Capitolo 35

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In un locale sempre più colmo, Alice era apparentemente distratta dalle varie attrazioni sulla pista, tra frustini e cera colata su pallide pelli di giovani schiave.
Nulla di sessuale però si stava consumando, solo della complicità tra due generi di persone, quelle amanti della dominazione e quelle adoranti nell'essere dominate.
Invece sul palco principale, quello solitamente occupato dai deejay, quella sera c'era un maestro giapponese gran conoscitore dello Shibari, cioè le tecniche orientali di legature e sospensioni.
L'orientale si stava esibendo con un paio di modelle legate in posizioni a dir poco scomode e si prestava a issarle a qualche metro da terra, tramite delle carrucole montate sul soffitto.
Alice sembrava molto attratta da quello spettacolo, mentre continuava nel suo tentativo di farmi eccitare accarezzando e schiacciando i suoi stupendi piedini su di me e la cosa cominciava essermi fatale.
Sarà stato il profumo del suo emolliente sotto il mio naso, con la sua voluta scarsa attenzione, come io non fossi neanche lì, ma purtroppo stavo capitolando.
Cominciai inevitabilmente ad eccitarmi, nonostante divagassi con i pensieri in ogni angolo del mondo, pur di non esser lì sotto di lei, ma purtroppo era da sempre il posto più eccitante per me.
Il mio gonfiore naturale cominciò a presentarsi aderendo alle pareti del terribile attrezzo, provocandomi dapprima serio imbarazzo e paura e poi pressante dolore tra i miei gioielli.
La sensazione di voler spaccare quell'ameno costrittore con la sola virilità dei miei genitali era fortissima, ma più mi eccitavo e più la scocchetta trasparente sembrava volermi staccare tutto dal basso ventre.
L'istinto mi suggeriva di rannicchiarmi su un fianco in posizione fetale per tentare di decontrarre l'addome, ma ella crudelmente premeva con tutto il suo peso sul mio torace fino ad alzarsi in piedi su di me.
Lei era molto divertita nel vedermi contorcere, come le parecchie persone del pubblico che si erano accerchiate intorno al nostro gioco.
Il suo pesare crudelmente era comunque benzina emotiva per me, per nulla domo, reggevo il suo peso come il suo sguardo di sfida, assicurandola silenziosamente di poterla reggere, nonostante tutto il mio corpo tremasse vivamente.
Non mancavo di fissarla, cercando quel contatto che amavamo entrambi, complici in quel momento nel dimostrare al pubblico cosa un uomo può arrivare a fare per la sua amata e non come lei potesse umiliare me.
Praticamente ero io ad innalzare lei e non lei ad affossare me e questo come lo sentivamo noi due, era ben percepito anche dal pubblico, assai eccitato intorno a noi.
Erano interminabili minuti di dolore, convincendomi sempre più della mia forza nell'affrontare tutto con fermezza e impassibilità, volendo dimostrare il mio amore per lei.
Finalmente Alice tornò a sedere comodamente sul divano alleggerendomi del suo peso.
Allungò una mano verso il cestello dello spumante poggiato dietro di lei e me lo versò addosso in tutto il suo contenuto ghiacciato.
Sentii un altro grande piccolo shock accaldato dallo sforzo, ma nulla in confronto con il dolore che subivo da un po'.
Avevo i cubetti di ghiaccio sparsi per tutta la pancia, che Alice prontamente cercava di accentrare intorno alla scocchetta con il solo uso dei piedi, liberandomi pian piano di quella forzata costrizione lancinante.
Immediatamente il gelo diventò un caro amico nell’aiutarmi a concludere quella prima tortura della serata, sgonfiando la mia eccitazione compressa in quella piccola prigione di plastica.
La mia Padrona sembrava soddisfatta di me, che esausto respiravo profondamente recuperando energie e godendo nuovamente il ritrovato riposo del mio intimo guerriero.
"In ginocchio di fronte a me!"
Furono i suoi nuovi ordini.
Era bellissimo avere le sue mani su di me a controllare che tutto fosse in ordine, sganciando la scocchetta tra le mie gambe.
Tastava e testava il luogo della sua tortura guardandomi fisso negli occhi, cercando nelle mie smorfie se ci fossero stati piccoli traumi e sincerandosi che la sua proprietà non avesse subito danni.
Si alzò nuovamente imperiosa, impugnando il guinzaglio e portandomi via verso i camerini nella sua nuova orgogliosa sfilata tra qualche flebile applauso che si levava nella sua direzione.
Alice facendo strada all'interno del camerino, si richiuse la porta alle spalle, volendo dare anche un giro di chiave per assicurarsi che non fossimo disturbati.
Mi spaventò, spalle alla porta, avanzava verso di me fissandomi.
Mi assalì divorandomi nel miglior bacio che mi avesse mai dato da quando eravamo insieme.

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