LXXVII. - Il posto sbagliato

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Una volta che la flebo fu terminata Claudia e Orlando mi portarono nel loft. Riuscivo a malapena a trascinare un passo dietro l'altro, tanto ero debole e dolorante. Camminammo in silenzio per tutta la lunghezza del cardo, il cielo era di un color porpora vivo, il sole ormai adagiato dietro le siepi di confine del viale centrale.

Arrivammo al cancello. Il vialetto di sassi bianchi brillava alla luce dei fari che lo costeggiavano, gli irrigatori si erano fermati da poco. Man mano che proseguivamo, i rumori si attutivano e l'altezza degli alberi aumentava. Dopo qualche passo, circondato dagli alti pini e cedri nodosi, comparve il loft, illuminato alla luce del tramonto.

L'edificio era vuoto, erano ancora tutti in campo. Claudia passò il suo smart per aprire la porta d'ingresso. Automaticamente tutte le luci si accesero, dandoci il benvenuto. Attraversammo il grande ingresso e ci sistemammo sui divanetti del soggiorno.

- Quello che sto per rivelarvi è un segreto, uno vero. Sto andando contro la legge in questo momento, ma è l'unica possibilità che abbiamo.

Il labbro era gonfio e mi bruciava. Mezza faccia si era scartavetrata contro quelle mattonelle, ma non mi sarei persa quella confessione per niente al mondo.

- Sono l'unica testimone di ciò che sto per dirvi.

- Sarà meglio che parli subito, Gallone – disse Orlando.

- Io starò zitta – la guardai negli occhi, più curiosa e spaventata che mai.

- Bene. Quel farmaco, il Penthotal. Non è la prima volta che ci ho a che fare.

- Claudia? Vuoi dire che... - Orlando adesso sembrava divertito come pochi istanti prima. Gli lanciammo un'occhiataccia, anche se per un secondo quel pensiero aveva sfiorato anche la mia mente.

- No, ovviamente. Non l'ho usato io, ma prima di arrivare a quel punto è giusto che vi racconti la storia dall'inizio. Dobbiamo tornare a Dicembre. Vi ricordate il giorno in cui giocammo a ping pong?

- Come dimenticarlo... – risposi con un sorrisino. Orlando contrasse la mascella.

- La mattina successiva è successo qualcosa di strano. Mi sono svegliata all'alba per il freddo, stava nevicando, e ho deciso di alzarmi per aumentare il riscaldamento in stanza. Il letto di Giulia era vuoto, così sono scesa per controllare se fosse tutto ok. 

L'ho trovata in cucina. Guardava fissa un punto indefinito. Tremava. Mi sono avvicinata per chiederle cosa avesse. Continuava a guardare nel vuoto e a non rispondere. Ho avuto paura. Ha iniziato a parlare all'improvviso, ma pronunciava solo frasi sconnesse, senza senso.

- Ricordi qualcosa di preciso? – chiese Orlando.

- Certo. Parlava di tradimento. Ho pensato che potesse essere sonnambula, ma non avevo mai visto convulsioni così. Non sapevo cosa fare, così lentamente l'ho accompagnata in camera. È stato lì, sul letto, che ha detto i vostri nomi – deglutì, guardando entrambi. Lo feci anch'io.

- Non ha senso – dichiarai. Claudia non era della stessa opinione, a giudicare dalla sua occhiata.

- Che cazzata. Avrai sentito male... – ribatté l'altro, stranamente agitato.

- Oh, io credo che abbia senso, invece. 

Claudia e Orlando si guardarono in silenzio. Questa volta non avrei lasciato correre. Ero stanca di quegli sguardi che dicevano tutto, che mi escludevano. Era colpa di quegli sguardi se adesso eravamo in quella situazione.

- Perché dovrebbe avere senso? – chiesi. La voce tremò senza che potessi fare nulla.

- Mi ha detto di aver scoperto il vostro segreto – rispose.

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