La mia routine

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P.o.v. Eris

Alla fine delle lezioni fuori dalla scuola c'è mio padre ad aspettarmi appoggiato al cofano dell'auto. Ogni volta che lo vedo mi sorprende il fatto che abbia molto più di cento anni ma che ne dimostri si e no una trentina. Cammino velocemente verso di lui: non voglio restare un minute di più qui.
-Da domani vai da sola a scuola: portarti e venirti anche a prendere mi porte via un sacco di tempo- annuncia con tono piatto. Mi stavo giusto chiedendo quando me lo avrebbe detto. –Okay papa- rispondo per poi entrare in auto seguita da lui che subito mette in moto e parte. Durante il viaggio mi metto le cuffiette ed accendo l'iPod, ma non sto veramente ascoltando la musica, in realtà sto pensando a Natan, il suo volto mi è rimasto impresso da questa mattina ed è ancora lì, se chiudo le palpebre riesco ancora vederlo. Scommetto che ora ho un sorriso da ebete stampato in faccia. Sono patetica. Ad un tratto mi torna in mente la sua espressione e il mio sorriso si spegne. Inaspettatamente mio padre lo nota e non lo ignora –È successo qualcosa Eris?- mi chiede serio, io annuisco –Niente di interessante- rispondo usando un tono di voce che non ammette repliche. Lui mi guarda poco convinto ma poi torna saggiamente a guardare la strada. Quando arriviamo a casa, che non è una casa, ma un enorme villa di tre piani, Steve è già davanti alla porta che mi aspetta. Steve è il miglior assassino che sia mai esistito.... subito dopo di me, ed è il mio mentore da quando avevo cinque anni, è stato lui ad insegnarmi tutto quello che so e per questo gli sono grata. Io scendo dall'auto e cammino verso di lui. –Arrivo subito- dico per poi passargli accanto ed entrare in casa. Lancio lo zaino vicino alla porta, corro in camera mia, metto la divisa per gli allenamenti (top e pantaloncini neri), mi faccio una coda di cavallo e corro da lui. Insieme ci dirigiamo nella sala degli allenamenti che si trova al terzo piano e subito comincio a fare una serie di 200 flessioni. Quando finisco comincio a percorrere tutto il perimetro della stanza per 200 volte correndo alla massima velocità. Terminato il riscaldamento comincio ad allenarmi con il simulatore di trappole (si tratta di schivare in tempo le immagini proiettate, se vieni colpito perdi ovviamente). Poi Steve mi fa fare altri giri di corsa e altre flessioni per poi combattere contro di lui inizialmente con armi da taglio per poi passare a quelle da fuoco. Dopo aver combattuto per un bel po' riesco ad atterrarlo e gli punto la pistola sulla tempia, lui alza le mani in segno di resa e nel suo sguardo noto una scintilla di orgoglio. Io mi allontano ma senza abbassare la pistola: in questi anni ho imparato che non bisogna mai abbassare la guardia, nemmeno dopo l'apparente resa del nemico. Lui accenna ad un sorriso osservando il mio atteggiamento.
-Complimenti, sei sempre più brava principessa- si congratula ed io abbasso la pistola. -Grazie- rispondo sorridendo -Per oggi abbiamo finito, ci vediamo domani- mi dice col suo solito tono inespressivo per poi andarsene. L'allenamento giornaliero comincia alle 14:00 e finisce alle 20:00, non ci sono pause e non sono ammesse interruzioni, nemmeno da parte dei miei genitori. Poso la calibro 45 che ho in mano e corro in bagno per farmi una doccia veloce, appena entro mi guardo allo specchio, avrei un aspetto impeccabile, se non fosse per tutti i tagli e i lividi che mi ritrovo e che sono la prova del duro allenamento che ho dovuto affrontare. Sospiro e mi infilo nella doccia. Domattina saranno già spariti. Appena finisco mi metto a fare i compiti che ci sono stati assegnati. Finisco due ore dopo e troppo stanca per fare qualsiasi altra cosa vado a letto senza cenare. Così mi butto di peso sul materasso e, anche se tutto sommato è stata una bella giornata, sento di non essere veramente felice, come se mi mancasse qualcosa. Ad un certo punto comincio a pensare a Natan e alla sua espressione e dopo poco cado nelle braccia di Morfeo.

Verso le tre di notte mi sveglio sentendo il rumore di una porta che si apre. Spalanco gli occhi e mi alzo di scatto guardando dritto davanti a me incrocio un paio di occhi di ossidiana e subito mi rilasso, non mi ero nemmeno accorta di avere tutti i muscoli tesi e di aver preso il pugnale che nascondo sotto il cuscino. Guardo mia madre e il mio sguardo si indurisce -Ciao mamma, a cosa devo l'onore della tua regale presenza?- le chiedo con la voce carica di sarcasmo. Lei fa un sorriso piuttosto tetro e si avvicina al letto –Ho deciso che tra qualche giorno ti porterò con me così imparerai almeno le basi di come si svolge il mio lavoro.- annuncia con un tono così gelido che la temperature della stanza si abbassa –Molto bene allora, verrò con te, ora se non ti dispiace vorrei dormire- le rispondo indifferente mentre rimetto il pugnale sotto al cuscino. Lei senza dire una parola esce dalla mia camera muovendosi con la sua solita ed inquietante andatura scivolante e lasciandosi alle spalle una scia di gelo quasi tangibile. Rabbrividisco e mi stringo le coperte intorno al corpo. Saranno stati circa cinque mesi che non la rivedevo: sta via tutto il giorno e torna sempre alle tre di notte quando tutti stiamo ormai dormendo dopo aver giudicato tutte la anime raccolte da lei e dai suoi mietitori, creature prive di volontà propria ancora più raccapriccianti di lei pronte ad ubbidire senza esitare ad ogni suo ordine. Io li ho visti più di una volta e sono degli scheletri vestiti con tuniche scure a brandelli che fluttuano al posto di camminare e che, quando vanno a raccogliere le anime di chi sta per morire, prendono le sembianze della persona che lo sfortunato desidera avere vicino in quel momento, ma solo se costui ha un'anima pura, in caso contrario si mostrano in tutta la loro terrificante bellezza.

Death's daughter is my mate Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora