il gruppetto dei biondi era formato da tre ragazze, o meglio, oche, che camminavano accanto e circondando un ragazzo che avanzava con lo sguardo puntato dritto sul mio, le mani in tasca e un ghino sul volto.
Stavo reggendo il suo sguardo da un bel po senza rendermene conto e quando mi accorsi che erano a pochi passi da noi, lo distolsi.
"Ma guarda guarda, il gruppetto dei ff, finti famosi, ha una nuova componente", disse una delle bionde ridacchiando come una gallina.
"Che cazzo volete?", rispose Nash alzandosi in piedi e affronteggiandoli.
"Conoscere la nuova arrivata", disse il biondo guardandomi mentre le altre dietro di lui sogghigniavano.
Ma quanto leccapiedi potevano essere quelle ragazze?
Non c'era niente da ridere per quello che aveva detto il biondino.
Io roteai gli occhi e feci un espressione annoiata e di disinteresse.
"Tom vattene e portati dietro le tue serve", intervenne Thomas mentre guardava in cagnesco il biondo.
"Oh ma guarda chi ha parlato! L'amichetto carino e dolce della piccola indifesa Emma", disse una delle tre bionde facendo scoppiare dal ridere le altre due mentre Tom, da quanto avevo capito si chiamasse il biondo, rimaneva a fissare Emma impassibile.
"Ehi Emma, ti sei già sverginata con i tuoi libri? Sono bravi a farti venire?", disse la bionda che si appoggiò alla spalla di Tom ridendo e facendo ridere pure lui.
La rabbia mi stava invadendo il corpo e sentivo la voglia di tirare i capelli a quella stronza mentre le tiravo una sberla in quella faccia plastificata.
"Alissa sei tremenda", le disse Tom prima di baciarla, il che mi fece venire su il vomito.
Non avevo più voglia di sentire loro prendersi gioco della mia migliore amica e trattarla in questo pessimo modo, non ne avevano il diritto, non davanti a me.
Mi alzai e avanzai verso il gruppetto dei biondi fermandomi a qualche centimetro da loro e incrociando le braccia al petto mentre gli guardavo con uno sguardo omicidioso.
"Volevate conoscermi? Piacere mi chiamo Kate, ed è stato bello conoscere un gruppo di imbecilli come voi. Bene, ora potete pure andare e lasciarci in piace", dissi passando lo sguardo da Tom a tutte e tre le ragazze, infuriata più che mai.
Era già una brutta giornata e poi ci mettevano pure loro a rovinarla definitivamente.
"Intanto ti calmi che sei qua solo da due giorni, e chi ti credi di essere a parlare con noi in questo modo?", mi rispose la bionda apoggiata a Tom sorpesa, forse finora nessuno gli aveva parlato in quella maniera come me, Tom invece mi fissava con uno sguardo che non riuscivo a decifrare e con uno strano ghino sul volto.
"Sono calmissima e sono la migliore amica di Emma perciò ti avverto, prova solamente la prossima volta a prenderla in giro e ti giuro che finirà molto male. E non te lo ripeterò un'altra volta, mettitelo bene in quella testa vuota che ti ritrovi ad avere", le risposi acida e mi sorpresi pure io di avere tutto quel coraggio.
Insomma io a Sydney ero la vittima, esattamente come Emma e mi risultava parecchio difficile parlare contro coloro che mi prendevano in giro, ma qui era cambiato tutto.
La forza che avevo da quando ero da sola a Los Angeles, pensando che avrei dovuto affrontare tutto da sola, senza Dylan, mi aveva portata fin qua a diffendere gli altri.
Mi sentivo bene a esser riuscita a dire le cose che pensavo a voce alta.
"Tu zoccola che non sei altro, non hai idea di in che guaio ti sei messa, sei andata contro di me? Beh io ti rovinerò la vita", mi minacciò lei ma io non la temevo.
"Provaci, voglio proprio vedere", ribattì io reggendo il suo sguardo.
Lei lanciò un gridolino isterico sbattendo i piedi per terra e prese per polso Tom che per tutto il tempo aveva assistito alla scena silenzioso e indifferente.
Mi aveva sorpreso dovevo dirlo, pensavo che la mia guerra sarebbe scoppiata contro di lui anziché contro la malata di mente.
Incrociai un ultimo sguardo con Tom prima che Alissa lo trascinasse via con tutta la rabbia che poteva possedere dentro.
"Benvenuta all'inferno tesoro", mi disse una delle due bionde passandomi davanti e quando la notai bene, i miei occhi spalancarono per la sorpresa, era Chloe.
Era la ragazza che aveva baciato Cameron alla sera della festa sulla spiaggia, e al suo ricordo, rimasi completamente a bocca aperta.
Cameron aveva avuto il coraggio di baciare una ragazza che prendeva in giro sua sorella?
Sì era ubriaco e non aveva idea di chi aveva davanti ma almeno poteva diffendere oggi sua sorella.
Invece no, sono stati tutti zitti quando Emma stava venendo insultata pesantemente dai biondi, nessuno aveva avuto il coraggio di aprire bocca, nemmeno suo fratello.
Se io non mi sarei fatta avanti, Emma sarebbe di nuovo stata vittima di bullismo e io non potevo permetterlo, mi sarei cento volte creata dei nemici che stare zitta e fare la codarda.
Loro non si credevano così famosi in questa scuola? Non avevano tutta questa potenza? Allora perché i biondi avevano la superiorità qui?
Venivano minacciati da quattro biondi e facevano tanto i popolari dicendomi che dovevo diventare come loro per essere rispettata in questa città.
Non me l'aspettavo da loro, la minima simpatia che provavo per loro era sparita, mi avevano delusa.

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