I swear you are my angel

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L'acqua era gelata ma trasparente.
Eppure dalla sabbia l'avevo sempre vista azzurra.
Guardai l'acqua.
Guardai il mare.
Guardai la sua trasparenza.
Fissai un punto all'orizzonte.

E dissi:

"È questo il mondo in cui vorrei scappare."

Daniel mi guardò.

Io lo guardai.

"Andiamo da questa parte." disse con voce cristallina.

Lo affiancai.
Mentre nuotavamo verso la riva, che era abbastanza lontana. Mi tenevo il più possibile vicino a lui.

Quell'acqua così limpida e cristallina di giorno. Aveva assunto il colore della pece, man mano che andavamo avanti.

Non riuscire a vedere il fondale stava iniziando a spaventarmi.
Di colpo mi balenarono nella testa tutte le immaggini di quegli stupidi documentari. Che parlavano dei pericoli degli abissi e raccontavano le testimonianze dei sopravvissuti ad attacchi di squali o meduse. Tutti avvenuti di notte, ovviamente.
Il panico stava, lentamente, prendendo spazio dentro di me.
Ero appiccicata a Daniel e ogni tanto le nostre mani cozzavano. Per la mia troppa vicinanza.

Poi... Successe l'impensabile.

Qualcosa mi afferrò la caviglia.
Trascinandomi giù, sempre più giù.

Mentre affondavo, pensavo al mondo esterno. Era un enorme e misterioso messaggio che mi avevano fatto vedere per pochi secondi. Ed ora mi DOVEVO aggrappare a quei pochi secondi senza ricordare alcun particolare.

Sentivo come se non potevo più vedere.
Ma non era così, se abbassavo lo sguardo vedevo del nero e se lo alzavo del bianco.
Era come se quei due colori. Nettamente distinti. Mi stessero soffocando.

Sentivo rabbia e tristezza pervadermi il corpo.
La testa, le vene, il cuore, il sangue.

La paura entrò in tutte le mie fibre e finalmente decisa a piangere.
Piansi, lasciando che l'acqua mi bagnasse. E portasse via quelle goccioline salate che rivestivano la mia pelle e i miei occhi da tanto. Troppo tempo.

Schiusi le labbra.
Facendo contrarre i muscoli delle spalle e del petto.
Mentre cercavo di combattere la battaglia che avevo dentro.
La presa di quella morsa alla caviglia.

La converse scivolò via.

E non vidi più nulla.
Solo buio.

Spalancai gli occhi senza vedere nulla.
Cercavo di abituare le pupille al buio, ma non ci riuscivo.

Il nero mi circondava e per la prima volta iniziai ad averne paura.

Paura dell'ignoto. E di quella sconosciuta sensazione che mi premeva sullo stomaco.

Iniziai a fare fatica a capire quando tenevo gli occhi chiusi e quando aperti.
Tutto quel nero mi stava facendo affogare.

Presi una boccata profonda. Ma me ne pentii subito. I muscoli dell'addome si tesero, facendomi emettere un gemito di dolore.

Mi portai una mano allo stomaco.
Mentre mi morsi il labbro inferiore.
Un dolore lancinante mi trafiggeva tutta la parte centrale del corpo. E tirando su gli zigomi, stringendo i denti, sentii un fastidio alla guancia.
Cercai di riprendere un respiro regolare, strizzando gli occhi. Assicurandomi che fossero chiusi.

Con le palpebre serrate riuscii a immaginarmi Daniel.
Stavo solo pregando che mi trovasse in tempo. Giusto il tempo di dirgli ancora una volta che lo amavo.
Giusto il tempo, di una vita eterna insieme al MIO ANGELO.

E poi un rumore. Freddo. Di qualcosa contro la guancia.
E poi di nuovo Daniel.

Quando l'avevo visto per la prima volta, non avevo provato niente. In quel periodo tutti mi trasmettevano rabbia e rancore, invece LUI.
LUI era il niente.
Era stata l'unica persona capace di azzerarmi.

Quello che mi legava a LUI non era la passione. Ma la calma.
LUI era la quiete in mezzo all'uragano.
Il mio uragano.

Svenni.

SPAZIO AUTRICE:

My readers spero che anche questo capitolo vi abbia coinvolto.
Non esitate a dirmi come la trovate, con un commento o una stellina.
VI VOGLIO TANTO BENE ❤

IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora