NEVE'S POV'
L'aria dopo la prima pioggia primaverile, profumava di bagnato. Di buono. Di dolce. Di sicuro. Assomigliava tanto ad un paio di braccia forti. Muscolose. Rassicuranti. Proprio come quelle del mio Daniel.
Insomma io sapevo che potevo sempre contare su di lui era la mia roccia, la mia ancora.
Ma io cos'ero per lui?
Niente.
Era lui a sorreggermi. Io non facevo niente per lui. Mi limitavo ad esistere complicandogli la vita.
Mi ero promessa che avrei trovato un modo per ripagarlo di tutte le cose che aveva fatto per me.
Ed era giunto il momento.
CAMBIARE LA MIA VITA, MA STAVOLTA PER SEMPRE.
Le cose erano due:
-allontanarmi da Daniel. Facendogli vivere finalmente una vita degna di essere vissuta con qualcun'altra che l'avrebbe reso di certo più felice.
-scoprire di più sulla mia famiglia.
Eterna indecisa.
Alla fine mi limitai ad optare per entrambe.
Avrei scoperto di più sulla mia famiglia MA senza lui accanto.
Perché dopo tutto era la cosa migliore per entrambi o forse solo per lui. Ma non importava.
Mi alzai dal letto. Mi lavai velocemente il viso. Indossai i primi vestiti che trovai dentro l'armadio di mogano scuro. Afferrai una borsa, capiente e nera e ci infilai tutte le mie cose alla meglio bene. E per ultimo, sopra a tutto, per non dimenticare niente di NOI. Una t-shirt bianca di Daniel e una foto di noi due che ci guardavamo negli occhi. I suoi così luminosi che avrebbero fatto impallidire anche il cielo. Mentre ci facevamo la lingua con lo sfondo del mare all'alba che incorniciava i nostri corpi scuri.
Come avrei fatto a dimenticarlo?
Molto probabilmente non ce l'avrei fatta.
Ma era giusto così.
Gli diedi tanti piccoli baci. Prima sulla fronte. Poi sugli occhi. Sulle labbra finendo sul collo.
Rimanendo stupita poiché non fece neanche una smorfia quando gli sfiorai l'incavo del collo. Il suo tallone d'Achille.
Scesi le scale con estrema lentezza e lasciai una lettera al centro del tavolo consumato della cucina indirizzata alla nonna e a Daniel.
Ad ogni passo che facevo il mio cuore accelerava sempre di più.
Le gambe mi tremavano.
Le mani mi sudavano.
Gli occhi mi si chiudevano.
La gola mi si seccava.
Uscii dalla porta pronta per un nuovo inizio.
L'inizio della mia vita senza l'essenziale.
Ovvero la mia fine.
Insieme a tutti quei sogni che non avevo mai realizzato. Insieme a tutte le speranze che avevo perso o che dicevo di aver perso. Ma in realtà tenevo strette la notte e le stringevo forte fino a quando non sentivo dolore. Che non ci metteva mai tanto ad arrivare. Perché in fondo era sempre lì a ricordarmi che qualcosa mi mancava.
E da adesso sarebbe arrivato ancora più velocemente.
C'era un tempo per restare e un tempo per decidere di andare. E purtroppo non avevo mai capito quale fosse il momento giusto per dire addio. L'avevo sempre trovato difficile, quasi impossibile, lasciar andare qualcuno. Dimenticarlo del tutto. Riporlo nel cassetto.
Una volta fuori da quelle quattro mura rosa pallide. Presi a camminare ascoltando le suole delle mie vans calpestare l'asfalto bollente. Adoravo quel fievole rumore, potevo stare ore ad ascoltarlo, perdendomici all'interno.
Ma ad un certo punto quel rumore, che tanto amavo, divenne assordante.
La testa prese a girarmi. La fronte a scottarmi. Le ciglia appesantirmi. Finché non caddi per terra, su una superficie granulosa e profumata.
La spiaggia.
Guardai il telefono segnava le quattordici.
Questo voleva dire solo una cosa: ero svenuta ed ero rimasta lunga e distesa per ben sette ore in un limbo. Dalla stanchezza mi ero addormentata con il vento addosso.
Qualcosa colpii la mia faccia e le mie gambe nude.
Aprii di più gli occhi e mettendo a fuoco notai dell'acqua. Poi della spuma bianca e infine dei granelli d'oro.
La spiaggia. Il mare.
Più guardavo davanti a me più realizzavo quanto tutto quello mi sarebbe mancato.
Io l'avevo sempre amato il mare. Da quand'ero piccola.
Stavo perennemente in acqua fino a consumarmi le mani.
Poi, avevo iniziato a provare qualcosa per il mare. Sì esatto, avevo iniziato a PROVARE qualcosa.
Era un sentimento misto tra paura e ammirazione per la sua grandezza.
Il mare era potente, come un'onda. Poteva portarmi via con sé per sempre.
Crescendo, d'estate, verso le sette di sera. Quando il sole tramontava e la spiaggia era isolata, mi mettevo sulla riva e interrogavo il mare.
Mi ero creata una legenda per capire cosa il mare volesse dirmi: se l'onda riusciva a toccarmi i piedi era "sì", se non ci riusciva era "no".
E mi ricordavo ancora adesso i discorsi che facevamo. Io e lui.
E sentivo la mancanza, ogni tanto, del mio mare di quello in India. Dell'intesa che c'era. Che si era creata. Riusciva a farmi capire tutto nel silenzio. Tra un'onda e l'altra.
E tutto questo mi sarebbe tremendamente mancato.
Perché ero riuscita ad affezzionarmi anche a questo pezzetto di mare.
Ancora una volta non ero riuscita a tenere i miei sentimenti da parte.
SPAZIO AUTRICE:
Cosa pensate del comportamento di Neve?
Secondo voi è troppo paranoica?
Starà facendo la cosa giusta?
Lasciate il vostro parere nei commenti!
Grazie mille MY LITTLE READERS vi voglio tanto bene ❤
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IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)
ParanormaleNeve una ragazzina timida, insicura, fragile. Non aveva avuto un passato facile e nemmeno il suo presente era da meno. Sedicenne, non sapeva esattamente cos'era l'amore, perché non gli era mai stato ricambiato. Un segreto di cui anche lei ne era all...
