Un libro,tante storie,il mio passato ✔

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Mi incamminai verso la biblioteca Casanatense.
La biblioteca più vertiginosa di Roma che venne inaugurata nel 1701, per volere di Girolamo Casanate, in modo che fosse più vicina possibile al Collegio romano.

Per arrivarci bisognava salire due rampe di scale, tappezzate da locandine di convegni e seminari.

Una volontaria mi accompagnò a vedere il salone principale, e anche se non sapevo cosa aspettarmi ogni volta che giravo l'angolo, il colpo d'occhio era profondo, alto, inspiegabile.

Gli armadi carichi, le teche con le prime edizioni e la statua di Girolamo Casanate in marmo bianco sotto al palco principale, conferivano alla biblioteca settecentesca una sacralità degna di un luogo di culto.

Alzando lo sguardo mi accorsi che i libri erano organizzati alla maniera antica, segnati da dorati cartigli lignei: dal palco principale dove si affastellavano le sacre scritture, gli argomenti via via degradavano fino al fondo, fino a quelli considerati allora meno degni.

Ero sicura che qui avrei trovato qualcosa, che mi avrebbe aiutato a scoprire il mio passato e di conseguenza il mio presente.

Aprii il primo dei tanti libri, nella sezione "un ang..."
Il resto era cancellato e questo mi incuriosii ancora di più.

Le pagine erano vecchie e ingiallite, profumavano di muschio, muffa e licheni.
La prima pagina era vuota così come la seconda e la terza.
Nella quarta pagina invece c'era scritto a caratteri cubitali IL PALAZZO DEGLI ANGELI:

"Si narra che nell'ultima notte dell'inverno del 1787 un fatto prodigioso fosse accaduto proprio a Rovigo.
Due angeli messaggeri di ritorno dai mari del sud e già sulla rotta di un nuovo viaggio che li avrebbe portati tra le gelide valli alpine del settentrione, disorientati dalle fitte nebbie della pianura e molto affaticati dal lungo viaggio, decisero di sostare in città per rinfrescarsi un poco.
Scelsero a questo scopo il luogo per loro più adatto: uno dei palazzi più belli del centro, con un magnifico cancello illuminato da fiaccole lucenti, ampie vetrate celesti e preziosi balconi in candido marmo bianco.
Con un volo elegante avvolti da un bagliore leggero, si calarono sul tetto di quello splendido palazzo.
Non passarono inosservati.
Un giovane fornaio infatti, sveglio ed indaffarato nel suo lavoro, si accorse dello strano bagliore e capì che non poteva trattarsi della luna.
Si precipitò immediatamente sulla strada sotto la sua bottega e restò incantato di fronte alla magica vista che si aprì ai suoi occhi. Anche altri lasciarono il tepore dei letti per affacciarsi alle finestre e osservare ciò che sotto i loro occhi stava accadendo nei cieli della città, di quella fredda notte.
Col passar dei minuti una piccola folla strepitante iniziò a raccogliersi intorno al palazzo per osservare più da vicino le creature angeliche, con un misto di devozione, stupore e incredulità.
Solo il vecchio conte proprietario del palazzo pareva non accorgersi di nulla.
Nessuno, del resto, aveva il cuore di avvertirlo poiché era uomo burbero e scontroso.
Il vociare crescente dei curiosi radunati di fronte al palazzo svegliò il conte. Infastidito, scese dal letto, raggiunse il salone d'onore e dal balcone al centro della sala, con voce rauca esclamò:

《Un tal baccano! Tornate a casa gente senza rispetto per il riposo degli uomini dabbene o io...》

La minaccia restò sospesa e nessuno seppe mai cosa il vecchio conte volesse dire.
Attirato da quella visione di paradiso sopra il suo capo, sul tetto del suo palazzo, restò infine interdetto e senza più parole.
Accadde tutto in un attimo: quel rumore chiassoso infatti spaventò e non poco i messaggeri celesti che volevano solo riposarsi prima di ripartire. Fu così che con minimi battiti d'ali i due angeli si innalzarono a perdita d'occhio e ripresero il volo sulle arcate del cielo.
In terra invece, un altro miracolo si compì quella notte.
Per ordine del conte il palazzo venne eccezionalmente aperto fino all'alba e vennero offerti dalle sue cucine vini caldi e ottimi dolci a tutti coloro che erano stati testimoni con lui dello straordinario evento.
Riferì il conte alcuni anni dopo che da quella sera si sentì cambiato.
Per altre tredici notti consecutive degli angeli gli comparvero in sogno, ed egli affinchè non venisse dimenticato il doppio prodigio di quella notte, dispose che per celebrare quanto accaduto, fossero chiamati i migliori pittori di Venezia a decorare il suo già magnifico palazzo con affreschi di splendidi cherubini, in un volo festoso.
Secondo altri, alcune di quelle pitture, troppo belle per essere fatte da mano d'uomo, ammirate anche dai principi d'Europa, comparvero da sole, come per miracolo, subito dopo la visita degli angeli al palazzo.
Ma per tutti ancora oggi quel luogo si chiama Palazzo Angeli."

Il secondo capitolo s'intitolava L'ANGELO CURIOSO:

"Gli angeli non sognavano. Dormivano, qualche volta, col capo sotto un'ala, come gli uccelli, ma non potevano sognare. Solo gli esseri umani sognavano e gli angeli li guardavano. Li vedevano chiudere gli occhi e cambiare il respiro, alle volte russare e agitarsi. Altre volte sorridere, ma non se ne domandavano la ragione. Gli angeli non erano curiosi e non avevano desideri, perché avevano già tutto. Ma c'era un angelo diverso dagli altri. Egli stava al capezzale di un bambino a vegliare il suo sonno, come tanti altri angeli. Ogni mattina il bambino si svegliava sorridendo e diceva a sua madre:

《Mamma, questa notte ho fatto un sogno bellissimo!》

《Che cosa hai sognato?》

E il bambino cominciava a raccontare.
Mattina dopo mattina, l'angelo ascoltava il bambino che raccontava i suoi sogni come fossero bellissime storie e quando la sera lo guardava coricarsi e chiudere gli occhi, non poteva fare a meno di domandarsi quale sogno avrebbe sognato quella notte.
Insomma, diventò curioso e sempre più curioso; e questo non era bello per un angelo.
Una notte non resistette alla tentazione e decise di guardare il sogno del bambino. Quello che vide gli piacque talmente tanto che la notte successiva ritornò a guardare. E anche la notte dopo e l'altra ancora. I sogni del bambino erano pieni di movimento e di colori: c'erano animali che cambiavano forma, macchine strane e gente buffa. Erano sogni allegri e tutto si muoveva a gran velocità. Cose del genere l'angelo non le aveva mai viste e ci si appassionò. In fondo per lui era come andare al cinema o guardare la televisione, e non sarebbe stato poi un gran male, se si fosse limitato a questo. Ma con il tempo la sua curiosità aumentò in modo smisurato. Cominciò a guardarsi intorno e a chiedersi cosa sognavano gli altri della casa, e questo pensiero non gli dava pace.
Così una volta lasciò il capezzale del bambino e diede una sbirciatina ai sogni della mamma, poi a quelli del papà. Ritornando, vide il gatto acciambellato su una sedia che dormiva: sognerà anche lui? -si chiese- con suo stupore scoprì che anche il gatto stava sognando. E pure il cane, il canarino e anche il pesce rosso dell'acquario.
Tutti in quella casa sognavano, tranne lui. Quando l'angelo se ne rese conto, si sentì infelice: perché non poteva avere anche lui un piccolo sogno? Perché? Questo pensiero cominciò a tormentarlo.
E ora, quando guardava i sogni del bambino, non si divertiva più come prima, ma provava una specie di invidia.
E una notte si decise: rapido come un ladro, mentre il bambino sognava, staccò un pezzetto del suo sogno e lo nascose sotto l'ala. Non successe niente, ma il bambino si svegliò e chiamò la madre.

《Hai fatto un brutto sogno?》Chiese lei.

《No, ma il sogno è finito all'improvviso...》Il bambino era confuso.

La notte seguente l'angelo rubò il pezzetto di un altro sogno e il bambino si svegliò nuovamente confuso.
Intanto l'angelo, che aveva raccolto sotto le ali un bel mucchietto di tutti i sogni rubati e non vedeva l'ora di sognare anche lui, come gli esseri umani e gli animali, volò sul tetto della casa, si appoggiò al camino e si dispose al sonno.
Pensava a una cosa breve, come accadeva agli angeli quando dormivano. E invece dormì ore e ore, come accadeva ai bambini. E siccome aveva mescolato pezzi di sogni diversi, fece sogni confusi e faticosi, che non lo riposarono affatto ne lo divertirono. Quando si svegliò, stanco, affaticato e con un gran mal di testa, era già notte fonda. Vergognandosi per tutte quelle ore perdute, giurò a se stesso che mai più avrebbe guardato un sogno e volò, rapido, al capezzale del bambino. Ma lo trovò occupato da un altro angelo, che non lo degnò nemmeno di un' occhiata.
L'angelo capì che per lui non c'era più posto e ritornò sul tetto. Da quel giorno il bambino riprese a sognare sogni bellissimi mentre all' angelo curioso, per vincere la noia, non rimase altro da fare che dormire. Ma continuando a fare sogni confusi e faticosi, svegliandosi sempre con il mal di testa.
Così cominciò a desiderare di tornare a dormire senza sogni, come dormivano gli altri angeli.
Ma ormai era troppo tardi."

IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora