Dopo una serie di belle vittorie, cominciarono le difficoltà per la squadra di calcio del gruppo A. Avevamo giocato con una delle squadre più forti dei B, con Alessandro che aveva abbandonato il campo per uno spot da girare dopo pochi minuti, e il risultato era stato un disastroso 3 - 0.
Iniziammo a capire che la nostra era un'impresa disperata. Non era indispensabile vincere tutte le partite per finire in cima alla classifica, ma di questo passo non saremmo arrivati neanche tra i primi dieci.
In campo attraversavamo fasi alternanti. Dopo le vittorie eravamo euforici: Orlando sfoderava giocate da professionista, Hugo stupiva con i suoi dribbling, Alessandro diventava un muro in porta e io correvo con grinta sulla fascia.
Ma quando le cose si mettevano male il gruppo si frammentava. Alla fine della partita con i C – vinta lottando con un solo goal di Claudia, il nostro capocannoniere e capitano – avevo urlato a Noemi di prendere un passaggio che era miseramente fallito. Lei si era girata e aveva urlato: - Ma sei impazzita?
Ci eravamo avvicinate l'una all'altra, con dei volti contratti e una forte tensione nell'aria.
- Hai deciso di farci perdere? – le avevo urlato.
Lo sapevo che dovevo evitare di peggiorare la situazione, ma la verità era che non ci riuscivo. Tutto il gruppo mi osteggiava senza farne mistero, e sembrava che anche in campo facessero di tutto per escludermi.
- Datevi una calmata voi due – aveva detto Orlando alla fine della partita – Ci state mettendo in imbarazzo.
Raggelai. Aveva ragione, anche se odiavo ammetterlo.
A fine partita il meglio doveva ancora venire.
Scesi dalla scala sud e iniziai a camminare lungo il corridoio, costeggiando il desolato blocco accademico, gli spogliatoi sud in cui non mi azzardavo più a mettere piede, la red e la green room. Superai le sale attrezzi e le altre zone della palestra.
Nel sub-cardo il sole attraversava potente le vetrate. Camminai oltre gli uffici e l'infermeria, dalla quale qualche ragazzo usciva con una fasciatura. Qualcun altro mi superava di corsa dopo aver recuperato racchette incordate o scarpe nuove. Mancavano meno di due mesi all'inizio del Master Finale, e tutti erano presi dai preparativi.
Per molti di loro quel torneo avrebbe significato la promozione ad un gruppo migliore, per qualcun altro una vetrina per talent scout e organizzatori di tornei juniores.
La maggior parte dei ragazzi della Fenice a quell'ora era sotto la doccia. Gli spogliatoi della Fenice erano numerosi, e si riempivano e svuotavano seguendo le mode del momento. Nonostante questo, gli spogliatoi nord, quelli che avevo sempre frequentato, rimanevano una certezza.
La doccia era un'attività sociale alla pari di tutte le altre. Lì dentro si decidevano strategia, si creavano amicizie, si discuteva, si spettegolava, si chiedevano opinioni sul proprio gioco o quello di un'avversaria in torneo. Ci si scambiavano segreti inconfessabili e scoperte sconcertanti sugli allenatori.
In quel periodo in particolare si cercava freneticamente di combinare le coppie per i doppi del Master Finale, e negli spogliatoi femminili la solita lavagnetta portata dalle ragazze nel reparto C elencava tutti i nomi dei ragazzi dello stesso gruppo, che venivano sbarrati ogni volta che era stata creata una coppia, in modo da sapere quale fosse il ragazzo ancora disponibile da invitare.
Non avevo mai apprezzato particolarmente quei momenti, i discorsi a volte volgari tra compagne di squadra che in parte si apprezzano e in parte detestano, ma avevo cominciato a sentire la mancanza di tutto quello da quando ero finita nel gruppo A, in cui non si parlava affatto.
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La Fenice 1. Tennis. Misteri. Bugie.
Misterio / SuspensoFama, bellezza, successo. I ragazzi del gruppo A della Fenice hanno tutto e chiunque vorrebbe essere come loro. Beatrice non fa eccezione: è convinta di non poter essere mai scelta e che Riccardo rimarrá solo la celebritá inarrivabile per cui ha un...