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Stavamo percorrendo le strade di Los Angeles un ultima volta prima di partire per Sydney.
Avevamo fatto check-out e ora eravamo in macchina diretti in un centro commerciale per Antoine che doveva prendersi delle cose per il viaggio.
"Anto puoi andare a casa e prenderti le cose e lasciare anche un biglietto per tua madre avvertendola del viaggio, ormai Alissa è in mani di Tom, non c'è pericolo", dissi io mentre lui era al volante.
"No Kate, per il momento sarà molto rischioso tornare in città, in più mia madre sa che passerò le vacanze in Accademia perché lei e Theo sono andati dai zii in Francia per Natale", mi disse attento alla guida.
"Non passate il Natale insieme?", chiesi io guardandolo.
"Sì la passiamo ogni anno dagli zii a Parigi ma quest'anno avevo deciso di trascorrerla in Accademia, è il mio ultimo anno e i miei zii mi avrebbero bombardato di domande perciò ho deciso di evitarli", mi rispose sempre con lo sguardo puntato sulla strada.
"E ora con l'Accademia come fai?", chiesi io preoccupata.
"Gli ho detto che passerò le vacanze con la mia ragazza", rispose sorridendomi.
Io arrossì e ricambiai il sorriso distogliendo lo sguardo da lui, non stavamo ancora insieme e non ero la sua ragazza, anzi non sapevo nememno cosa eravamo ma sentirlo dire da lui mi faceva battere forte il cuore.
"Una volta arrivati a Sydney lo dirò pure a mia madre, ora è meglio non chiamare o avvicinarsi a nessun parente", mi disse tornando serio.
"È così grave la situazione?", chiesi io agitata.
"No, solo che tutto ciò che è accaduto è illegale ed è meglio per tutti non creare ulteriori problemi", mi rispose e aggiunse, "Stai tranquilla, non è niente di tanto preoccupante, il peggio è passato, ora ci godiamo una bella vacanza", accarezzandomi la gamba.
Io annuì e sorrisi appoggiando la mia mano sopra la sua.
Lui si fermò davanti a una banca e mi disse che doveva prelevare dei soldi mentre io lo avrei aspettato in macchina.
Scese e io lo guardai allontanarsi, accesi il cellulare spento che avevo trovato nella tasca della giacca in pelle in valigia grazie a Tom e mi ritrovai piena di messaggi da parte di Dylan, David e Isabelle.
Tutti mi chiedevano se ero salita in aereo, a che punto ero e a che ora sarei atterrata.
Controllai l'orologio e mancavano ancora tre ore al mio atterraggio nell'aeroporto di Sydney e Dylan e i miei vecchi genitori mi avrebbero aspettato all'uscita.
Dovevo avvertirli e mentire che il mio volo era stato cancellato e lo dovevo prendere stasera mentre a David e Isabelle avrei dovuto dire che il volo aveva fatto scalo e il prossimo era in ritardo di parecchie ore.
Sapevo che stavo per mentire a molta gente cara a me ma purtroppo non avevo altre possibilità per il bene di tutti.
Antoine rientrò in macchina e mi guardò con lo sguardo pensieroso.
"Qualcosa non va?", mi chiese e io gli mostrai le notifiche del mio cellulare.
"Che faccio? Devo per forza dirgli qualcosa per non fargli preoccupare", dissi sospirando.
Lui sembrò rifletterci per un po', poi mi diede il consenso di mandare un solo messaggio a Sydney e uno solo a Isabelle e David.
Io annuì e scrissi dell'imprevisto come avevo pensato e gli dissi in più che non potevo più contattarli per via della batteria scarica ma che sarei arrivata sana e salva senza problemi a Sydney.
E a Dylan aggiunsi di non venirmi a prendere all'aeroporto perché non sapevo a che ora sarei atterrata e che una volta arrivata a Sydney lo avrei contattato e raggiunto io stessa.
Dopodicchè spensi il telefono e Antoine partò con la macchina.
"Sei riuscito a prelevare?", chiesi.
"Sì ho prelevato un bel po' di soldi direi", mi rispose ridacchiando.
"Sei ricco quindi", commentai alzando gli occhi al cielo.
"Non dico di essere ricco perché non mi piace ma questi soldi che ho prelevato in parte sono di mio padre e in parte miei dall'Accademia dove veniamo pagati e del lavoro durante l'estate quando non avevo ancora una Kate da salvare", mi disse guardandomi maliziosamente.
Io sospirai e gli diedi un colpetto sul braccio ridacchiando.
Arrivammo al centro commerciale e scesi assieme ad Antoine che in giro di pochi minuti aveva già comprato una valigia, dei vestiti e pure delle scarpe nuove.
Poi però mi diede le chiavi della macchina e mi disse di andare mentre lui doveva prendere un ultima cosa importante e sarebbe stato veloce, io accettai e mi recai verso il parcheggio.
Aprì la macchina e mi accomodai accendendo la radio, ascoltavo musica dopo tanto tempo e mi sentivo motlo rilassata.
Antoine arrivò presto con un sorriso soddisfacente in volto e dopo aver sistemato le cose in valigia, accese la macchina e partì verso l'aeroporto.
"Sembri contento di aver fatto shopping vedo", lo presi in giro ridacchiando.
"Già proprio così, ma solo per l'ultima cosa comprata", rispose scambiando un fugace sguardo con me.
"Cosa hai preso?", chiesi curiosa.
"È una sorpresa", mi rispose sorridendo.
"È per me?", chiesi incredula.
"Forse", rispose sempre attento alla guida.
"Non dovevi", gli dissi guardandolo.
"Non ho detto che è per te, ho solo detto forse, non puoi affermare qualcosa senza esserne certa", mi stuzzicò.
"E va bene, quando ne sarò certa te lo ridirò", risposi incrociando le braccia al petto e posando lo sguardo sulla strada.
"Ma Antoine il tuo passaporto? Io il mio ce l'ho. Ma il tuo? Come farai?", chiesi ad un tratto ricordandomi della cosa più importante per viaggiare.
"Dimentichi sempre che sono un futuro militare Kate. Ho sempre il mio passaporto in portafoglio per il semplice fatto che se succedesse qualcosa di urgente, potrei prendere un aereo. Tipo questo che ci sta succedendo ora, ho anche la patente di guida e di volo con me, perciò nessun problema", mi tranquillizzò.
"Oh bene, io stavo per avere un attacco di panico nel caso te ne fossi dimenticato", dissi sospirando di sollievo e sedendomi comodamente sul sedile.
"Tu non preoccuparti di me, io so badare le mie cose da solo, tu ora rilassati pensando che tra 15 ore sarai tra le braccia di Dylan", mi disse sorridendo dolcemente.
Io lo guardai gioiosa e annuì sorridendo felicemente.
Arrivammo in aeroporto con due ore di anticipo e Antoine che aveva ritirato il suo biglietto dall'agenzia viaggi, mi fece notare che avevamo i posti in business class perciò potevamo andare anche con calma.
Io sbuffai per l'ennesima volta sul fatto che eravamo in business class, nessuno capiva che volevo solamente essere una normale ragazza senza trattamenti speciali.
Feci il check-in con Antoine e aspettammo poco prima di salire sul aereo per il viaggio di speranza.
Era la mia prima volta in business class perciò mi sembrò tutto confusionario, per fortuna c'era Antoine che era abituato e mi aveva aiutato parecchio.
Notai che avevamo i sedili accanto e non erano come quelli sulle quali viaggiavo di solito, erano più grandi e comodi com una tv più grande.
Mi accomodai accanto al finestrino e Antoine accanto a me dopo aver sistemato le valigie sopra di noi.
"È la tua prima volta in business vero?", chiese Antoine accanto a me.
"Già, viaggio parecchio ma non sono mai stata in questi posti, gli ho solo visti passando per uscire o entrare sull'aereo", gli dissi notando che parecchi sedili accanto a noi si stavano riempiendo di passeggeri eleganti e raffinati.
