LXXV. - Apri gli occhi

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Non ero sicura di trovarla aperta. La red room chiudeva molto presto la sera, e dopo l'allenamento era sempre un miracolo trovare all'interno mr. Wu. Cresci mi aveva già rimproverato più volte sul fatto che dovessi prendermi cura delle mie racchette e tutto il resto, e quel pomeriggio nella camera a doppia pressione ne avevo rotta un'altra, rimanendo con un solo attrezzo. 

Dovevo abituarmi all'idea di rompere le corde molto più spesso adesso: tiravo più forte e le rotazioni che imprimevo alla palla non erano molto più difficili da gestire rispetto a mesi prima. Finalmente ero pronta a ritirarle dopo averne lasciate ben sette. 

Il sole era calato da un pezzo, ma come accadeva nelle giornate di primavera ed estate, i vialetti erano ancora pieni di persone. Una musica incalzante proveniva dalle vetrate colorate della piscina coperta, mentre dal campo da basket provenivano i fischi delle suole sul parquet e il rumore della palla lanciata a canestro. 

Dalla sala spinning proveniva il suono delle mille cyclette, il cui calore sprigionato si avvertiva fin dal corridoio. Scesi dalle grosse scale davanti al bar del piano terra, e feci capolino con la testa tra le porte della sala pesi, in cui pochi personaggi, solitamente del B, si disperdevano tra attrezzi di ogni tipo. C'era anche Okada, più a sinistra, insieme al suo preparatore atletico. Mi fece un cenno. 

Aveva qualche giorno di pausa prima di prepararsi per la stagione sulla terra, dopo la vittoria a Miami. Era diventato 7 del mondo. Più in fondo Victoria Lum faceva affondi insieme ad Andy Schnell, il suo allenatore, e Maria Peterson, la sua compagna di doppio. La red room era chiusa, come immaginavo. 

Presi le mie cose e corsi via per raggiungere il campo di calcetto. Nessuno ci sperava, ma Cresci aveva firmato la nostra partecipazione al torneo senza batter ciglio, con nostra grande sorpresa. Gianluca aveva accettato la proposta con entusiasmo e ogni settimana dedicavamo un paio d'ore ad allenarci.

Camminai frettolosamente per raggiungere l'uscita in fondo al corridoio. Detestavo ammetterlo, ma odiavo quei corridoi a quell'ora della sera. Tutti erano impegnati nelle lezioni serali, negli allenamenti o in palestra, qualcuno era già a cena, i corridoi del piano inferiore si svuotavano velocemente e mi ritrovai a percorrere da sola quei corridoi che profumavano di disinfettante. Perfino la ditta di pulizie aveva terminato il suo lavoro ed era andata via.

I miei passi risuonavano sulla pavimentazione grigia e lucida, seguivo la mia ombra comparire e scomparire in continuazione grazie ai faretti che costellavano il corridoio. Le porte scure erano tutte chiuse. Di tanto in tanto proveniva dall'alto il suono delle scarpe che sfregavano sul parquet, le voci di chi era nel bar a fine allenamento, le urla e i fischi degli allenatori provenienti dall'ultima porta, quella che conduceva all'esterno in fondo al corridoio.

Guardavo distrattamente i poster degli eventi passati, le foto dei grandi campioni, le pubblicità, che a ritmo costante interrompevano la rigidezza di quelle pareti grigio chiaro. Fu per questo che me ne resi conto troppo tardi, quando ormai era su di me.

Sentii solo un forte colpo alla testa, e feci in tempo ad appoggiarmi al muro per evitare di cadere. Non avevo ancora capito di essere stata attaccata. La figura nera mi aveva aspettato in silenzio, fino a quel momento, dietro l'angolo. Portai la mano alla testa, cercando di capire cosa stesse accadendo. 

Si avventò su di me con violenza. Una mano mi spinse contro la parete, spingendomi dolorosamente sul cemento scuro, caddi. 

Non feci in tempo a reagire che la sua mano mi afferrò da dietro. Cercai di liberarmi, inutilmente. Quella persona, estremamente forte, continuava a strattonarmi. Cercai di girarmi, ma nulla, ero bloccata. 

La porta laterale si aprì con forza e io mi ritrovai al centro del blocco accademico, deserto, con una mano premuta sulla bocca che mi impediva di urlare. Con un pugno, quella persona lasciò la presa e mi scaraventò a terra. Strisciai sul pavimento freddo e ruvido. Sentivo le tempie pulsare e le mani tremare. 

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