Capitolo 48

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Facemmo l'Amore quasi fino a sera, rigorosamente in posizioni dove io non poggiassi le mie natiche martoriate.
Alice mi fece condurre la danza per tutto il tempo, felice di aver il suo ragazzone sopra di lei e probabilmente ancora eccitata dall'ammutinamento della sera prima.
Sembrava gustarsi il farmi tornare uomo virile, dopo avermi torturato tutto quel tempo e i nostri orgasmi ne giovarono in fragore.
Ci addormentammo e ricominciammo più di una volta, forse facendolo anche assopiti probabilmente, per la voglia che avevamo di prenderci e riprenderci.
Alice era Alice, così cruenta e dolce, repentina e altalenante, l'amavo e l'odiavo, in due sentimenti così distanti e così vicini da non distinguerli.
Amavo la paura che mi instaurava nel petto come una bomba a orologeria, sempre in attesa di sapere cosa le passasse per la testa.
Mi produceva tanta di quella adrenalina degna di un paracadutista che ama il volo ma è spaventato dal cadere stesso.
Ero suo sia quando ordinava, sia quando aveva cura di me prezioso più che mai.
La osservavo dormiente, pensando di non poter far a meno delle forti emozioni che mi dava.
Mi alzai approfittando del suo sonno per farmi una doccia assai necessaria a scrollarmi di dosso la fatica di quei giorni.
Le gare del week-end e le torture della mia Padrona si facevano sentire nelle mie oramai deboli gambe.
Affamato come un leone andai in cucina per preparare la cena, guardai dentro al frigorifero cosa fosse rimasto.
Raccattai tutto il possibile da lì dentro, inventandomi l'insalata più ricca che potessi.
Tornai in camera silenziosamente ad osservala bella come sempre, dormiva come sopra ad una nuvola rilassata e al sicuro, soddisfatta e serena.
La svegliai dolcemente con le mie labbra sulle sue, osservando le sue palpebre tremare prima di schiudersi a donarmi la sua presenza.
"Ho preparato un'insalatona, amore mio... hai fame?"
Le sussurrai.
Alice annui più che subito, dolcissimamente sveglia e affamata.
La presi in braccio nuda e ancora assonnata accoccolata sulla mia spalla portandola verso la cucina, ma ella mi indicò il bagno giustamente.
La adagiai ancora frastornata, seduta sul bordo della vasca tornando a porgerle una vestaglietta.
Apparecchiai nel frattempo nella cena più informale che avessimo mai consumato attendendola tornare.
Arrivò in cucina ancora sbandante sulle sue lunghe bellissime gambe, scalza e sulle punte dei suoi bellissimi piedini.
Si accomodò silenziosamente assonnata al tavolo già ben apparecchiato, con i due piatti colmi di insalata.
Prese il mio e lo appoggiò sotto al tavolo dicendo.
"Non ti sembra che ti stia concedendo troppa confidenza??"
La Padrona era tornata. Strisciai immediatamente sotto il tavolo per consumare la mia cena canina, contendendomi ogni boccone da sotto un suo piedino.
Divoravo voracemente la cena a quattro zampe leccando via anche l'olio e l'aceto dalle bellissime piante della mia Signora, immaginando che anch'ella consumasse il suo pasto sopra il tavolo.
"Lo sai che presto ti appenderò come un salame?"
Tremavo ad ogni sua nuova idea, ma amavo i brividi che mi procurava.

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