XCVIII. - Corsa contro il tempo

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Quel pomeriggio la mia testa era un vortice di pensieri sconnessi. Cercavo di capire come fossero andate le cose, mentre camminavo a grandi passi sul cardo, senza meta, con le mie due amiche alle spalle che tentavano di farmi cambiare idea.

- Dobbiamo pensarci con calma, se non l'abbiamo preso fino ad oggi ci sarà un motivo. – continuava a ripetere Claudia, ansimante.

- Bea, farai saltare tutte le nostre azioni sotto copertura se vai così e scopri le tue carte. Dobbiamo incastrarlo, fare qualcosa!

- Non c'è più tempo! – quasi urlai, richiamando l'attenzione dei tanti ragazzi che passeggiavano sul cardo in attesa della fine dei doppi.

- Non c'è tempo. Quel pazzo è a piede libero e io mi sono stancata di avere paura di affrontarlo!

Continuavo a camminare, anche se avevo uno strano presentimento. C'era qualcosa che continuava a non tornare. Non che il mio istinto fosse infallibile, ma Orlando era stato onesto con me, quella sera. 

Non aveva mai citato la storia del Trick su Cresci, ma mi aveva detto chiaramente che non c'entrava nulla con la storia dei volantini. Tornai in me. Parole, era così che mi aveva incantato. Era proprio in questo modo che tutti i sospetti su di lui mi erano sempre sfuggiti, mi aveva fatto il lavaggio del cervello. E chissà quante altre deplorevoli azioni aveva combinato.

Eppure i dubbi mi assalivano. Cercavo di creare collegamenti su collegamenti, non riuscivo a non pensare a quello che era successo mesi prima, con una ripugnante sensazione allo stomaco che non andava via.

- Per favore, Bea, non lo fare! – mi implorò Claudia. Un secondo dopo John ci fermò in mezzo al cardo.

- Ti rendi conto che manca un solo game alla fine della partita e tu non hai ancora cominciato il riscaldamento? Cos'hai in testa, Claudia? – non l'avevo mai visto così arrabbiato. Claudia stava per andarsene, quando si girò con aria di supplica.

- Non buttare all'aria tutto! – sussurrò ancora. Guardai Lucri ancora una volta.

- Me l'avevi promesso. Se glielo dici adesso farai finire nei guai anche me. E non sarà Orlando Bassi a farlo, ma Push. E tu non potrai salvarmi da lui.

Si scoprì il braccio. Un livido grigiastro fece capolino sotto la maglia. Lo guardai senza riuscire a dire una parola, non respiravo più. Il sangue mi ribollì nelle vene a quella vista.

- Come hai potuto nascondermelo? Io ti avrei aiutato. Non l'avrei mai permesso.

- Non si parla di questo, Bea. Questo non è niente in confronto a ciò che hai passato tu. Ma se sprechiamo quest'occasione per agire in maniera avventata, immagina solo cosa mi accadrà. Cosa ci accadrà. Questo sarà solo l'inizio.

Sentii un groppo in gola, indecisa e impaziente di affrontare quel mostro.

- Ventiquattro ore - sentenziai, ingoiando l'amarezza. Lucri fece un respiro di sollievo.

- Ventiquattro ore basteranno per elaborare un piano – disse.

.

- Luc? Sei tu? – bisbigliai.

- Si. Vuoi un po' di latte?

- Ok.

La stanza era buia, ma la conoscevo così bene ormai, in ogni suo angolo, che destreggiarmi al suo interno era come farlo alla luce del sole. Solo il chiarore della luna che entrava dalla finestra mi aiutava a distinguere i volumi. La fiamma accesa del fornello sembrava un'isolata lingua di luce.

Quella notte non riuscivo a dormire. Non mi ero mai sentita così emozionata, ma anche così agitata. Nel calore di quella notte di Giugno, la mia testa non riusciva a darmi tregua.

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