Distesa, in una posizione leggermente ambigua sul letto, chiusi gli occhi.
Ricordavo ancora, la prima volta che avevo sentito la pioggia.
Ero piccola, o almeno io mi credevo molto piccola.
Me ne stavo spaparanzata sul letto, le gambe sul muro bianco dove l'intonaco pian piano si sgretolava, che cercavano di raggiungere, seppur invano, il soffitto, finendo per fare una capriola e ritrovarmi per terra. Anche se quello che avevo in India non poteva definirsi un vero e proprio letto: era un pezzo di stoffa sgualcito, in mezzo a una stanza umida e immensa, con tanti piccoli rametti accatastati uno sopra l'altro, che con un po' di immaginazione davano forma a un cuscino.Ero concentrata a guardare il soffitto, fino a che un tuono risuonò per tutta la casetta di legno.
Imperturbabile s'impadronì di quel cielo scuro, denso di pioggia e odorante di nuove certezze.Spaventata corsi alla finestra e sgattaiolai nel balconcino.
L'immensità della pioggia mi sorprese.
La sua forza, la sua determinazione, e il suo rumore.
Non mi ero mai soffermata su niente. Ero sempre stata immersa nelle mie cose, dove potevo avere il controllo. Il pieno controllo.Nella scrittura, ad esempio, ero io che dettavo legge: i miei personaggi divenivano esattamente ciò che le mie mani creavano.
Nessuno disobbediva.
Tutto ciò che scrivevo al tempo, di primo pugno e di totale fantasia, si formava sui miei pensieri e sulle sensazioni di quel dato giorno.La pioggia mi stupii, poiché non potevo averne il controllo.
I miei occhi si riempirono di quell'immensità, di sensazioni mai provate.
Brivido. Palpito. Tremito. Emozione. Turbamento.
Scivolai lentamente a terra, appoggiando la schiena al muro, lasciando che l'acqua mi calmasse.
La pioggia riusciva a calmarmi, da quel giorno capii che il tempo, in un modo o nell'altro, riusciva a rispecchiare il mio stato d'animo.Oggi ad esempio non avrei voluto nè vedere nè sentire nessuno.
Margherita era uscita con un ragazzo che aveva conosciuto sul lavoro, di cui mi avrebbe raccontato tutto, appena sarebbe tornata a casa.
E io contemplavo la patina di pioggia che si era formata sul vetro della finestra-balcone.
Finché non vidi una pietra rimbalzare sulla superficie piatta. Poi un altra. E dopo pochi secondi una manciata di pietre colpì violentemente il vetro, scheggiandolo.
Infuriata, aprii la persiana, tirando su la zanzariera, urlando contro il presunto vandalo:"Mi spieghi i tuoi problemi?" accecata dalla rabbia, mi accorsi solo dopo aver messo a fuoco, che il vandalo in questione era Josh.
"Volevo vederti" mi spiegò, con quel suo atteggiamento spavaldo.
"Io invece no!" annunciai, prima di rientrare nella stanza, abbassando la zanzariera e chiudendo la finestra.
La testa improvvisamente mi si fece pesante.
Il corpo, prontamente abbandonò ogni controllo.Ed era strano come determinati momenti della propria vita si ricordavano e basta. Non si ricordava mai il fatto in sé, ma le sensazioni.
Ero lì inerme, attaccata a quel muro, con gli occhioni scuri spalancati a fissare il vuoto.
Non avevo mai provato niente di simile.
La prima goccia di pioggia ed io che la osservavo. Quell'immenso spostamento tra il cielo e la terra, quel silenzioso passaggio naturale, quel modesto rapporto a unico binario.
Il suo continuo ritmato rintocco. Sapevo che mi avrebbe fermata, toccata, sentita.La pioggia che con la sua forza, batteva incessante sul vetro. Il suo rumore che creava piccoli ticchettii. Il suo profumo che mi inebriava il naso. Le gocce che si rincorrevano sul vetro, creando una storia tutta loro.
E io lì, appoggiata a quel muro creavo la mia, tracciando linee indefinite con i polpastrelli e seguendo le goccioline fino alla loro meta.Il primo rumore.
La prima musica che mi aveva accompagnata in questo mondo.
La prima cosa vera, in questo ambiente troppo falso e superficiale.
E questo fu solo l'inizio dell'amore infinito che iniziai a provare verso di essa.
Solo l'inizio di pensieri pieni di pioggia, anche in una giornata piena di sole.Dopo diversi minuti il campanello prese a trillare interrottamente.
Mi alzai dal letto controvoglia, strisciando i piedi avvolti da calze di lana, fino alla porta. Dopodiché alzai la cornetta.
"Vieni giù! Dobbiamo parlare" la voce di Josh mi trapassò la testa.
"Sei solo un emerito idiota! E io con le persone di basso livello, non ci parlo" gli risposi, soddisfatta di essere riuscita a tenergli testa.
Ma la sua frecciatina non tardò ad arrivare, facendomi rimanere imbambolata alla cornetta.
"Sai cosa ti dico? Io ti amo Neve. E sì, sono stato uno stupido a darti "buca" quel giorno, ma ero così confuso. Non avevo mai provato nessun tipo di sentimento fino ad ora e scoprirlo con una persona come te è stato... È stato sconcertante, travolgente e impensabile. Ma dammi ancora una possibilità. Una sola, ti prego" la sua voce era lagnosa e il panico prese il sopravvento sulle mie azioni.
Incerta sul da farsi. Spaesata su cosa rispondergli. Riattaccai la cornetta al muro, per poi stendermi a pancia in giù sul tappeto rosa, che circondava l'entrata, chiudendo gli occhi e attappandomi le orecchie con un cuscino rosa cipria.
Volevo solo stare sola. E pensare.
SPAZIO AUTRICE:
Ehi, come state My Little Readers?
Allora non so se avete ben afferrato questo capitolo, mi spiego meglio: la parte scritta in corsivo minuscolo, indica la giornata in cui Neve, da piccola, ha visto e sentito per la prima volta la pioggia. Mentre l'altra parte è lei adesso che "incontra" Josh.
Se avete dei dubbi per come l'ho scritto, ditemelo, che lo modifico subito.
Cosa succederà secondo voi fra Josh e Neve?
Vi adoro💕

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IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)
ParanormaleNeve una ragazzina timida, insicura, fragile. Non aveva avuto un passato facile e nemmeno il suo presente era da meno. Sedicenne, non sapeva esattamente cos'era l'amore, perché non gli era mai stato ricambiato. Un segreto di cui anche lei ne era all...