Al contrario noi sembravamo dei semplici ragazzi, in più non eravamo vestiti così bene come gli altri adulti attorno a noi.
Loro passando ci lanciavano dei sguardi sorpresi ma poi cordialmente ci salutavano o sorridevano, insomma se eravamo in business dovevamo avere molti soldi ed era ciò che maggior parte di loro ero sicura che pensassero.
"Tu invece? Sembri abituato a questo ambiente", dissi portando la mia attenzione su Antoine.
"Sì, mio padre essendo un comandante, aveva la possibilità di viaggiare anche in prima classe e noi con lui", mi spiegò e io annuì sorridendo.
Avevo notato che ogni volta che parlava di suo padre i suoi occhi s'illuminavano, stimava davvero molto suo padre.
"Dove sei stato nel mondo?", chiesi io curiosa e appoggiando il volto su una mano che stava sopra la maniglia del sedile.
"Ho visitato tutta l'America, a partire da Canada fino a Brasile, conosco motlo bene ogni parte degli USA. Sono stato in Africa per volontariato grazie all'Accademia e in più in Egitto con la famiglia. Sono stato in India, Giappone e altri paesi dell'Asia. L'Europa l'ho visitato quasi tutto ma mi mancano principalmente la Grecia e l'Italia. Infine, sono stato anche in Australia e indovina in che città?", rispose facendomi la lista dei suoi viaggi, ero sicura che fosse un viaggiatore, lo si capiva da come si muoveva in aeroporto, era come se fosse a casa sua.
"Sydney?", chiesi senza pensarci due volte.
"Esatto", rispose sorridendo e io spalancai gli occhi e la bocca.
"Oddio quando?", chiesi incredula.
"Due anni fa", mi rispose calmo.
"E ti era piaciuto?", chiesi, ora ero più curiosa di prima nel sapere cosa ne pensava della mia città.
"Sì era molto bella, mi piaceva il clima e l'umiltà delle persone, anche il loro accento", mi rispose sorridendo.
"Ovvio che ti piaceva, c'ero io lì", gli risposi modesta.
"Beh non hai torto", mi rispose ridacchiando e facendo ridere me.
"Vedrai che questa volta Sydney ti entrerà nel cuore", gli dissi io.
"Non ho dubbi", mi rispose sorridendo e lasciandomi una bacio sulla mano.
"Con Dylan poi, non sai cosa ti aspetta Antoine", dissi ridacchiando e lui sospirò ridendo e incrociando le nostre mani.
"A me piacerebbe molto visitare l'Italia, ho scoperto di avere origini italiani per via di Isabelle che è per metà italiana", dissi io.
"Anche a me, ci andremo un giorno, che ne dici?", mi chiese guardandomi.
"Ci sto, così magari da lì potrai portarmi in Francia dai tuoi zii", lo stuzzicai soffocando una risata.
"I miei zii francesi sono anche simpatici ma quelli spagnoli sono insopportabili", rispose sbuffando.
"Spagnoli? Ma quante origini hai?", chiesi alzando le sopracciglia.
"Tre, mia madre è francese, mio padre spagnolo e americano e io sono nato in America", rispose sorridendo.
"Wow", risposi solamente, ma quante altre cose dovrò scoprire su di lui?
"Perciò sai parlare in tre lingue? Americano, spagnolo e francese?", chiesi, avevo davvero voglia di conoscerlo.
Ora che ci penso, non avevamo mai avuto l'occasione di conoscerci veramente, di sapere delle nostre famiglie, nazionalità, hobby e tanto altro.
Avevamo sempre avuto una relazione così turbolenta che non avevamo mai avuto modo di parlare in pace di cose semplici come le altre coppie normali.
Sapevamo di non essere proprio una coppia normale ma conoscerci era necessario, era l'essenziale per portare avanti questa relazione.
E forse questa sarebbe stata veramente un viaggio di speranza.
La speranza di creare un legame indistruttibile.

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