XXIV. - La sfida

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Lo smart di Angela squillò ancora a vuoto. Il contatore era ormai arrivato a 23. Ventitré chiamate senza risposta. Un'indifferenza che andava avanti da due giorni.

Quella festa aveva sollevato un polverone enorme. Da una parte, rischiavo di perdere la fiducia di Angela e la sua amicizia; dall'altra, mi torturavo per capire cosa volesse dire Orlando. Lui sapeva che Riccardo stava nascondendo qualcosa, ma non era riuscito – o non aveva voluto – dirmelo. 

In più, la mia coscienza cercava di reprimere quella piccola, minuscola parte di me che per un secondo aveva pensato che Orlando fosse carino. 

Non era carino, era rivoltante. Era tutta colpa di quei drink.

- Non ti risponde? – chiese Marina, con la testa nel cappuccino. Aveva cercato anche lei di calmare gli animi, ma era stato inutile: Angela interrompeva la chiamata ogni volta che sentiva pronunciare il mio nome.

- Come cavolo ti è venuto in mente di non chiamarla quando è arrivato, Becs? Ci parla di lui in continuazione. Era al suo compleanno, diamine! Come hai potuto? –

Guardai nella tazza di fumante di earl grey. Aveva ragione, ero stata una pessima amica, ma avrei potuto trascinarlo lì con la forza. Ero più preoccupata per i pensieri che avevo avuto, e per la foto. 

- Non sa che ci sei anche tu. Per favore, sii chiara e concisa. Ci devi molte spiegazioni e non hai molto tempo – 

Jade mi aveva concesso un'ora per risolvere le cose: quella domenica avevo l'incontro con la Power e le foto ufficiali con il gruppo A al completo.

Angela arrivò e dopo avermi intercettato si girò per andarsene. Marina la fermò e la costrinse a sedersi. Non mi guardava, le labbra sigillate che formavano una sottile linea dritta.

- Mi dispiace, ma non è come sembra. Ha cominciato a minacciarmi, a dirmi che se ti avessi detto che era alla festa... -

- Non mi interessa! – Istintivamente mi voltai verso gli altri tavoli. Non c'era nessuno, a parte il ragazzo al bancone che mi guardava sottecchi. Non sapevo più se era realtà o paranoia.

- Noi facciamo di tutto per te! Non ti fai sentire quasi mai, e lo accettiamo. Dormi in classe e noi ti salviamo prima che il prof se ne accorga. E tu, è così che ricambi? -

- Accettiamo? Salviamo? Anche tu lo pensi? - Marina annuì debolmente.

- Sono lì da meno di un mese e già mi rinfacciate tutto questo? Posso capire che tu sia arrabbiata per Orlando e hai ragione, anche se non era nelle mie intenzioni... –

- Non è mai nelle tue intenzioni, vero Becs? –

Rimasi in silenzio.

- Io me ne vado. Non sei neanche in grado di scusarti, o di rispettare gli impegni. Noi ieri eravamo al bowling e solo perché avevi insistito tu! Non ti sei degnata neanche di avvisare –

Il bowling. Me ne ero completamente dimenticata. - Perché non mi avete chiamato? –

- Ci prendi per stupide? Ti abbiamo chiamato centinaia di volte! –

- Non è possibile... – Attivai lo smart. Avevo notato dei malfunzionamenti negli ultimi giorni, ma non ci avevo fatto molto caso.

- E' lo smart. Non funziona. -

- Che scusa patetica. Scommetto che se ti avesse chiamato Orlando non sarebbe successo! -

- Forse... E' possibile che qualcuno l'abbia manomesso? -

- Certo, la tua nuova vita da star! Sicura che hai ancora tempo per noi? – chiese con tono di sfida.

Marina provò a chiamarmi e questo confermò la mia idea. La smart rimase fermo sul mio polso, senza vita.

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