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Antoine's pov
(Capitolo scritto dal punto di vista di Antoine)

Mi svegliai di colpo a causa di uno strano rumore.
La stanza era buia e silenziosa, mi guardai intorno e vidi il cellulare squillare.
Erano le cinque di mattina, chi diavolo mi stava chiamando a quest'ora? E per lo più da un numero sconosciuto?
"Pronto?", risposi alla chiamata abbastanza irritato.
"Signorino Griezmann disturbo?", chiese un uomo con voce profonda.
"Lei chi è mi scusi?", chiesi sedendomi meglio sul letto.
Notai con la coda dell'occhio Kate che stava ancora dormendo accanto a me.
"Sono il comandante", disse l'uomo e il mio cuore iniziò a battere forte.
"Oh salve signore, mi dica", dissi passandomi una mano tra i capelli per il nervosismo.
"Griezmann devi partire per una missione", disse calmo e a quel punto sentì un pugno al petto.
Cosa intendeva per missione? Io non avevo ancora avuto il diritto di partire per la missione, ero solamente uno studente.
Mi alzai dal letto e decisi di uscire dalla camera, magari Kate era sveglia e poteva sentire la mia conversazione, il che io non desideravo, non volevo farla preoccupare.
"Ma signore io sto ancora studiando e non sono nemmeno arruolato all'esercito ufficiale", risposi uscendo da casa, perché le missioni erano cose private e segrete dell'esercito e non volevo che qualcuno ascoltasse.
"Griezmann, ci sarà un motivo per il quale ti ho scelto", disse lui.
"E quale sarebbe signore?", chiesi spiegazioni camminando agitato nel vialetto di casa.
"Tu sei il più brillante militare che abbia mai conosciuto, sono sicuro che sei pronto per una missione e riuscirai a compiere il tuo lavoro in modo eccellente", mi incoraggiò.
"Sì ma signore io non penso di esserne ancora all'altezza, insomma sto solamente studiando e mancano mesi al diploma, il reclutamento e il resto", cercai di fermarlo invano.
Non potevo assolutamente accettare di partire per la missione.
Accettare significava lasciare tutto quanto, tutta la mia vita, lasciare Kate.
E io non ero pronto ad abbandonare tutto ora, non potevo farcela.
"Cosa c'è Antoine? Hai paura? Vuoi sembrare vigliacco come tuo padre? Se proprio non riesci a lasciare la famiglia e la ragazza per salvare la vita ad altre persone allora perché hai scelto questa strada? Perché non sei andato a fare qualche altra facoltà? Eh? Tuo padre cosa direbbe ora? Che suo figlio è un pessimo militare proprio come si considerava lui? Che non riuscirà mai a portare in alto il cognome Griezmann? Che farà la stessa sua fine? Dimmi tu", disse il comandante furioso e a quel punto mi pietrificai sul posto.
Nessuno in questo mondo poteva offendere mio padre, nessuno ne aveva il diritto e il coraggio.
Era sempre stato un grande uomo con ottime doti e talenti, il migliore.
Mi aveva insegnato tutto lui da piccolo e non potevo altro che essergli grato e debitore.
Nessuno poteva dire male di mio padre. Nessuno.
Io non lo avrei permesso.
Non era niente vero ciò che questo bastardo di comandante aveva detto, ma era stato abbastanza bravo per convincermi e prendere una decisione sulla missione.
Sapevo che era mio dovere accettare ogni compito che mi veniva assegnato, avevo scelto io di arruolarmi e studiare in Accademia militare e non potevo tirarmi indietro.
Non dopo ciò che mi aveva appena detto, non avrei mai fatto un dispetto del genere a mio padre e alla mia famiglia.
Ero stato addestrato per salvare la vita delle persone e aiutare chi era in difficoltà, avevo giurato di sacrificare la mia libertà e la mia vita per loro.
Avevo fatto una promessa a mio padre, gli avevo detto che non mi sarei mai tirato indietro davanti a qualsiasi tipo problema mi si ponesse davanti e l'avrei mantenuto.
Partire per la missione voleva dire dire addio alla mia vita e a Kate, mettere a rischio la mia vita e sperare di ritornare vivo.
Non avevo altra scelta, non potevo scappare dalle mie responsabilità.
Ero entrato in Accademia tenendo conto di tutto e sapendo a ciò che andavo incontro.
Ma a quel tempo non avevo Kate nella mia vita, ora invece sì.
Niente dopo di lei sembra seguire i miei piani e tutto mi sembra improvvisato.
Non sapevo più che fare, avevo bisogno di tempo per riflettere.
"Quando dovrei partire?", chiesi con la voce tremante.
"Subito dopo le vacanze, perciò verso gli inizi di Gennaio", rispose lui.
Sentì mancarmi il fiato il cuore battermi all'impazzata, la testa mi sembrò andare a fuoco e sentì una sensazione di soffocamento e bruciore sul petto.
Come facevo a lasciare tutto e partire per la missione?
Come diamine avrei fatto?
Kate.
Come cazzo l'avrei lasciata da sola, di nuovo?
"Quanto tempo dura la missione?", chiesi deglutendo, sentivo la gola secca.
"Non posso dirti molto telefonicamente lo sai, ma circa un annetto dovrebbe essere, ora non so precisamente i tempi di tutto il resto, hai capito no?", disse lui calmo.
Stava scherzando giusto?
Un anno.
Sarei dovuto rimanere tutto questo tempo lontano da Kate?
Non mi importava di altro nella mia vita o ciò che avrei lasciato qui, pensavo solo e solamente a Kate.
Cazzo non riesco a immaginare di stare nemmeno un secondo senza di lei e ora dovrò abbandonarla per un anno intero o chissà quanti altri mesi ancora.
Il solo pensiero di salutarla mi fa torcere lo stomaco e provo la tristezza possedere il mio corpo assieme al dolore atroce che mi invade.
Non sapevo più che fare, che dire, che scegliere.
Non capivo più nulla.
Esattamente, io Antoine, non sapevo cosa diavolo scegliere.
Questa ragazza mi stava facendo impazzire, se non ci fosse stato lei, avrei accettato subito.
Ora invece mi ritrovavo appeso a un filo tra il dovere e l'amore.
E non sapevo quale scegliere, entrambi avevano in balio il cuore.
Dovevo andare ad aiutare un intera popolazione sacrificando l'amore della mia vita? O no?
Avevo bisogno di tempo per decidere, questo era poco ms sicuro.
Non potevo decidere al momento, era impossibile.
"Mi chiami tra qualche ora, le dirò cosa ho deciso", dissi infine, dovevo chiarirmi le idee prima.
"Non ho tutto il tempo che vuoi tu Antoine, devo organizzare, è.una missione urgente, abbiamo bisogno di più ragazzi possibili. Ecco perché stiamo prendendo anche studenti, per voi sarà come una specie di tirocinio", rispose serio.
"Certo, un tirocinio con il quale si rischia la vita. Se non mi da tempo, non saprà la mia decisione", risposi deciso ma sempre educatamente.
Non potevo ovviamente prendermela con lui e rischiare l'espulsione dall'Accademia.
Per me era importante partecipare a tutti i stage e tirocini ma andare a missione era una cosa estrema.
A volte mi veniva su il nervoso per il fatto che l'esercito non aveva abbastanza uomini da mandare in missione e ogni anno qualche studente che era più preparato, faceva la mia stessa fine.
A molti dei miei compagni era stato proposto negli anni precedenti di partire per la missione in anticipo e non avevano potuto rifiutare, esattamente come me.
Questa era la cosa che odiavo più di tutte dell'esercito e dell'Accademia, far passare per tirocinio una missione per il quale mancano soldati veri.
"E va bene, ti chiamo tra due ore, prendi una buona decisione, mi raccomando. Qui si sta parlando della tua carriera, del tuo futuro come generale, come tuo padre. Di seguire le orme di colui che ti ha portato fin qui", disse con voce più delicata.
"Va bene", risposi secco e chiusi la chiamata velocemente.
Presi dei respiri profondi per calmarmi e chiusi gli occhi per non far scendere le lacrime che si erano accumulati negli occhi.
Non potevo ricevere notizia peggiore di questa.
Mi sedetti sconfitto sullo scalino del vialetto e sospirai abbassando lo sguardo.
Presi la testa fra le mani e mi tirai i capelli per la disperazione.
Avrei voluto urlare e far uscire tutta la rabbia che tenevo dentro, ma non potevo, non potevo, mai.
Feci solo uscire un grunito di sfogo e facendo i pugni gli battei sul muro accanto a me.
Le nocche della mano si arrossirono dopo qualche pugno e decisi di smettere per non fargli sanguinare.
Alzai lo sguardo sul cielo limpido di prima mattina e rimasi a fissarlo per qualche secondo.
Dopodicchè riportai lo sgaurdo davanti a me e rimasi a guardare il vuoto.
Mi sentivo esattamente così, vuoto e spaesato, non riuscivo a parlarne con qualcuno, non riuscivo a decidere, mi sentivo estremamente pressato.
Ero palesemente stressato e con emozioni che facevano alti e bassi.
Non avevo mai avuto la possibilità di dire la mia, mai avuto un occasione di opprimermi per qualcosa.
Mai riuscito a fare ciò che avevo sempre desiderato, sono sempre stato costretto a seguire gli ordini altrui.
E anche in questo caso avevo fallito, fallivo sempre, ormai era diventato un abitudine.
Volevo seguire ciò che mio padre aveva lasciato in sospeso per il bene della famiglia.
Guardavo sempre la felicità degli altri prima della mia, sempre, costantemente.
Volevo che la mamma e Theo fossero spensierati e vivessero una vita facile senza complicazioni, avevo preso e prendo tuttora sulle mie spalle il peso di ogni ostacolo e problema da affrontare.
Volevo sempre il bene delle altre persone, non pensavo mai a me stesso o alla mia vita.
E anche questa volta, stavo per fare lo stesso errore.
Per una cazzo di volta che ero felice, questo mi stava per essere tolto.
Mi stavano per togliere la felicità, mi stavano per togliere Kate, la mia unica gioia in questo mondo buio e mostruoso.
Finalmente avevo trovato una persona che mi capiva nonostante tutto, che mi apprezzava per come ero, che non mi giudicava per il mio carattere e che mi amava.
Kate era la ragazza che mi aveva accettato con tutte le mie cicature e mi aveva fatto sentire me stesso per la prima volta.
Lei era quella persona che non aveva bisogno di parole per capire cosa mi stava passando per la testa; lei era quella persona che mi sosteneva sempre e sapeva come badarmi.
Lei era semplicemente lei, colei che non mi avrebbe mai lasciato da solo ad affrontare le mie paure e colei che mi sarebbe per sempre rimasto accanto.
Lei era la ragazza della quale ero immensamente, follemente innamorato e che non sarei vissuto senza.
Starle lontanto sembrava un specie di dolore ingestibile che mi cresceva dentro ed era indomabile.

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