Capitolo 19.

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Effettivamente rientrare nel piano vasca dove 12 ore prima si era consumata la mia piccola tragedia mi fece impressione.
Dovevo assolutamente convincermi che quello fosse un giorno diverso, nulla a che fare con quello precedente.
Di nuovo immerso nel caotico spogliatoio maschile della piscina, mi liberavo delle scarpe e della tuta.
Fantasticavo nella mia mente, come non fosse neanche la stessa piscina del giorno prima e neanche la stessa città, cercando il resettare tutto l'accaduto fino a quel momento.
Ritrovavo anche un sorrisetto che sentivo mancarmi già da un po', estraniandomi da tutto ciò che avevo intorno.
Stavo facendo di tutto per esorcizzare la mia palese tensione. Entrando in vasca per il riscaldamento, continuavo ad essere felicemente assorto nei miei pazzi pensieri, quasi dal cercare di non essere neanche me stesso.
Già il chiamarmi Lucrezio in onore del nonno, non mi era mai andato tanto a genio comprensibilmente, da lì la scelta del mio diminutivo Lucky.
Volevo scrollarmi di dosso tutto il mio passato fino a quel preciso istante.
Conservavo giusto il ricordo delle parole di Martina della sera precedente.
Cominciai a scaldarmi effettivamente con gli occhi chiusi. In un’incredibile bellissima sensazione.
Conoscendo perfettamente la lunghezza della vasca riuscivo a riaprire gli occhi solo in prossimità del bordo, ma con il passare delle vasche mi divertii a non riaprirli neanche per le virate sui due muretti opposti.
Non potevo crederci, riuscivo davvero a sentire l'acqua muoversi. Riuscivo a capire con la sola sensibilità del tatto lungo tutto il corpo, cosa accadesse intorno a me.
Sentivo se qualcuno mi precedeva con le turbolenze che si formavano muovendo l'acqua davanti a me, come ad ogni incrocio con qualsiasi altro nuotatore, nel normale andirivieni nella corsia.
Cavolo, quella monella di Martina aveva ragione, nuotare ad occhi chiusi era davvero grandioso, amplificava l'acquaticità di mille volte.
Finii il riscaldamento felicissimo con un senso di sicurezza impressionante.
Corsi ad asciugarmi in fretta per non raffreddarmi, ero assorto e in un estasi, come avessi scoperto un nuovo modo di nuotare.
Mi fu inevitabile guardare Martina uscire dall'acqua, come aveva sempre fatto milioni di volte da quando la conoscevo.
Questa volta però la guardavo ammirato avvicinarsi alla sua borsa e prendere il suo accappatoio, tirarsi via la cuffia dalla testa con la sua dolcezza e sicurezza.
La mia stima e ammirazione verso di lei stavano prendendo una brutta piega per me. Non potevo più staccargli gli occhi di dosso incantato da lei.
"Lucky... Luckyy... Luuckyyy!!!"
Mamma mia, il Coach tuonava, ma io ero davvero imbambolato. Mi risvegliai dal mio sogno ad occhi aperti.
Tornando al presente mi ritrovai ancora tutti gli occhi puntati dei ragazzi al completo.
Le ragazze sogghignanti e i ragazzi increduli, probabilmente la mia testa tra le nuvole divertiva tutti.
Il coach con il programma delle gare in mano continuò, nel tentativo di farmi tornare sulla terra.
"Oggi abbiamo subito Mattia nei 100 stile libero poi Paola..."
Il bla bla bla della voce del coach a stento raggiungeva la mia comprensione.
Volevo solo concentrarmi in quei dannati 200 delfino, ostacolo tra me e il futuro che sognavo, escludendo dalla mia testa tutto il resto.
Con l'accappatoio sopra la tuta, mi coprii la testa anche con il cappuccio e rovistando nella mia borsa, trovai il mangianastri con le cuffiette che non usavo da tempo, ma che portavo sempre con me.
Non sapevo se ci fossero ancora delle pile cariche all'interno, né che cassettina musicale custodisse.
L'indossai e accesi nonostante il coach fosse sbalordito dal mio farmi gli affari miei.
La fortuna era con me, funzionava alla grande e con la bella sorpresa del album dei "Pearl Jam" all'interno.
Mi sdraiai sulla tribuna, qualche gradino più in alto dei miei compagni.
Chiusi gli occhi e mi abbandonai alla musica, fregandomene di tutto il resto.
Non c'era miglior modo di rilassarsi e concentrarsi nello stesso istante.
Immerso nella musica visualizzavo ogni attimo di quella gara come la stessi rivivendo in quegli istanti.
Lo feci ancora ed ancora aspettando solo che qualcuno mi chiamasse al momento del mio turno.
Passò tempo quando, improvvisamente sentì delle labbra sofficissime tuffarsi nelle mie.
Pensai ad un sogno e spalancai gli occhi quasi spaventato. Vidi prima un orecchio e poi la mora chioma di Martina china su di me intenta a risvegliarmi dal mio riposo.
Mi levai sbalordito le cuffie dalle orecchie.
Neanche il tempo di rendermi conto della solita intraprendenza della monella e il coach chiamò.
"Lucky tocca a te, presentati ai giudici"
Mi alzai frastornato ed ancora incredulo di come Martina sapesse entrare nel mio cervello ogni volta che tentavo di pensare a qualcos'altro. "
Io ho il primo tempo di qualificazione nei 400 misti, tu ora fammi vedere cosa sai fare?"
Martina non si fece pregare nell'incitarmi. Effettivamente il mio estraniarmi mi aveva fatto perdere tutte le gare dei compagni, compresa la sua.

SWIM SWITCH amori pericolosiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora