CIII. - L'ultima partita

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Mi gettai nell'auto dei miei genitori, dopo aver evitato i giornalisti e i fotografi che si accalcavano all'ingresso

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Mi gettai nell'auto dei miei genitori, dopo aver evitato i giornalisti e i fotografi che si accalcavano all'ingresso. Non avevo voglia di voler parlare subito di quello che era successo. Avevo solo voglia di tornare a casa.

Ero ancora confusa. Quelle scene mi passavano davanti come in un film, un brutto film che scorreva e si riavvolgeva nella mia mente. Nella solitudine della mia stanza, sul letto, con accanto mia sorella che mi stringeva forte. Quella sera finalmente scoppiai in un pianto liberatorio.

Giulia fu avvistata l'ultima volta, sul cardo, quella sera stessa. Una fiera uscita di scena. Poco dopo, nel riscaldamento pre-doppio femminile, l'annuncio del forfait da tutti i tornei di doppio si era diffuso per i canali di news sportive e nei comunicati ufficiali del suo entourage e poi della Fenice. 

Giulia sparì quel giorno stesso, lasciandomi un ricordo che riaffiorava ogni volta che chiudevo gli occhi, la notte. Per qualche tempo, ogni volta che sognavo, c'era lei. Con gli occhi iniettati di sangue e la sua follia.

I giornali parlavano ogni ora e solamente del suo improvviso abbandono, immaginando scenari per quelle circostanze misteriose, ma nessuno poteva solo lontanamente immaginare cosa fosse successo. Stava diventando difficile rimanere concentrata, ma sentivo dentro di me che il peggio era passato. O almeno speravo che fosse così.

Per fortuna c'era Noemi, che catalizzò ben presto l'attenzione. In una partita giocata sotto la pioggia leggera di quel venerdì sera, non si sapeva bene come, era riuscita ad imporsi su Claudia.

Il giorno dopo tra giornalisti appostati alla Fenice, fotografi e calca della gente, avevo deciso di non presentarmi all'accademia, se non subito prima del mio incontro. Gli smart di tutti i miei familiari e amici continuava a squillare impazzito. Io avevo deciso di disattivarlo, almeno fino alla fine del torneo. 

Orlando mi aveva raggiunto subito sull'ingresso della clubhouse, dicendomi di raggiungere Claudia agli alloggi, mentre i fotografi si accalcavano intorno a noi non riuscendo quasi a farci respirare. Mi aveva detto che era contento di vedermi, ma io non condividevo lo stesso entusiasmo.

La stanza era stranamente vuota. Non sembrava quasi la stessa camera che conoscevo. Pulita, più ordinata. Non capii subito cosa c'era di davvero strano, cosa non andasse. Poi ci arrivai. 

Il pavimento era quasi sgombro, e a parte alcuni maglioni impilati a fondo del letto, quello di Giulia era ben fatto. Sulla scrivania il visore imperava da solo. Erano spariti tutti i libri. L'armadio aperto, quello incassato alla parete di fronte a me, mostrava evidenti buchi tra i ripiani.

Tutte le cose di Giulia erano sparite.

- Se n'è andata? – chiesi.

Poi, più decisa: – Se n'è andata sul serio.

- Ieri. Durante la mia partita di doppio misto – rispose – Non ha salutato nessuno.

- Vuoi parlarne? – mi chiese. Mi sedetti su quel letto. La trapunta invernale era ancora su. Era morbida. Lasciai che i palmi delle mani l'accarezzassero dolcemente. Feci cenno di no.

La Fenice 1. Tennis. Misteri. Bugie.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora