XXXIII. - Oltre le apparenze

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Uscii dalla sezione antidoping appena in tempo per arrivare al mio appuntamento. Fuori dai laboratori situati al piano interrato dell'SS, una fila interminabile di atleti aspettava il proprio turno, molti di più dei soli partecipanti al torneo di Natale.

Se le severe leggi della IADA* obbligavano gli organizzatori dei tornei internazionali a svolgere controlli a campione, la Fenice estendeva a tutta l'accademia questa pratica. 

Camminando per il subcardo, scrutavo le facce delle persone ancora in attesa: il gruppo di spagnoli rumorosi del B2 che tentavano di superare la fila, i bambini dell'E che non comprendevano l'utilità di farsi prelevare sangue da spaventosi adulti in camice. 

Le truccatissime ragazze del gruppo C dalle gonne accorciate con mille risvolti, pronte a spettegolare su me e Orlando Bassi dopo avermi intravisto nella folla. 

Di tanto in tanto scrutavo qualche viso preoccupato e pregavo fosse solo un'impressione, ma da quando Lucri mi aveva parlato delle sue preoccupazioni riguardo Push e dei suoi smerci diventati sempre più pericolosi, sapevo che quella non era un'impressione già da molto tempo. 

I lampi bruciavano all'orizzonte sullo sfondo di un cielo nero. Lo guardavo dallo studio di Kahn, al piano terra davanti al campo 12, ormai ridotto ad un mucchio di pozze di acqua per l'acquazzone precedente. Poche gocce di pioggia ricominciavano a sporcare il vetro. Ero entrata con le migliori intenzioni, volevo scusarmi per aver messo in imbarazzo la Fenice, ma non ebbi il tempo di aprire bocca.

- Abbiamo bisogno di farti un paio di domande non inerenti al torneo – cominciò subito Cresci, accanto a lui il dirigente dallo sguardo vitreo - Ti ricordi cosa hai fatto la sera dell'exhibition –

Mi venne in mente subito l'episodio dello spogliatoio, tutt'a un tratto mi sentii nervosa. Jade non l'aveva nascosto solo ai miei genitori, ma anche alla Fenice. Voleva cercare il colpevole in maniera discreta, evitando che più persone possibili lo sapessero, vista l'attenzione che la stampa riservava a quello che accadeva nell'accademia.

Non sapevo se Cresci alludesse a questo, ma sperai che fosse così e che avesse smascherato Noemi. Forse io ero lì per testimoniare, visto che i video di sorveglianza erano scomparsi.

- Sono andata nello spogliatoio – risposi con decisione. Forse la fine di Noemi Bellisario era vicina.

- Avevi con te il tuo smart – chiese ancora. 

Quella domanda mi lasciò perplessa. Non riuscivo a capire cosa c'entrasse  il mio smart.

- Sì, l'ho tolto solo per fare la doccia, ma è sempre stato con me – risposi.

- Ti ricordi verso che ora sei entrata nello spogliatoio –

- Subito dopo l'exhibition, credo per le undici... Non ho guardato l'ora –

- E ricordi di essere stata nello spogliatoio fino a che ora –

- Mezzanotte e mezza, credo. Sono passata dal Nido per salutare la mia agente e poi sono andata via. Ricordo di aver visto l'orologio sullo smart mentre ero in auto ed era l'una di notte – risposi, rifiatando dopo quel terzo grado serrato.

Kahn e Cresci si guardarono, e mi sentii inquieta. Era ovvio che non sapessero dello spogliatoio, ma allora perchè ero lì? Un profondo silenzio sembrò sollevarsi tra di noi per un secondo, prima che il mio allenatore riprendesse a parlare.

- Non ricordi di essere uscita prima – chiese ancora Cresci.

Ripensai all'incendio, al fumo nelle narici, alla paura che avevo provato e al mio grido d'aiuto nel subcardo vuoto.

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