Lei era così piccola che sarebbe sparita nel mio abbraccio

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NEVE'S POV'

Sul pullman, guardavo fuori tristemente.

"Dovessi morire, troverò il mio sogno." dissi, come se nessuno potesse sentirmi. Ma sapevo benissimo che Daniel era lì vicino a me.
Sapevo che lui non mi avrebbe mai lasciata.
Ero, solo, troppo sconvolta.
L'avrei ringraziato più tardi.

Scendemmo dal pullman.
Una cittadina gialla, dai colori autunnali. Mi illuminò gli occhi.
Nonostante fosse piena estate, mi piaceva quell'atmosfera.
Le strade a doppie corsie. Erano circondate di alberi, dalle foglie gialle, arancioni e lilla. Alcune di queste erano riverse sull'asfalto, ma la maggior parte erano appese agli alberi. Come un ciondolo ad una collona. Come le braccia sulle spalle. Come le labbra di Daniel sul mio collo.

Mi sentivo una bambina.
Non lontano da lì, vidi un parco giochi.

"Daniel, andiamo lì?" chiesi entusiasta. Come se avessi avuto cinque anni, in gita con l'asilo.

Daniel acconsentì.
Mi prese per mano, trascinandomi fino all'altalena più lontana. Sapeva quanto amavo le altalene.

Si sedette sopra e mi fece accomodare sulle sue ginocchia.
Rimasi per un attimo immobile, poi mi convinsi e salii sulle sue gambe.
Lui con le mani mi accompagnò più vicino a sé e io mi lasciai cullare da lui e dal dondolio dell'altalena. Come un neonato nelle braccia della propria madre.

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DANIEL'S POV'

Lei adorava le altalene.
Appena l'aveva vista gli aveva corso incontro. Come se fosse stata una persona ad aspettarla a braccia aperte.
Ed io l'avevo ammirata correndogli dietro, ridendo come un'idiota.
Poi si girò di scatto. Per appoggiarsi all'altalena con le punte delle vans nere, puntandole nel terreno, per darsi la spinta e partire.
Mi guardò e mi invitò a sedermi sull'altalena accanto a lei. Prima di chiudere gli occhi e cominciare ad aumentare la spinta.
Mi fermai un attimo a guardarla, poi con una mano fermai l'altalena. La feci alzare facendola poi sedere sul mio corpo.
Le piaceva chiudere gli occhi sull'altalena, diceva che le sembrava di volare, di essere da qualche altra parte. Anche se in quel momento eravamo davvero da qualche altra parte e non sapevamo nemmeno dove.
Ed invece io non avrei desiderato essere in nessun altro posto, se non il suo.
Per poter rimanere incantato a guardarla.

Quanto era bella.

I lunghi capelli ramati, ormai quasi neri. Che da piccola aveva invece biondi, quasi trasparenti.
Le ciglia lunghe. La sua bocca, la sua maledetta bocca lievemente socchiusa, puntata al cielo. Il viso pallido.
Il vestitino stropicciato, con sopra una delle mie felpe giganti.
La guardai ancora ed ogni volta che i miei occhi s'incastravano nei suoi, io perdevo un battito.
Le gambe all'aria. Le sue gambe fin troppo magre. Le braccia esili saldamente attaccate alla catena. Quel braccialetto che tanto odiavo, avrei voluto strapparglielo via in un attimo, ma tanto non avrebbe cambiato le cose.
E poi lei era bella.
Tanto da farmene dimenticare.

Piegò la testa all'indietro ed una risata improvvisa, riempì il suo viso. Di una luce magnetica.
Quanta perfezione.
Molti non la capivano. Ma io sapevo che dietro quella ragazzina ribelle e sfrontata. Si nascondeva una bambina cresciuta troppo in fretta, spaventata dal mondo che la circondava e dal peso delle sue azioni che era costretta a rivivere ogni singolo giorno della sua vita guardandosi allo specchio.

Nessuno l'aveva mai capita davvero!
Lei non lo permetteva. Ringhiava ogni volta che qualcuno si avvicinava più del dovuto.
A volte mordeva e faceva male.
Ma io ero l'unico ad averla capita veramente.
Lei lo sapeva e mi amava quanto io amavo lei.
Lo sapevo, glielo leggevo negli occhi.
Aveva degli occhi così grandi eppure sembrava non riuscisse a vedere il mondo.

Quanto era bella su quell'altalena!
Dannatamente bella.
Lei era fuoco che bruciava.
Non potevi fermarla, una come lei.
Era uno spirito libero.
Le piaceva avere il potere.
Lo faceva anche con me. Ma io ero attratto dal suo potere. Lei lo sapeva che gli piacevo. Ed io sapevo di piacerle.
Con me non poteva mentire.
Sapeva di avermi in pugno. Come io sapevo di pendere dalle sue labbra.

Si lasciò dalla catena, più volte. Anche a rischio di cadere.

Ma lei adorava rischiare. Le piaceva il brivido.

I minuti passarono e io rimasi lì sotto di lei a guardarla. Cercando un modo per distogliere lo sguardo. Ma era impossibile, lei era più di una semplice ragazza.

Così indifesa, stupida, divertente.
Lei era tante pagine.
Ma le persone non facevano altro che fermarsi alla copertina.
Sarà che era così bella da far paura.
Ma quello che faceva paura a me, era ben altro.
Era quello che provavo per lei.

Vederla su quell'altalena leggera, libera da quei pensieri che la incatenavano. Per un attimo mi fece venire la pelle d'oca.
La paura di poterla perdere.

Ed io l'amavo, l'amavo troppo.
Volevo salvarla, volevo tenerla con me.
Volevo proteggerla, dicendogli che io ci sarei sempre stato con lei. Baciandola. Abbracciandola. Che lei era così piccola che sarebbe sparita nel mio abbraccio.

IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora