Un tuffo nel passato

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NEVE'S POV'

A dodici anni non ero una di quelle ragazzine timide, che amavano stare sole.
Anzi, amavo essere circondata da tanti amici.
Ero molto espansiva, estroversa, solare.
D'altronde come potevo non esserlo?
Attorno a me avevo persone che riuscivano a trasmettermi solo positività, come per esempio Daniel...

Nella mia classe un giorno era arrivato un nuovo ragazzino, davvero particolare.
Mi fece sorridere quando lo vidi per la prima volta.
Capelli mossi gli coprivano parte del viso paffuto. Ed occhiali con una montatura blu gli incorniciavano gli occhi.
Gli occhi verdi con delle venature viola, mi fecero fin da subito sussultare.
Appena alzò gli occhi, e raddrizzò le spalle. I nostri sguardi si incatenarono.

Lo osservavo incuriosita. Seguendo ogni suo piccolo movimento e ascoltando ogni breve parola sussurrata davanti all'intera classe.

"Sono Daniel." si presentò. Con le guance che gli diventavano via via più rosse, fino quasi ad assumere lo stesso colore della maglietta che indossava.

Era un ragazzino strano. Ed io ero affascinata dalle persone che in qualche modo si distinguevano dalle altre.

Aspettai con ansia la ricreazione, per avere l'occasione di parlargli.

Mi avvicinai a lui per presentarmi.

"Ciao sono Neve, ti va di essere mio amico?"

Di solito, a quella domanda, i ragazzi scoppiavano a ridere. Sembrava una frase un po' troppo diretta.
Ma, almeno, di solito rispondevano qualcosa.
Lui no.
Daniel si limitò semplicemente ad alzare lo sguardo dal suo quaderno per osservarmi.

Ed a quel punto il nostro sguardo si incatenò di nuovo.

Mi fissò per qualche lungo secondo. Prima di cambiare direzione e scrutare qualcosa in cielo. Quello non fece altro che accrescere la mia curiosità.

Nei giorni seguenti riprovai più volte ad avere un dialogo con lui. Ma l'unica cosa a cui sembrava dare importanza era il cielo.
Anche se non gli davo tutti i torti.
In fondo in questi giorni il cielo era bellissimo ed anch'io avevo sempre avuto questa fissa.

Il suo quaderno era pasticciato di stelle. Lune. Soli. E nomi scentifici. Che solo dopo un po' che li scrutai FOMALHAUT, POLARIS, DENEB, riconobbi che erano i veri nomi di quei pallini luminosi, che io chiamavo stelle.
Quella doveva essere la sua passione: ecco perché era sempre così distratto a lezione e perché non sembrava dare molta importanza al mondo che lo circondava.
Aveva il suo mondo.
Perché avrebbe dovuto vivere in questo?

Quella scoperta mi fece avvicinare ancora di più a lui. Continuavo a fissarlo. Cercando di fargli domande senza mai ottenere risposta.

In classe non aveva legato con nessuno.
Ed anche con i professori parlava, solo se interrogato.

Stavo prendendo in considerazione l'idea di mollare, di lasciarlo perdere.
Perché magari preferiva starsene da solo e non aveva bisogno di amici.

Ma tutto cambiò verso metà anno.
Mi ero promessa che sarebbe stato il mio ultimo tentativo.
E che se non avesse funzionato mi sarei arresa (anche se sapevo di non potercela fare).

Mi avvicinai a lui durante la ricreazione.
La maggior parte dei miei compagni giocavano a pallone in giardino. Mentre Daniel era seduto su una panchina con un libro in mano (amavo il suo lato "secchione" ancora adesso), all'ombra di una gigantesca quercia.

"Ciao." lo salutai. E senza nemmeno aspettare una sua reazione, mi accomodai accanto a lui.

"Posso leggere con te? Sai leggere è la mia passione. Mi piace scoprire cose nuove ed apprenderne di interessanti." dissi, tutta trafelata.

IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora