Capitolo 76

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Capitolo 76.

Avevamo fatto l'amore per buona parte della mattinata e del pomeriggio, eppure Martina era davanti a me inginocchiata e nuda ad offrirsi alle mie fantasie più nascoste.
Non ero agitato ma di certo molto emozionato.
Rimasi fermo sulla soglia della porta per quasi un minuto, incredulo ed eccitatissimo.
Osservavo quella scena come il più bel dipinto che avessi mai visto.
Era ferma immobile nella penombra della sua camera, illuminata solo dal piccolo abatjour sul suo comodino.
Le ombre sul suo fisico accentuavano la sua dolce sinuosa muscolatura accarezzata dai suoi lisci capelli neri scesi su una spalla.
Osservava il pavimento un buon metro davanti a me, proprio con l'atteggiamento sommesso che voleva interpretare per compiacermi.
Rimasi immobile, attendendo un suo cenno d'impazienza.
Aveva voglia di me, lo sapevo e volevo giocare su questo punto.
Se avessi fatto solo un passo dentro quella stanza, lo volevo fare con estrema sicurezza e imperiosità. Impercettibilmente Martina sembrò tirar su il capo di pochi millimetri come per chiedersi, cosa stessi attendendo e quello era il segnale che volevo per entrare in scena come suo Master.
Mi avvicinai a lei con passo sicuro, fermandomi per un istante brevissimo al suo fianco, sfiorando il dorso della mia mano sulla sua guancia, permettendole di accennare un bacio sulla stessa, ma sottraendogliela troppo presto.
Continuai la mia strada verso la poltrona nell'angolo della stanza e mi accomodai rilassato con la visione della sua schiena nuda e perfetta.
Martina era ancora nella stessa identica posizione, con le corde sulle sue mani e i gomiti a novanta gradi in confronto al suo busto ben eretto.
Sicuramente si stava chiedendo cosa stessi facendo ma, io al momento volevo solo godermela così immobile davanti a me.
Volevo fermare il tempo di quell'istante perfetto e lo stavo facendo a modo mio.
Probabilmente lei avrebbe voluto esser legata immediatamente e presa con tutta l'irruenza maschile che possedevo, ma non era lei a comandare, quindi volevo minare le sue certezze come la sua volontà.
Nella perfetta immobilità di tutta la stanza come nell'assoluto silenzio volevo dilatare i secondi che altrimenti nell'impeto sarebbero scorsi alla velocità del divertimento.
Potevo addirittura sentire l'orologio appeso in cucina nel suo lentissimo irritante.
"tac... tac... tac... "
Peccato, mi dissi, avrei voluto davvero avere la facoltà di udire il suo cuore battere, anche dai due metri che ci separavano.

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