Capitolo 62.
Quella domenica seguii Alice nello studio di shibari attrezzatissimo di ganci carrucole ed ogni tipo di cordame, effettivamente curioso di scoprire anch'io quella nuova branca del bondage.
Il maestro e la mia padrona si salutarono cordialmente, avendo di fatto passato tutta la settimana insieme nello studio di legature e nodi.
Non mancò di salutare anche me con il classico inchino orientale, elargendo una gentilezza esemplare, consona del suo paese ma molto strana nel mondo del sadomaso.
Ci presentò una donnina giapponese molto esile e completamente devota al suo maestro, che camminava sempre due passi dietro di lui a capo chino.
Entrambi erano ben poco avvezzi alla lingua italiana e questo mi spaventava vedendoli comunicare con Alice soprattutto a gesti.
La piccola slave mi prese per mano accompagnandomi dove potevamo poggiare i nostri vestiti e rimanere in intimo, mentre Alice ed il maestro si attrezzavano insieme con le prime corde da usare su di noi, nella grande sala che probabilmente ospitava una palestra in precedenza, con un grande specchio lungo tutta una parete.
La giapponesina mi guidava passo passo come il maestro guidava Alice.
Mi accompagnò nel perfetto centro dello stanzone per cominciare la sessione.
Eravamo uno affianco all'altro.
Mentre il maestro legava la sua slave, Alice copiava i suoi movimenti alla perfezione cingendomi identicamente con la prima fune.
Sembrava quasi un rito religioso per il silenzio che ci circondava.
Potevo vedere tutta la scena dallo specchio seguendo le abili mani dell'orientale nel formare quella che sembrava una maglia di corde sul corpo della ragazza ed Alice su di me.
Una quindicina di minuti ed ero diventato davvero un salame, con le braccia dietro alla schiena in una camicia di forza formata solo da nodi.
Arrivò anche il momento di tirarci su e per la prima volta devo ammettere di aver avuto paura.
Guardavo Alice impaurito implorando con il solo sguardo di non farlo, ma lei supportata dal maestro non sembrava aver intenzione di fermarsi.
“No, ti prego Alice, non farlo!"
Per la prima volta le stavo chiedendo espressamente pietà.
Ci agganciarono ugualmente ai cavi già penzolanti dal soffitto incuranti entrambi delle mie parole.
Ci tirarono su per i nodi che univano i nostri polsi dietro alla schiena.
"Alice ti imploro non lo fare!"
Scandii senza equivoci impaurito. "Ma Lucky che cosa cavolo dici? ...hai fatto cose ben peggiori di queste per me"
Si degnò almeno di rispondermi osservando il panico dei miei occhi.
Cominciarono a sollevarci con l'ausilio dei martinetti meccanici azionati da delle manovelle. Sentii il distacco dal terreno tremando come una foglia.
"No alice non voglio!"
Cominciai ad urlare giurando a me stesso che quella sarebbe stata l'ultima volta che seguivo gli ordini di Alice.
Pochi centimetri mi dividevano dal suolo, ma a me sembrava già uno strapiombo.
Nonostante mi mancasse il respiro, mi tirò su un metro da terra, poi due, fino a tre metri, appeso a pancia in giù per quella imbragatura di corde.
Per la prima volta provavo panico nell'incubo peggiore della mia vita.
Cercavo dentro di me la forza per sopravvivere ai battiti violenti del mio cuore impazzito.
Chiudendo gli occhi tentavo di respirare più profondamente per far rallentare il miocardio fuori controllo.
I miei pensieri si diressero verso Martina e la mia voglia imminente di ritornare da lei.
Ritrovavo un po' di calma concentrandomi sui suoi bellissimi occhi verdi.
La difficoltà era di mantenere l'equilibrio tra il busto e le gambe tentando di non finire a testa in giù.
Non distante da me osservavo la ragazza esile riuscirci in modo naturale ed io cercavo di imitarla irrigidendo le gambe tentando di contrastare il peso delle mie spalle.
Alice ed il maestro ci guardavano soddisfatti del loro lavoro incuranti del mio sforzo nel mantenere l'equilibrio assai precario.
Quando finalmente sembrava avessi imparato mantenendomi in posizione orizzontale, il maestro cominciò a far dondolare la sua slave tramite un bastone e Alice purtroppo fece la stessa cosa con me, facendomi perdere ancora l'assetto tanto sudato.
Ero sfinito, spazientito, innervosito con della pura sana invidia vedendo la ragazza dritta come un fuso, dondolare felice, mentre io mi trovavo a far capriole a tutto andare. Il disagio fisico era puro e quello mentale non nuovo purtroppo.
Continuavo a pensare che non volevo esser lì e appena tornato sulla terra ero convintissimo nel non provare mai più nulla di simile.
Per Alice ed il maestro avrei dovuto godermi il volo ed invece avevo il cuore a mille, con la sola voglia di scendere.
"Fammi scendere ti prego!"
Gridai praticamente in lacrime.
"Stai calmo Lucky... così ti sbilanci sempre di più"
Rispose Alice incurante del mio stato d'animo.
"Ti ho detto fammi scendere subito... non voglio più"
Insistetti preso nuovamente dal panico.
"Non fare storie e vedi di non agitarti"
Era partita la prima litigata della nostra storia nel momento meno adatto.
Guardavo il maestro cercando clemenza in lui ma non comprendendo il mio linguaggio rimase immobile a sostenere Alice.
"Alice ti prego tirami giù"
Piangevo senza ritegno nell'implorarla senza il minimo cenno di clemenza in lei, anzi.
Cominciò invece sadicamente a farmi oscillare sempre più incurante sia delle mie parole che della mia posizione innaturale a testa in giù.
Ero oramai furioso, sia con lei che con me stesso, per essermi cacciato in quel guaio senza via d'uscita.
Ero sicurissimo in quel momento di chiudere con lei appena fossi riuscito a liberarmi.
Cominciai a forzare le corde intorno ai miei polsi nel intento di liberarmi le mani.
Ero a testa sotto, agitandomi come un ossesso con un panico decisamente fuori controllo.
L'ultimo ricordo di quella infernale sessione, fu il sublime senso di libertà ritrovato dopo essere riuscito a sprigionare una mano poi l'altra, usando tutta la forza da nuotatore che avevo.
Quello fu l'ultimo ricordo dell'esperienza più brutta della mia vita, dopo di che mi si annebbiò la vista e il buio più completo mi avvolse.
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SWIM SWITCH amori pericolosi
RomanceDal diario di Lucky, nuotatore ventenne impegnato nella sua realizzazione sportiva e di vita, distratto dai suoi dirompenti amori pericolosi a sfondo sadomaso. È il racconto, in prima persona, del sogno di un ragazzo comune, sfondare nel suo sport. ...