XXX. - La partita d'esordio

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Si può guardare un torneo di tennis da tanti punti di vista.

Per lo spettatore è uno spettacolo unico. Le tifoserie, i pronostici, la musica incalzante durante gli intervalli. Per lui, ogni giorno si fa più interessante: i giocatori diminuiscono lasciando posto ai migliori, e lo stesso destino tocca alle partite, che diventano sempre più avvincenti.

Lo spettatore in questione, se il tennista per cui fa il tifo perde, non dovrà fare altro che cambiare preferenza. Continuerà ad elaborare mille congetture su chi vincerà, scambiare opinioni, sentire i nodi allo stomaco nei punti importanti, ma sempre guardando dall'alto della platea. Andando via se lo spettacolo non è di suo gradimento, o prendendosi una pausa e uscendo dalle gradinate se non riesce più a sostenere la tensione.

Per il tennista la questione è diversa. Il tennista non può andare via, non può cambiare campo e chiedere un rinvio. Avrà solo un'occasione, una preziosissima occasione per vincere e dare il meglio di sé.

Se vince, continua il suo cammino.

Se perde, torna a casa.

Per quanto ben organizzato possa essere, il torneo rimarrà per lui un'esperienza sfiancante, la dura prova del lavoro svolto fino ad allora.

La conferma dello stato di forma per qualcuno, l'occasione per ritornare nel circuito dopo una serie di performance negative per qualcun altro. Un altro risultato deludente, o una nuova coppa da alzare al cielo. A volte la differenza è inconsistente, ritagliata in pochi punti fondamentali.

Ma per tutti, quello sarà il momento in cui qualsiasi azione dovrà essere finalizzata alla vittoria: dall'orario dei pasti, all'osservazione dei futuri avversari; dalle pressioni per farsi assegnare il campo o l'orario migliore, ai rituali e gesti scaramantici.

L'unico pensiero sarà sempre "il prossimo punto", "il prossimo set", "la prossima partita".

Il torneo di tennis è una bolla sospesa nell'aria. Una parentesi nel tempo in cui si vive un'esistenza parallela, fatta di incontri con persone che forse non si rivedranno più, di chiacchierate che si perderanno nella brezza fredda dei campi nell'ultimo match della giornata, di sfide e lotte contro gli altri e contro se stessi.

Se i primi giorni si perdono tra la calca davanti ad ogni campo, saluti e tentativi di impressionare i talent scout, con l'avanzare dei turni il numero di eliminati dal tabellone aumenta e il club comincia a svuotarsi.

E dopo il giorno della finale, il vertice della parabola, tutto sembra concludersi esattamente come è iniziato.

Come tutte le bolle sospese in aria, non rimarrà niente di quelle chiacchierate, di quelle sfide, di quei saluti, se non vaghi ricordi. Sarà il momento di tornare alla vita reale.

Tutto sparisce, tutto è dimenticato.

- Doveva essere il mio torneo questo! – Giulia gridò tra i singhiozzi, seduta sul suo letto.

- E' da ieri sera che va avanti questa storia, non so più che fare – mi sussurrò Claudia all'orecchio, mentre le porgeva una zuppa fumante.

Era passata almeno un'ora tra pianti e deliri, interrotta solo dall'arrivo del medico. Una volta andato via quest'ultimo, con gli occhi ancora gonfi e arrossati, aveva ripreso a piangere.

Guardarla così mi fece sentire un nodo allo stomaco: lo stop per il ginocchio, i sacrifici per tornare in forma, e adesso un altro malanno. Non se lo meritava, ma purtroppo non c'era molto altro da fare che aspettare che la febbre passasse e riprendersi.

- Ce la farai Giu. Capita a tutti di stare male, ma ti riprenderai - cercai di consolarla, ma sembrava tutto inutile.

- Tu non capisci, Becs! Sai da quanto tempo aspetto di competere! Io non ci posso credere... - rispose, guardando fuori dalla vetrata della stanza pensierosa.

La Fenice 1. Tennis. Misteri. Bugie.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora