LXVI. - Istinto e paura

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Parlammo a lungo di musica, fino a quando la tisana ormai fredda non diventò solo una macchia rossastra in fondo alla tazza. Mi lasciai sfuggire uno sbadiglio.

- Forse è meglio se vai a dormire.

- No, tranquillo. Adesso non riuscirei comunque a chiudere occhio.

Non avevo neanche finito di parlare, che Riccardo mi interruppe con un'espressione grave.

- Bene. Perché ho bisogno di chiederti una cosa, ma non so come potresti prenderla – Sentii un tuffo al cuore, mentre il mio cervello analizzava già centinaia di teorie su cosa potesse dirmi. Gli feci cenno di continuare.

- Hai qualche problema con Sarah? – mi chiese seccamente.

- Cosa? No, no di certo. Perché me lo chiedi?

- L'atmosfera che si respirava l'altro pomeriggio non era delle più serene. Sembrava che vi sopportaste a malapena. Tu eri nel B1 fino a qualche mese fa, per cui mi chiedevo se non fosse successo qualcosa tra voi due.

- L'hai chiesto a lei? – chiesi, quasi a svelare che ci fosse qualche problema tra noi. Lui fece cenno di no. Feci spallucce.

- Abbiamo avuto qualche incomprensione.

- Di che tipo? – i suoi occhi erano magneticamente attaccati ai miei. Se non fosse che cercavo di ingegnarmi su cosa dire, avrei distolto lo sguardo all'istante.

- Credo che tua cugina si stia facendo coinvolgere in qualcosa di sbagliato – dissi.

- E tu cosa c'entri in tutto questo?

- Forse niente, ma forse tutto. Ci siamo incontrate per caso nel labirinto e lei mi ha cacciato, come se stessi interrompendo qualcosa. Non era da sola, c'era una mia amica del B1, ma stavano sicuramente nascondendo qualcun altro.

Ho sempre saputo di non essere la benvenuta nel gruppo A, ma sono successe troppe cose, cose che neanche immagini, e che ancora non mi spiego. Cose che può fare solo qualcuno che sa come muoversi all'interno dell'accademia.

- Mia cugina, che ti ha conosciuto forse solo per qualche settimana, ti vorrebbe fuori dal gruppo A? – chiese con un prevedibile tono scettico.

- So che sembra un'assurdità, ma ascoltami. Non credo sia lei la mente, credo solo che aiuti qualcuno. Forse non sa neanche ciò che sta facendo. Ha parlato di minacce invisibili, di tutti noi coinvolti. Anche io e te. È stata molto vaga, credo non ne possa parlare. Può darsi che la minaccino per farla tacere.

- C'è qualcuno capace di questo?

- Sì, Riccardo. C'è qualcuno capace di fare questo e molto peggio – risposi con fermezza. Lui adesso sembrava più propenso a credermi. Iniziò a giocherellare con il suo astuccio, le dita affusolate a contatto con la pelle nera della custodia. Mi guardava concentrato.

- Non ho mai incontrato nessuno nel labirinto – disse infine, come per allentare la tensione – A parte i gruppi in allenamento.

- Corri anche tu nel labirinto? – chiesi, quasi dimenticando che per conoscerlo così bene come mi aveva dimostrato doveva esserci andato molte volte.

- Ci sono andato spesso nel primo anno. Alessandro era il mio tutor e abbiamo svolto lì dentro un anno intero di preparazione atletica. Poi abbiamo anche continuato negli anni successivi, in segreto. Sai quanto Cresci non veda di buon occhio gli allenamenti clandestini, soprattutto se si parla di lui.

A quelle parole scattai. - Che intendi? Perché proprio lui?

Lui inarcò il sopracciglio, sorridendo. - Credevo lo sapessi. Alessandro si allena di nascosto da anni. Perché sembri così sconvolta? Lo sanno tutti... Forse l'accademia intera.

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