Ero sul pullman, cuffiette nelle orecchie, musica al massimo, e finalmente il mondo in silenzioso.
Stava piovendo, tante goccioline ricoprivano il mio finestrino e io rimanevo lì ad ammirarle come se fossi stata una bambina spensierata.
D'un tratto vidi una donna sulla cinquantina avventurarsi in un bosco con un ombrello in una mano e una lanterna nell'altra.
Anche mentre le ruote del pullman continuavano a correre veloci io continuavo a rimanere ammaliata da quella donna, e quando ormai mi sembrava di averla persa di vista, me la ritrovai di fianco.
Non capivo com'era potuto succedere...Visioni? Allucinazioni? Pazzia? Insonnia? Avevo letto troppi libri, e adesso ne riportavo le conseguenze? Troppo Netflix?
Chiamatela come volete, ma io ero certa che fosse la stessa persona.
Avrei voluto parlarle, scoprire altre informazioni su di lei, mi sembrava di conoscerla da tempo, ma in realtà non sapevo chi fosse.
Era come se dall'altra parte del pullman ci fosse stata una calamita che mi spingeva sempre di più, fino ad allontanarmi dalla signora. Fino a non farmi scoprire la verità.
Mi avevano sempre chiamata Neve, ma non ero sicura che fosse il mio vero nome.
Ero sempre stata una ragazzina indiana, acqua e sapone, con dei banalissimi occhi marroni. Sempre con un libro in mano e le cuffiette nelle orecchie. Ma purtroppo la vita mi aveva privato dell'unica felicità: avere una famiglia.
La mia vita non era mai stata facile. Avevo dovuto sempre andare avanti anche quando le forze mi abbandonavano e quando ero troppo stanca per lottare.
Ero qui con i miei sedici anni, quasi diciassette, pieni di esperienze che non avrei mai voluto provare. Anni sprecati, buttati al vento, senza aver ricevuto mai amore e affetto, calore e carezze.
Ero qui da sola, senza sapere se in giro, chissà dove, c'erano dei miei fratelli o comunque dei miei parenti.
Io amavo l'India e non avrei mai voluto allontanarmi dal mio paese, dai miei odori, dalle mie tradizioni.
Insomma se ero ancora viva era anche grazie al mio paese, che in qualche modo, si era sempre preso cura di me.
Ma se volevo veramente sapere le mie origini, il mio passato e quindi anche il mio futuro: dovevo viaggiare, scoprire, imparare ad amare, e a essere amata.
Ed ero sicura che con un passo alla volta, ce l'avrei fatta.
Questo pullman mi stava portando in un luogo nuovo, per me sconosciuto, l'Italia.
Arrivata all'areoporto mi affrettai a prendere il primo aereo: quello delle dieci.
Feci passare il tesserino e finalmente sopra, mi sentii pronta per volare in un altro mondo.
Due sedili vuoti accanto a me, lo sapevo che sarebbe stato un viaggio solitario, lo sapevo fin dal principio. Alla mia destra, oltre l'oblò oscurato, il mondo. Sì, insomma, ora c'era il signore panciuto della camionetta bagagli ma, una volta decollato, sarebbe stato il mondo.
Mi distesi sui posti 23 e 24D.
-Viaggio solitaria- pensai. Quanto sbagliavo.
Era la prima volta, che scrivevo solo per me.
Si diceva che chi teneva un diario, lo faceva nell'incoscia speranza che un giorno qualcuno inciampasse nelle sue parole, fosse anche l'autore stesso, ormai appassito.
Eppure quel giorno scrivevo per me e con le lettere che gocciolavano sul foglio costruivo la mia armatura.
Era facile decidere di partire senza curarsi di voltare il capo indietro, immaginando il domani a fotogrammi, prima qui, poi lì, poi qua.
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IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)
ParanormalNeve una ragazzina timida, insicura, fragile. Non aveva avuto un passato facile e nemmeno il suo presente era da meno. Sedicenne, non sapeva esattamente cos'era l'amore, perché non gli era mai stato ricambiato. Un segreto di cui anche lei ne era all...