Cap.23.

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GIORGIA POV'S:
"Ale. Ehi, sono io, Giorgia. Ti devo parlare."
"Giò, anch'io."
"Senti, ho bisogno di un po' di tempo."
Diciamo contemporaneamente.
"Mi spiace moltissimo. Ma non voglio illuderti inutilmente. Solo amici? Ti riporterò il bracciale, e se vuoi anche le rose."
Chiedo titubante.
"Solo amici. Non azzardarti a riportarmi nulla, sono regali tra amici. Mi dispiace se ti ho detto quelle parole forti, non ero pronto, ho sbagliato. Ci sentiamo domani."
"A domani!"
Riaggancio.
Sento Marco che parla con Tiffany.
"Ehi Tif. Non prenderla male. Ehm, si. Ti devo parlare. Eh, si. N-no. Ci dobbiamo lasciare. Il nostro rapporto non mi piace. Hai una motivazione. È sufficiente una o te ne devo altre? Perfetto. Ci si vede a scuola. Ciao."
"Allora?"
Chiedo impaziente.
"Ha 'opposto un po' di resistenza', ma alla fine ha capito."
Dice sorridendo.
"Okay."
Guai in vista! Tiffany che accetta qualcosa che non gli sta bene senza opporsi più di tanto? Non è da lei, però preferisco non dirlo a Marco. Penso, piuttosto, a godermi questa serata.
"Hai fame?"
Mi chiede.
Scuoto la testa.
"Tra schifezze varie, sono piena. Avviso Martha che domani non andrò all'allenamento. Venerdì vedrò se andare o no."
"Okay."
Chiamo Martha.
Uno squillo, due squilli, tre squilli...
"Pronto?"
"Martha! Domani non potrò partecipare all'allenamento, mi dispiace moltissimo."
"È successo qualcosa? Scusa la curiosità."
"Non preoccuparti. Sono venuti i ladri a casa e mi hanno tagliata con un coltellino, nulla di grave."
Le dico guardando il mio braccio. La scritta 'soffri' è ancora qui, in bella vista, e probabilmente resterà anche la cicatrice.
"Santo cielo! Come mai non mi hai detto nulla? Domani mattina passo da te dai."
"Perfetto, a domani. L'ospedale si chiama -----."
"Okok, a domani. Un bacio."
"Anche a te, ciao."
Chiudo.
"Io ho sonno."
Mi lamento.
"Dormiamo?"
Chiede.
Faccio un cenno con la testa.
Ci addormentiamo poco dopo.

"Buongiorno!"
Dice lui sgranchiendosi le braccia.
"Buongiorno. Da quanto sei sveglio?"
Dico ancora assonnata.
"40 minuti. Ti ho preparato la colazione! Ora te la porto."
Guardo il Casio: sono le 6:30 di mattina.
"Uhh, ma da quando sei così dolce e gentile?"
"Ma da sempre, ovvio."
Dice porgendomi la colazione su un vassoio: una ciambella simile a quella di Homar Simpson, con tanto di glassa rosa, scagliette e noccioline, un cappuccino in una tazza con il manico a forma di cuore e un fiore in un piccolo vaso. Guardando meglio il fiore, vedo un piccolo bigliettino.
Guardo, stupita, Marco, che mi incita ad aprirlo.
C'è scritto:
"Buongiorno principessa."
Leggendolo arrossisco.
"Arrossisci per così poco?"
Mi chiede.
"Beh, si. Basta poco per sorprendermi e rendermi felice."
Dico.
"Non credi che io meriti un premio per questa colazione?"
"Un premio?"
So bene dove vuole arrivare.
"Si, beh, tipo... che ne so, pensaci."
Dice sorridendo.
"Ah, tipo questo?"
Dico, e faccio incontrare velocemente le nostre labbra. Le sue mani sono sui miei fianchi, le mie dietro la sua nuca. A questo gesto rabbrividisco, è lui a farmi questo effetto.
"Voglio vivere una favola. Voglio vivere questa storia d'amore con te. Voglio viverti."
Gli sussurro.
"Non ho mai amato nessuno come amo te, sai?"
Dice.
Poco dopo arriva Martha.
"Ehi Giò. Come va?"
Chiede. Le rispondo:
"Martha! Tutto bene, grazie."
Dico abbracciandola. È più un'amica che un'allenatrice.
Chiaccheriamo del più e del meno e mi dice che domenica ci sarà la partita dei ragazzi della nostra società che hanno la nostra stessa età.
"Ci sarò."
Dico contenta.
"Io ora devo andare, ci vediamo Giò."
"Okay, ciao Martha."
È stata qui solo 10 minuti, evidentemente aveva da fare.
"Dov'eravamo?"
Dice Marco quando Martha esce.
"Qui."
Dico avvicinandomi alle sue labbra.
"Ehi, potete andare ragazzi. Le bende le potrete togliere domani mattina."
Ci interrompe la solita infermiera.
"Grazie dell'informazione, Mariasol."
Dice Marco evidentemente scocciato.
Vado in bagno. Siccome fa piuttosto freddo, essendo a novembre, metto dei leggins neri strappati sulle ginocchia, le Doctor Martens nere opache, una maglia di cotone bianca con la scritta nera: Come si disinstalla l'ansia? E ovviamente la felpa grigia di Marco, cioè lo era, ora non più.
Prendiamo velocemente il nostro cambio e andiamo via. Sono le 7:30.
"Possiamo ancora andare a scuola, si entra alle 8:15!"
Dico entusiasta.
Mi è mancata Luna. Mi sono mancate le lezioni noiosissime. Mi è addirittura mancato litigare con la prof di storia!
"Uff. Prendiamo gli zaini da casa e andiamo."
Dice Marco annoiato.
Stiamo per uscire dalla stanza, quando una signora viene verso di noi.
"Marco!"
Dice la signora. Allora lo conosce!
"Mamma! Perché non sei venuta prima? Cos'è successo alla gamba?"
Oh, si che la conosce, è sua madre!
Poi i due si abbracciano.
"Salve signora."
Dico timidamente tenendo lo sguardo basso. È vero, ha una gamba ingessata.
"Ciao, cara. Mi dispiace di non essere venuta prima Marco, però sono caduta dalle scale di casa e mi sono spezzata l'osso del piede. Sono andata in diversi ospedali per i controlli, mi hanno ingessata e solo ora sono riuscita a passare. Pensa che non sono nemmeno andata a lavoro in questi giorni! Da domani però ci ritorno."
Dice la mamma di Marco.
Oh, giusto. Il padre di Marco l'ha abbandonato per fare il ladro perché la madre lo cacciò di casa dopo aver scoperto di essere stata tradita, e quindi lavora solo sua madre.
"Tu, piuttosto. Hai fatto mettere in carcere un ladro che cercavano da tempo."
Dice la signora riferendosi a Marco.
Si vede che sta trattenendo una lacrima.
"Ehi mamma, so che era lui, ma tranquilla, non mi ha fatto nulla."
Mente. Si sferravano pugni in faccia come due pazzi!
"Oh Marco. Se penso che quell'uomo era mio marito... come faccio a chiamarlo ancora uomo?! Perché ti infastidisce ancora? Gli ho sempre detto di non toccarti. Quel verme."
Dice facendo scendere qualche lacrima traditrice, che subito asciuga.
Guardo l'orologio, sono già le 7:45. Pur volendo dire qualcosa, che dico? Non posso mica interrompere un momento così!
"Oh no. Mamma, scusa, dobbiamo proprio andare. Sono le 7:45, e la scuola alle 8:15 chiude!"
Dice Marco.
Mi legge nel pensiero?!
"Da quando t'importa di arrivare presto a scuola?"
Dice sua madre sorridendo.
"Da quando ho paura di essere bocciato. Ci vediamo dopo mamma!"
Corriamo verso l'uscita e andiamo a scuola a passo svelto.
Per poco non mi viene un infarto, sono stanchissima e con l'affanno.
"Non ce la faremo mai. Sono le 8:00 e la campana suona alle 8:15! Dobbiamo anche prendere gli zaini da casa e lasciare le nostre robe."
Dico a pezzi.
Lui mi prende la mano e dice, col fiatone:
"Proviamoci, almeno."
Faccio un cenno con la testa e ricominciamo a correre.
Entriamo velocemente ognuno in casa propria, prendiamo gli zaini e corriamo a scuola.
"Drinnnnnn."
Suona la campana e siamo arrivati. Batto il cinque a Marco e dico vittoriosa:
"Ce l'abbiamo fatta!"
"Te l'avevo detto."
Dice alzando gli occhi al cielo.
"Hai ragione..."
Sussurro.
"Come scusa?"
Dice incredulo.
"Hai ragione."
Dico alzando la voce.
"Non ho sentito bene."
Mente.
"HAI. RAGIONE. SORDO."
Urlo.
"Non ci posso credere. Lei, Giorgia Paradiso, dice che ho ragione."
Urla davanti a tutti.
"Cretino!"
Sussurro schiaffeggiandogli il braccio.
"Stupida."
Dice lasciandomi un bacio veloce.
"Sordo."
Dico allontanandomi.
"Ti amo anch'io bimba!"
Mi dice.
"Pff."
È la mia risposta.
Non essere così acida col tuo ragazzo!
Nah, se mi fa innervosire!
Vai lì e bacialo.
Cosa? È lui che deve baciarmi!
Ma se ci ha privato e l'hai allontanato!
Non era il momento giusto. E poi, caro cervello, pensi sempre quando non serve. Sta zitto.
Entriamo in classe: storia alla prima ora.
"Lù!"
Dico abbracciandola.
Entra la prof.
È finita la pace e la tranquillità.
"Buongiorno."
Diciamo.
"Buongiorno. Non ho intenzione di urlare oggi, sappiatelo."
Dice.
SPAZIO AUTRICE:
EHII! SPERO CHE LA STORIA VI PIACCIA.👅
SIAMO ARRIVATI GIÀ AL CAPITOLO 23.
DITEMI COSA NE PENSATE NEI COMMENTII.😛
1312 parole.

"Sono Un Disastro, Ma Tu Amami."Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora