Un papavero fra i capelli

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L'angelo fece brillare l'ultima piuma per arrivare fino alla città Alta. Sentiva che doveva andarci.
Mentre volava, anche l'ultima piuma svanì in luce.
Così dovette iniziare a correre. E correndo salì le scale.
Mancava poco all'alba e in giro non c'era nessuno.
L'angelo non trovò la sua demone. Così iniziò, impaziente, a scendere. Un gradino dopo l'altro, la città sempre più grande in basso, il cielo sempre più lontano.

La demone stava salendo le scale.
A un tratto si fermò, sentendosi persa.
Cercò una panchina con lo sguardo, e appena la trovò vi si stese sopra. Aspettando.

L'angelo scese gli ultimi gradini, quelli di pietra e muschio, che portavano alla città Bassa.

E all'improvviso vide una donna distesa su una panchina.
L'angelo si avvicinò. La luna illuminava i suoi capelli d'argento, e vide che era bella e sola come un sogno abbandonato.

"Sei tu." provò a sussurrare.

L'angelo ricordava: ricordava quando era solo una stella, immobile ed eterna, ricordava quando guardava la Terra da lontano, osservando tutto, non vivendo nulla, ricordava quando, per uno strano destino, i suoi occhi di stella avevano incontrato gli occhi di una demone.
E per la prima volta non si era sentito solo.
In quel momento gli stessi occhi che lo avevano visto cadere nel mondo, si aprirono e lo guardarono:

"Tu chi sei?"

"Sono un uomo." mormorò l'angelo.

"Mi sembra di averti già incontrato -la donna dai capelli d'argento si alzò, forse ancora confusa da un sogno strano- in un luogo molto lontano da qui..."

"Sì. Sì, ci siamo già incontrati."

Gli occhi della donna si riempirono di lacrime e ricordi:

"Tu... No, non è possibile. Non erano d'ambra i tuoi capelli, non erano così belli i tuoi occhi. Sei cambiato, eppure sei tu. Dopo che ti ho tanto cercato, alla fine sei venuto da me."

"Sì, sono tornato."

L'angelo le sorrise e la demone non riuscì a contenere la felicità. Mancava poco all'alba, e la luna splendeva, illuminata dai raggi del sole nascente.

La luna non era sola.

E la demone pianse, pianse di felicità, e il suo angelo lasciò che lei pianse, abbracciandola in silenzio.
Dopodiché s'incamminarono insieme, tenendosi per mano, e la demone lo guardò.

"Che strano riconoscersi, eppure giocare a guardarsi." sembrava volesse dirgli.

Lui aveva gli occhi scuri. Sembrava che in quello sguardo morbido e profondo si nascondevano i volti di tutti gli uomini che avevano fissato quegli occhi. E gli abiti? Logori, come quelli di chi ha dormito sotto le stelle. E la voce? Dolce, ma anche ferma, di chi ha qualcosa da dire.
Quante cose aveva da raccontare, quanta voglia aveva di starlo a sentire.

L'angelo e la demone cominciarono a parlare. E tutto il dolore che, la donna dai capelli d'argento aveva vissuto, le sembrava nulla in confronto alla felicità di aver raggiunto l'angelo tanto cercato.

E mentre la demone parlava, l'angelo la interruppe all'improvviso:

"Il tuo nome. Non conosco ancora il tuo nome."

"Mi chia-chiamo Nix."

"Sì, questo è il nome per lei -pensò l'angelo- è così chiara, e tuttavia come dentro di sé trattiene un velo nero di buio e dolore. In lei s'incontrano gli occhi azzurri del giorno e l'urlo nero della notte."

Passarono vicino a un campo di papaveri. Erano fiori meravigliosi, nonostante stessero avvizzendo.
All'angelo venne in mente il tramonto del professore, uno spettacolo di una bellezza struggente, la bellezza di una fine.

Nix stava parlando, ma l'angelo le posò un dito sulle labbra. A quel punto, lei tacque, ma la sua bocca rimase dischiusa.
Restarono immobili, mentre lui la guardava negli occhi. Poi si allontanò pian piano da lei, distogliendo lo sguardo, voltandosi, e mentre il sole tramontava dietro di lui, entrò nel campo di papaveri. Ne colse uno. Lo accerezzò.

"Ha la stessa fragile bellezza di un tramonto, e della mia Nix."

L'angelo l'aveva guardata per un eterno istante. Poi si era allontanato. Andando a cogliere in papavero in un campo che costeggiava la strada.

"Ricorderò per sempre questa immagine." pensò la demone.

L'angelo teneva il papavero con delicatezza, come se lo stesse cullando.

Tornò di fronte alla sua demone. Lei lo guardò. Lo vide per la prima volta: era splendente. E c'era una luce nei suoi occhi scuri. Era il sole riflesso? No, qualcosa di più... L'angelo continuò a guardarla. Il tempo era immobile. Il vento giocava con l'orlo della sua camicia bianca, solo un'illusione. L'angelo le infilò il papavero tra i capelli.
Abbassò gli occhi, e la demone capì che questo momento magico era finito.
L'angelo ricominciò a parlare, ma niente era più come prima.

E infine, si avviarono verso l'appartamento dove aveva abitato Giacomo, che prima di andarsene aveva regalato all'angelo la chiave di casa sua. Il vento portò via il papavero dai capelli di Nix. Ormai erano nella città Alta, sulle mura, e il fiore volò via, verso la città Bassa.

Avevano parlato per tanto tempo, ma c'era qualcosa di Nix che sfuggiva all'angelo, come poco prima era sfuggito dai capelli di lei il suo fiore rosso, qualcosa che l'angelo non riusciva a catturare.

La demone aveva un segreto, e l'angelo lo percepiva. Ma qual'era? Era inutile farsi domande. Prima o poi, forse, glielo avrebbe detto lei.

E intanto si fece tardi, e l'angelo iniziò a sentirsi sempre più stanco.

Erano arrivati all'appartamento di Giacomo. Entrarono. C'era ancora il bicchiere con la fragola. L'angelo si sdraiò sul letto, appoggiando la testa sul cuscino.

" addormenterà?"

L'angelo chiuse gli occhi, e tacque, dopo aver tanto parlato. La demone lo guardò mentre fingeva di dormire. Era bello. Che piacere vederlo così piccolo e fragile: quando era in piedi e la guardava, le pareva indistruttibile. Così invece sembrava un bambino.

Nix non aveva mai provato per Argento, ciò che provava guardando il suo angelo che dormiva. Le venne un'irrefrenabile voglia di stringerlo delicatamente a sé, di cullarlo. E pensava che volesse ricordarlo così, per sempre, voleva tenerlo dentro di sé, il suo volto di bambino.

"Invecchierai angelo mio, perché siamo solo mortali, e le rughe ti circonderanno gli occhi come piccoli sorrisi, ma per me sarai sempre questo ragazzo dai capelli d'ambra che dorme su questo letto, per me sarai sempre il giovane che ha colto in un campo un papavero e me l'ha infilato tra i capelli..."

L'angelo sentì il respiro della demone su di sé, ma non osò aprire gli occhi. Immaginava che lei lo stesse guardando, ed era felice.
Non pensava a niente, e aspettava solo che lei si avvicinasse. Anche l'attesa era dolce, se si era innamorati.

Nix si avvicinò, sfiorandogli il volto con le dita.

"Mentre ti accarezzo i capelli e il viso e tu non fai ancora niente che tradisca un'emozione, penso a quel papavero che hai raccolto nel campo. Quel papavero che il vento ha portato via. Mi abbandono senza dire nulla. Penso solo ad accarezzarti, non penso a cosa accadrà, non penso che Argento ci potrebbe trovare da un momento all'altro, non penso che potrai farmi soffrire, che potrò farti soffrire...
Da quando hai riaperto gli occhi, non penso più a nulla.
Ci sono solo i miei occhi.
E i tuoi.
E le tue mani.
E le mie."

SPAZIO AUTRICE:

Ehilà, come state My Little Readers?

Che ne pensate di questo capitolo?
Troppe emozioni (?) Troppe sorprese (?)

Era diciamo, un po', il capitolo importante della storia di Neve e Daniel (del passato)

Spero vi sia piaciuto anche questo!

Vi adoro 💕

IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora