Capitolo 59

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Capitolo 59.

Mi svegliai dal mio sogno malandrino di avere Martina come mia schiava.
Ero rilassato come non mai negandomi fosse un lunedì, solitamente odioso, invece quel giorno si tornava a casa, tornavo dalla mia Alice.
Riaprii lentamente gli occhi dopo il trillo della mia sveglia da viaggio.
"Mattia, dai su in piedi che oggi si torna a casa!"
Pronunciai contemporaneamente ad un ampio sonnolento sbadiglio.
Mi stropicciai gli occhi come facevo sin da bambino, riprendendomi i sensi vigili e pronti ad affrontare un nuovo giorno di viaggio.
Volendo svegliare il fido amico, visto che ovviamente non mi aveva sentito, allungai una mano senza guardare dal suo lato del letto.
La pelle morbida e liscia di Martina mi fece invece tornare in mente la nottata bollente passata con lei.
"Noo era successo veramente... non era un sogno!"
Ronzavano i miei pensieri assurdi nei meandri del mio cervello ancora non completamente sveglio.
Certo era bellissima quella monella e in quanto a far l'amore, cavolo se si meritasse la convocazione ai mondiali.
Mi tornarono in mente gli attimi d'intensità così esplosivi da non credere che fossero accaduti veramente.
"Buongiorno mio Signore e Padrone"
Cantò l'usignolo della mattina alle mie orecchie.
Ero inspiegabilmente cotto di lei. Ero seduto sul letto di spalle a Martina e nudo fissavo la finestra aperta, scaldandomi la pelle con il primo sole, cercando di capire cosa fosse successo.
Non di certo fisicamente, quello lo avevo compreso ancora in estasi, per la nottata più bella della mia giovane vita.
Cercavo di capire cosa fosse successo dentro di me, mentre Martina allungandosi mi accarezzava la schiena.
Ero partito da casa innamorato di Alice ed un uragano aveva distrutto il mio guscio dove mi rintanavo sentendomi al sicuro, avendo un rapporto esente di discussioni che adoravo tanto.
Non sapevo se odiarla per avermi sconvolto la vita o girarmi e ricominciare a far l'amore con lei.
Ad occhi chiusi mi godevo il tepore dei raggi dorati su di me, ero egoisticamente rinchiuso nella solitudine della mia testa, riordinando il puzzle sparso della mia vita sentimentale.
Riaprii gli occhi insospettito dal frusciare delle lenzuola e girandomi vidi il letto vuoto.
"Dov'è finita ora?"
Pensai stupito ma non troppo.
La vidi sbucare a gattoni dall'angolo del letto, nuda più che mai, venendo verso di me a quattro zampe.
"Che spettacolo di donna!"
Disse indipendente il mio cuore.
Si fermò tra le mie gambe poggiando la sua guancia su una mia coscia.
"Cosa affligge il mio Signore? …non le piaccio?"
Incredulo nel vederla felina domata, strabuzzavo gli occhi.
Inevitabilmente mi eccitai tutto di un colpo, proprio a pochi centimetri dal suo verde sguardo compiaciuto della risposta silenziosa del mio corpo.
Ero furioso con lei nella mia mente, ero eccitatissimo di lei nel mio corpo, ero pazzo di lei nella mia anima.
"Mi hai sconvolto la vita lo sai? ...faresti meglio a rivestirti!"
Martina rimase a bocca aperta sentendomi adirato.
"Mi punisca se ho sbagliato mio Signore"
La monella tentava furbamente di parlare una nuova lingua, cercando di entrarmi dentro in tutto e per tutto.
Così facendo si voltò sempre a gattoni, porgendomi le sue pallide tonde e stupende chiappette sode.
Non resistetti dal sculacciarla, voglioso di farle pagare ogni suo bacio, da quel primo nel pulmino della squadra.
La potevo sentire mugolare ad ogni mio schiaffo.
Era incredibile quella ragazza, ascoltando ogni mia parola quella notte si proponeva in un ruolo che mai e poi mai avrei immaginato per lei.
Mi sdraiai sul letto con una gran voglia di piangere, non so se per rabbia o gioia ma ne sentivo la forte necessità.
Martina non si fece attendere nel raggiungermi sul letto rannicchiandosi al mio fianco.
"Non si preoccupi mio Signore, non le chiedo nulla per me, voglio solo che lei stia bene"
Martina irriconoscibile, aveva trovato il modo di comunicare con me in un adorabile servilismo.
"Non le chiedo di lasciare la sua fidanzata, ma volevo solo farle sapere che io l'amo"
Le parole più belle che un uomo possa sentirsi dire.
Mi capacitavo perché le sfuggivo finalmente. In cuor mio sapevo di essere attratto da lei, ma la sua vicinanza era la minaccia a quello che avevo costruito con Alice.
Vederla integrarsi servilmente in quel gioco di ruolo, mi faceva sentir stupido, non credendo che potesse esser capace di tanto per me.

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