Era una signora alta e magra, ai piedi portava delle ballerine bianche, il vestito spiccava di una luminescenza assoluta, i capelli sciolti, mossi e segnati dal tempo gli ricadevano sulle spalle. Un'ombra incombeva sulla sua testa, ma non ci feci troppo caso. In mano teneva un bicchiere d'asporto e dall'odore si capiva che era colmo di caffè latte. Il viso spigoloso, ma di un colorito vivace, disponeva di due occhi di un marrone così chiaro che parevano gialli, la bocca sottile contornata da una matita rosa cipria, mentre il naso minuto, copriva un piccolo neo nello spazio tra il naso e la bocca.
Profumava di rose, gelsomini, violette... Di fiori.
Quando scese dal pullman, il suo bagliore e il suo profumo mi stordirono, a tal punto di svenire.
______________________________________________Mi risvegliai mezz'ora dopo, in braccio a Daniel.
La testa posata sulla sua spalla e un dolce dondolio provocato dal suo corpo, mi stava cullando, facendomi i grattini sulla schiena e sulle mani. Non so perché, ma non era mai stato così dolce.Alzai lo sguardo, guardandolo dritto in quegli occhi carichi di verde e viola.
Provando un immenso piacere nel vederlo sorridere, mentre mi spostava una ciocca di capelli dalla bocca.Scoppiai a piangere.
Allora lui, con calma, mi prese il viso tra le mani, con il pollice mi asciugò le lacrime.
E io iniziai a pensare a quanto era difficile stare con me: ero una di quelle che viveva di piccoli gesti e di attenzioni. Un fiore, qualche bella parola, una cena fuori, una canzone, una porta tenuta aperta per farmi passare per prima, uno sguardo ogni tanto.Ero una di quelle che davano peso alle parole, a quali venivano scelte, come venivano dette, al tono di voce, e le parole, quelle che segnavano dovevano dirle bene.
Ero una di quelle che non si accontentava mai. Non mi accontentavo di un amore mediocre, di una relazione mediocre o di un uomo mediocre.
Ero una di quelle che amava la propria libertà e proprio perché l'amavo mi rifiutavo di metterla da parte per il primo che prometteva amore eterno. Anche se per il MIO Daniel avrei fatto di tutto.
Ero una di quelle che era capace di mettersi a ballare senza musica sotto la pioggia. Solo per sentirmi un po' più viva.
Ero una di quelle che se c'era una strada dritta, spianata, distesa, sceglieva quella più tortuosa, più diroccata e insidiosa, ma che in un modo o nell'altro arrivava sempre, alla meta.
Ero una di quelle che non rimaneva zitta o indifferente se una cosa non le stava bene.
Ero una di quelle che NON tenevi in un angolo, perché se volevo stare in disparte mi ci mettevo da sola.
Ero una di quelle che NON sceglieva chi giurava amore o chi ostentava affetto in pubblico, anzi sceglieva quelli con l'anima in fiamme, delusi e feriti che per strappargli uno sguardo amorevole dovevi pregare, perché se sceglievi loro eri sicura che ti avrebbero distrutta prima o poi, ma ti avrebbero amata davvero.
Ero una di quelle che faceva ciò che voleva, come voleva e con chi voleva, anche pentendosene ma lo faceva perché in quel momento voleva così.
Ero una di quelle che indossava un sorriso e la sua armatura e non la vedevi crollare manco se ti impegnavi, anche se poi magari crollava in bagno, da sola.
Ero una di quelle che incassava colpi su colpi ma non cadeva, e se sarebbe caduta si sarebbe rialzata una volta in più.
Perché avevo imparato a toccare il fondo per avere più spinta.
Mi stropicciai gli occhi ormai asciutti dal pianto e baciai Daniel, così intensamente che mi meravigliai di me stessa.
Poi chiusi le palpebre e lui mi accarezzò i capelli. Rimanemmo così a lungo, finché lui non prese parola:
"Come vedi la tua vita tra dieci anni?"
Ci pensai a lungo, non mi ero mai fatta questa domanda, poi risposi:
"Mi vedrei felice. Abiterei in una piccola casa. Immersa nella tranquillità e nel silenzio, smorzato solo dal ritmo delle onde.
Ci sarebbero delle grandi finestre pensate per far entrare tanta luce e la dolce brezza dal sapore di sale, perché prima bacerebbe il mare, il nostro unico vicino e poi accarezzerebbe le tende, facendole danzare.
Mi vedrei scendere dal groviglio di coperte di cotone appallotolate sul letto, con i capelli stropicciati e in disordine e una canottiera semplice, con dei pantaloncini troppo grandi, che magari ho perso e ho smesso di cercare.
Sentirei il rontolo della macchinetta del caffè brontolare in cucina e scenderei e sorriderei vedendoti.
Tu, che prepari il caffè per noi e non importa se a me ora non piace, perché sono sicura che me lo farò piacere conoscendoti.
Mi ricordo ancora il primo giorno che ci siamo conosciuti, ricordi?""Certo come farei a dimenticarlo? Era un giorno d'inverno, fuori il vento era un turbine interminabile. Io ero seduto su un vecchio sgabello diroccato, di un colore oro opaco, in un bar millenario, e tu entrasti portando luce e calore a tutti quei visi cupi e seri, il mio compreso. Ti offrii un caffè per riscaldarti dal gelo, e tu rispondesti di sì, con un timido sorriso."
"CERTO MA STAVO GIÀ PENSANDO A QUANTO ERANO BELLI I TUOI OCCHI. TANTO CHE, DA QUEL GIORNO SE AVREI GUARDATO IL CIELO, LE STELLE SAREBBERO STATE IDENTICHE A LORO. E MI SAREBBERO PIACIUTE DI PIÙ, PERCHÉ MI AVREBBERO RICORDATO IL TUO VISO" risposi io, senza riflettere.
"Immagginerei te -continuai- nella nostra casa, venirmi incontro, abbracciandomi, baciandomi e porgendomi poi una tazza di cioccolata, perché in fondo lo avevi sempre saputo che io detestavo il caffè, dal primo momento che me lo avevi offerto e io mi ero lasciata scappare un'impercettibile smorfia che tu eri riuscito a vedere, ma non me lo avevi detto, perché quel mio modo goffo, impacciato e un po' infantile ti ricordava il mio essere bambina. Una bambina che voleva sembrare grande, ma che cercava solo qualcuno disposta a crescerla.
E tu, angelo mio, non hai esitato. Mi hai sollevato da terra con un gesto leggero riportandomi a casa, da quel giorno nessuno ci avrebbe più divisi."Le lacrime battevano contro le palpebre, ma cercai di respingerle.
"E adesso -dissi- siamo due innamorati."
"Già che strana storia." mi rispose lui.
"Ma dopotutto, due persone strane, come noi due, non potevano avere una storia banale." smentii io.
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IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)
ParanormalNeve una ragazzina timida, insicura, fragile. Non aveva avuto un passato facile e nemmeno il suo presente era da meno. Sedicenne, non sapeva esattamente cos'era l'amore, perché non gli era mai stato ricambiato. Un segreto di cui anche lei ne era all...