DANIEL'S POV'
Il nero terrorizzava l'angelo.
Mentre il bianco l'aveva da sempre attratto.
Il bianco non era una vera assenza di colore.
Era una cosa brillante e affermativa.
Feroce come il rosso. Definitivo come il nero. Ma immensamente vuoto.
Era il colore sfacciato del pudore.
Era il profumo dei colori.
Il bianco, ancora più del nero laddove usato nella sua purezza era uno dei colori più difficili e meno imparziali che esistessero, usato in quantità massicce ci si ritorceva contro.
Diventava indifferente solo in apparenza.
In realtà l'indifferenza non esisteva. O almeno così pensava l'angelo.
Nulla era indifferente.
Era un abbaglio, un alibi. Equivaleva all'apatia.
I vetri, il bianco: erano materia, colore, vita. Anche se vuoti.
Il bianco era un mondo così alto rispetto a noi, che quasi non ne avvertivamo il suono.
Era un nulla prima dell'origine.
O forse nella sua essenza il bianco non era tanto un colore.
Era l'assenza visibile del colore e al tempo stesso la fusione di tutti i colori.
Era forse per questi motivi che c'era una così muta vacuità, piena di significato, in un vasto paesaggio nevoso.
Forse era per questo che l'angelo rimaneva allibito ogni volta che un piccolo fiocchetto di acqua ghiacciata varcava l'ozono e si appoggiava sulle sue soffici ali.
Ogni cosa, ogni emozione, era un colore.
Il silenzio invece, era bianco.
La demone odiava il bianco.
Era un colore che non sopportava, non aveva confini:
Passare una notte in bianco. Andare in bianco. Alzare bandiera bianca. Lasciare il foglio in bianco. Avere un capello bianco.
Anzi il bianco, per la demone, non era nemmeno un colore.
Non era niente, come il vuoto.
Un niente senza parole, scritte o suoni.
In silenzio: in bianco.
Il nero era l'assenza della luce. Ma il bianco lo era della memoria, il colore del non ricordo.
Il colore bianco era veleno per un quadro: andava usato solo per i dettagli luminosi.
L'angelo amava l'arte.
Aveva già assistito a diverse mostre.
Guardare un quadro, un opera per lui era come entrare in un nuovo mondo.
Più scrutava quelle tele perfette, più credeva di riucire anche lui a pitturare tale perfezione.
Faceva caldo, quel pomeriggio.
Troppo caldo per fare qualsiasi cosa.
Trovò un foglietto stropicciato per terra e una pietra rossa. Di quelle porose che se le sfregavi lasciavano scie arancioni.
Si sdraiò sull'erba. L'unica superficie fresca che trovò. Distese il foglietto, troppo stropicciato e già macchiato d'inchiostro.
E con un gesto fluido e delicato tracciò qualche riga. Poi un cerchietto. Ed infine due archetti.
Dopo all'incirca un'ora soddisfatto del lavoro svolto, stiracchiò le braccia e le mani ormai intorpidite. Prese il foglietto alzandolo verso il riflesso di un sole che ormai stava tramontando.
E notò di aver dato forma al viso della demone.
Linee morbide formavano il viso ovale della giovane donna. Delle righe delineavano la frangia dei capelli neri, troppo lunghi perché ci stettero in quel foglietto. Cerchietti formavano la bocca, carnosa e rossa che le conferiva un'aria più spensierata. Piccole rughe d'espressione sotto gli occhi ed intorno agli angoli della bocca lasciavano trasparire l'emozioni che poteva provare in quel momento.
Soddisfatto del risultato piegò il foglietto mettendolo dentro al giaccone che aveva accasciato vicino ad una panchina.
Stanco e assonnato distese le braccia sotto la testa. Ispirò un lungo e pesante respiro.
Chiuse gli occhi.
E con i piccoli raggi del sole, ormai rosso che si ritiravano, si addormentò.
Sognando il viso della demone che era riuscito a ricreare.
SPAZIO AUTRICE:
Ehilà!!
Come state My Little Readers?
Che ne pensate di questo capitolo?
Voi preferite il bianco o il nero?
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IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)
ParanormalNeve una ragazzina timida, insicura, fragile. Non aveva avuto un passato facile e nemmeno il suo presente era da meno. Sedicenne, non sapeva esattamente cos'era l'amore, perché non gli era mai stato ricambiato. Un segreto di cui anche lei ne era all...
