Capitolo 84

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Capitolo 84.

Fissavo le sue perfette natiche come ipnotizzato, con tanta voglia di sfogarmi su di loro.
Notavo però che non erano più pallide come una volta, ma belle rosee con due strisciate appena evidenti.
Poggiai delicatamente la cinta sul comò senza farmi sentire, giudicandola troppo pericolosa nel lasciarle quei segni sulle natiche.
I compagni di squadra erano al corrente della nostra serata passata da soli, quindi avrebbero intuito facilmente sia il colpevole che il supplizio, se le avessi lasciato segni evidenti.
Proprio sul comò invece, di fronte allo specchio, era ben in mostra la sua spazzola per capelli che non potei evitare di sostituire con la mia cinta.
Mi avvicinai silenziosamente quasi in punta di piedi.
Mi chinai su un suo orecchio sussurrandole.
"Hai paura monella?"
Martina rispose, mugugnando un "sì" strozzato ma riconoscibilissimo.
"Vuoi che ti sleghi allora?"
La provocai.
"No!!!"
Rispose ancora agitando palesemente la testa.
La tigre ruggiva impaurita ma non aveva nessuna intenzione di esser domata.
La tigre aveva voglia di emozioni forti, di quelle che mettono timore e attrazione allo stesso tempo, le stesse di cui ero innamorato io.
Avevo voglia ancora di sculacciarla con il dorso della spazzola sulle sue perfette, toste, tondità.
Lo feci con soddisfazione immensa.
Una decina di colpi dal rumore secco a rompere l'intimo silenzio, accompagnato dai suoi bellissimi urletti musicali.
Una musica perfetta tra il battere sulle sue chiappe e il levare del suo lamento.
Ogni schiaffo sonante al suo perfetto fondo schiena dava benzina al fuoco del mio ego e sangue per il mio orgoglio sempre più teso ancora nei pantaloni.
I suoi urletti corti e molto squillanti sembravano perfettamente a metà strada tra sofferenza ed estasi, così fuse tra loro da non poterle distinguere.
Non bastava legarla o sculacciarla per sottomettere quella belva, perché era pur sempre quel che voleva.
Ambivo a quella supremazia mentale che negli ultimi mesi mi aveva sottratto sottomettendomi a mia volta al suo volere, quindi decisi di fermarmi alla decima sculacciata, immaginando che l'esser punita rientrasse sempre nel suo dirigermi.
Mi riavvicinai al suo orecchio.
"Ti piace monella?"
Le sussurrai ancora.
Incredibilmente Martina annuiva con un gesto veemente e fuori da alcun dubbio, accompagnato da un.
"Si si si..."
Ovattato per via del suo improvvisato bavaglio, ma inequivocabile.
La forte tigre, anche se forzatamente inerme, trovava inevitabile piacere nei meandri della sottomissione.
Proprio in quell'istante ebbi la sensazione di appartenerle da sempre.
Ero stupito di come cercassi in passato quelle sensazioni da slave e trovarle invece come suo Master.

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