Amore è innamorarsi degli stessi occhi tutti i giorni ✔

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Il cielo, dopo la tempesta di ieri, si era fatto chiaro, cristallino e infinito.

Gli uccelli volavano liberi creando in alto diverse coreografie. Dividendo le nuvole, come zucchero filato, quando ci passavano all'interno.

Dal prato si avvertiva l'aria fresca e pungente, e il rumore del ruscello che bagnava i campi fioriti e colorati che attraversavano per una lunga distanza.

Gli alberi erano nel tempo della loro fioritura e si presentavano imponenti e folti e il caldo sole del mese s'impegnava a riscaldare il terreno e a far sbocciare le rose. Essi nella loro immensità ricoprivano d'ombra estesi tratti d'erba.

All'orizzonte intravidi una piccola casa di legno, vicino a una cascata e un fiume sul quale stava un ponte ciondolante, fatto di corde e legno. Gli odori di quei piccoli fiori, forse primule, forse rose, viole, bianche, mi impregnavano l'olfatto.

Non sapevo il perché, ma per uno strano motivo, iniziava a piacermi quel ponte.
Quel suo equilibrio precario che, era stato l'andamento lento e veloce, forte e piano della mia vita confusa. Quel fiume per niente largo ma infinito, di cui non riuscivo a vederne la fine.
L'acqua ora limpida, ora torbida, ora calma come i battiti lenti di un bambino che dormiva, ma poi agitata come il battito accelerato di un adulto che non riusciva a prendere sonno. Il cielo ora sereno e poi nuvoloso, cupo, nero. Il verde del prato brillante, che poi perdeva vigore, vitalità. Un continuo alternarsi e riconfermarsi, come una continua e perpetua lotta tra due anime, tra il bene e il male, tra notte e giorno, come il corso della vita.

Mi trovavo nel parco dello Zodiaco, ero venuta qui per trovare un po' di pace.
Così mi accoccolai su un'asse del ponte.

Ma a un tratto sentii delle voci allegre, risate smorzate, da due voci nitide, vicine e molto simili, di due ragazze. Le quali si avvicinarono e si sedettero intorno a me, presentandosi.

La ragazza dai capelli di una strana tonalità violacea, aveva gli occhi color ghiaccio e le labbra, leggermente carnose, erano rosse come le sue guance nel momento in cui in tono allegro disse:

《Piacere, sono Pervinca.》

Il suo corpo esile era coperto da un abito drappeggiato color oro, mentre i suoi piedi erano nudi.

L'altra ragazza aveva i capelli di un biondo chiaro e gli occhi neri quasi a mandorla, nonostante i suoi lineamenti non fossero per niente asiatici. Il suo corpo era più formoso di quello di Pervinca, e indossava un top giallo che le lasciava scoperto l'ombelico e un jeans blu scuro. A confronto della prima, aveva i piedi avvolti da fili d'erba, intrecciati fino alle ginocchia.
E anche lei, però con voce più squillante, si presentò:

《Ciao, io mi chiamo Celedon e tu?》

Io rimasi a fissarle ancora un po'.
Poi con voce tremante dissi il mio nome.

Alle mie spalle, dal vuoto, comparve anche un ragazzo.

Spalancai gli occhi riconoscendo che era davvero molto carino. Dei capelli neri abbastanza lunghi e ricci erano tirati perfettamente di lato, portava un dilatatore nero all'orecchio, le sopracciglia erano correlate, la fronte arricciata e le labbra rosse e piene a cuore, erano protese in senso interrogativo, la sua mascella era ben tesa e dei magnifici occhi verdi giada mi osservavano spiccando sulla perfetta abbronzatura.

Dei tulipani s'inerpicavano sulle cordicelle del ponte e quando il ragazzo si chinò per prenderne uno rosa, venni stordita dal forte profumo che indossava.

Poi mi porse il fiore e io lo accolsi tra le dita annusandolo.
Daniel.
Era uguale a Daniel.
Il MIO Daniel.

Portava una canottiera nera e quando si girò per alcuni istanti, vidi quella voglia.
Quella a forma d'ali d'angelo, era lui. Solo lui poteva avere quella voglia. Solo lui poteva avere quegli occhi smeraldo.

Allora azzardai...

《Daniel, ma sei tu?》

Dopo aver pronunciato quelle parole, lui si voltò con estrema lentezza, facendomi venire voglia di saltargli addosso, poi con voce estremamente lasciva disse...

《Ti ricordi ancora?》

Io rimasi con il fiato sospeso e a lui gli scivolò una ciocca di capelli davanti agli occhi. Così mi alzai e gliela misi dietro l'orecchio - già avevo questa strana abitudine che tutto doveva essere estremamente perfetto. -

Lui allungò la testa, fino a sfiorare la mia fronte.
E io ancora una volta rimasi immota al suo tocco.

《Mi sei mancata.》Disse lui.

Mi piaceva sentirmelo dire, perché voleva dire che quando eravamo insieme, almeno un po' l'avevo fatto sentire bene.

《Mi sei mancato anche tu, e mi dispiace di aver fatto finta di niente, ma la verità era che mi detestavo per averti mentito, per essermi mentita da sola, per non averti detto che io ti volevo ancora e per sempre.》

《Per sempre.》Rispose lui.

A quel punto mi sciolsi, a quel punto capii di avere davanti il MIO angelo.
Daniel.

IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora