Razionalmente ed emotivamente, non mi sentivo ancora pronta

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NEVE'S POV'

Da quel giorno Josh non si era più fatto vedere, e io non mi ero più fatta sentire.
Mi sembrava giusto, che lui non volesse più vedermi o parlarmi. Si era, apertamente dichiarato, davanti al palazzo in cui abitavo, dove occhi invadenti continuavano a scrutarlo dalle tapparelle socchiuse, dei loro monolocali. E io mi ero limitata a stare in silenzio, a richiudere la porta, buttandomi per terra, mentre i miei pensieri, imperterriti, andavano a lui: a Daniel

Avevo imparato a leggere ogni mossa, ogni atteggiamento e ogni silenzio, che Daniel sfoggiava con assoluta dimestichezza.

Era sempre stato terribilmente silenzioso:
Silenziosamente, si era intofulato nella mia vita.
Silenziosamente, ne era diventato importante.
Silenziosamente, aveva cominciato a far parte di me.

Ed era per questo che quando era arrabbiato, era terribilmente silenzioso. Quando era pensieroso, picchiettava l'indice su qualsiasi superficie avesse a disposizione, mordendosi il labbro, torturandolo tra i suoi denti, a volte fin troppo bianchi. Quando era riflessivo, puntava gli occhi su un oggetto e s'incatenava ad esso. Quando era nervoso, le sue mani finivano inevitabilmente tra i suoi capelli. Quando mi vedeva, i suoi occhi assumevano una luce diversa, dal verde dell'aurora boreale divenivano azzurro ghiaccio. Quando era felice, invece, da verdi assumevano dei lineamenti viola, quasi impercettibili, che gli illuminavano lo sguardo.
Quando era triste, invece, tendevano al nocciola. Quando rideva e mi guardava, i suoi occhi ridevano ancor prima delle sue labbra, e le sue guance si gonfiavano, la sua bocca esplodeva in una risata che allargava il cuore, anche al più insensibile degli umani. E nello spazio, fra l'angolo della bocca e la guancia, si formava una fossetta, profonda e morbida e io mi divertivo a sprofondare il mio dito in quella soffice piega.

Dopo nove anni, ricordavo ancora com'era vestito il primo giorno di scuola, ricordavo il suo sguardo timido, fisso a terra, i suoi occhi pieni di luce. Ricordavo le sensazioni che avevo provato vedendolo, già la prima volta, perché quel giorno aveva segnato qualcosa in me. Non sapevo cosa fosse l'amore un tempo e forse non l'avrei nemmeno mai scoperto, ma dentro sentivo un impeto, un fuoco, un turbine e un uragano. Come se sapessi che da quel momento la solitudine avrebbe fatto meno paura, senza sapere, ancora, che nome lo differeziasse o che carattere avesse, io l'avevo scelto.

Avevo scelto la cosa più bella che esistesse.

Un solo sguardo poteva muovere il mondo... Il suo, aveva mosso il mio. E sempre il suo, continuava a destabilizzare il mio.

Mille altre volte ancora avrebbero potuto spiegarmelo. Mille altre volte ancora avrebbero potuto dirmelo. Mille altre volte ancora avrebbero potuto circondarmi in un abbraccio. Mille altre volte ancora avrebbero potuto asciugarmi le lacrime. Mille altre volte ancora avrebbero potuto guardarmi negli occhi. Mille altre volte ancora avrebbero potuto sorridermi.

Fiumi di discorsi, parole sopra altre parole, sillabe che cozzavano tra di loro, suoni contrapposti che si opponevano nella mia mente, suoni che non si accostavano, e parole che lo facevano troppo facilmente. E la mia mente annegava, costantemente tamponata da una sola frase:

"Nessuno rimpiazzerà il tuo posto, Daniel."

La volevo, adesso, la sua voce a riscaldarmi il cuore. Perché non si resisteva all'anima, soprattutto se si trattava di un'anima affine. Perché non si resisteva allo sfiorarsi continuo, di queste anime in subbuglio.

Il semplice sfiorarsi, quel tocco impercettibile mi accendeva, ogni volta.
Il mondo amplificato.
Ogni parte di me che percepiva ogni parte di lui.
Attrazione, la chiamavano la nostra. Attrazione cieca, dicevo io, di quella che ti prendeva alla bocca dello stomaco, che ti faceva tremare e non solo le gambe.

IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora