Dopo le giornate di sconforto, passati ormai dieci giorni dall'incidente in palestra, ripresi ad allenarmi a tempo pieno. I lividi erano spariti, i graffi cicatrizzati. Cresci non aveva commentato il mio ritorno così veloce agli allenamenti, ma giurai di aver visto un ghigno soddisfatto.
La stagione sarebbe entrata nel vivo a breve e il coach voleva che fossimo pronti. Con la fatica i giramenti di testa e i problemi alla caviglia mi infastidivano ancora, ma il mio allenatore non aveva certo intenzione di trattarmi con delicatezza.
Voleva il massimo da me e dal mio gioco, diventato molto più aggressivo. Anche se era tutto tornato alla normalità, non diminuì le ore di training mentale.
Diceva che da quel punto di vista ero carente.
Detto ad una che nel B1 veniva chiamata cervellona non sembrava un bel complimento.
L'unica evasione era rappresentata dal torneo di calcio appena iniziato. Era assurdo pensare che alla fine ci eravamo davvero iscritti. Era ancora più assurdo pensare che proprio adesso che il gruppo era completamente distrutto a causa mia, dovevamo imbarcarci insieme in una esperienza del tutto nuova.
Il piano di Orlando non sembrò riscuotere successo. Non conoscendo i reali motivi che ci avevano spinto a quella partecipazione, erano tutti convinti che fosse una trovata per intrattenere pubblico e giornalisti fino alla prossima exhibition, o l'occasione per mostrare un gruppo A sempre più forte e coeso, o ancora un semplice allenamento alternativo.
Giorni prima di scendere in campo per la prima volta lo sponsor ci aveva provvisto di divise e scarpe con i nostri nomi; i giornali avevano promesso di pagare profumatamente chiunque vendesse foto dei ragazzi del gruppo A in campo. Più che vergognarsene, agli sponsor questa trovata era piaciuta da matti.
Dopo la prima partita era già chiaro che il piano sarebbe naufragato così come sarebbe successo a noi durante la cerimonia del Closing, quando tutti avrebbero scoperto la verità sul torneo e sui punti in classifica.
Già dalle prime giornate di campionato lo stadio si riempì. Tra chi sperava di arricchirsi con qualche foto, i curiosi e i maniaci del calcio, lo stadio non vedeva gli spalti così pieni da anni.
Vincemmo le prime quattro partite senza indugio, tra i ragazzini del D2 dall'età piuttosto bassa e le squadre dei B2 poco interessati al calcio. Questo alzò un po' il morale del gruppo, soprattutto quello di Alessandro, prima di partire per le qualificazioni in Kazakistan.
La sua classifica era in caduta libera: aveva guadagnato solo sei punti in sei mesi e stava perdendo tutti quelli raccolti nell'ultimo anno. Arrivava agli allenamenti sempre stanco e in ritardo, tanto da beccarsi due richiami.
Con Riccardo, invece, Cresci aveva deciso di tagliar fuori il circuito juniores, prevedendo solo tornei pro per lui. Non avrei mai pensato, mesi prima, che questo potesse riempirmi di gioia: dopo il nostro ultimo incontro non riuscivo a sopportare la sua presenza.
Mi aveva ferito. Se il resto del gruppo mi parlava a malapena era solo per colpa sua.
Il gruppo manteneva le apparenze all'esterno, ma ormai nessuno si impegnava ad essere gentile con me. Erano rimasti tutti delusi dal mio atteggiamento e per una volta, complice la rabbia che provavo per Riccardo, non avevo intenzione di riappacificarmi con nessuno.
Chi invece non mancava mai era Orlando, che nei tornei pro non riusciva ancora a scalare il ranking, ma in compenso era tornato sedicesimo nella classifica mondiale juniores. Il suo obiettivo era la top ten entro fine anno, per avere diritto a fine anno alle partecipazioni per i tabelloni principali dei Master 1000.
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La Fenice 1. Tennis. Misteri. Bugie.
Mystery / ThrillerFama, bellezza, successo. I ragazzi del gruppo A della Fenice hanno tutto e chiunque vorrebbe essere come loro. Beatrice non fa eccezione: è convinta di non poter essere mai scelta e che Riccardo rimarrá solo la celebritá inarrivabile per cui ha un...