Era mattina ed il sole brillava d'oro sulle increspature di un mare tranquillo, che fino adesso non mi ero accorta esistesse.
Ad un miglio dalla costa una barca da pesca gettava pastura e reti nell'acqua in continuo. Attirando una folla di mille gabbiani pronti ad azzuffarsi per qualche boccone.Ma a cento metri di altezza dal cielo, un singolo gabbiano, abbassava le zampe palmate. Alzava il becco e si tendeva per mantenere la dolorosa torsione delle ali che gli consentiva di volare piano. E rallentò finché il vento non fu un sussurro, finché l'oceano non fu immobile sotto di lui.
Un abbraccio caldo e avvolgente mi fece ritornare alla piccola realtà che mi circondava. Senza ali, ne vento.
La camera da letto, l'unica stanza che fino adesso avevo visto era enorme. Un grosso letto di legno era posizionato al centro della stanza, con coperte verdi e gialle e cuscini imbottiti. Un grosso quadro incorniciava la parete dietro di noi. Dove a lato c'era una panchina incassata nel muro, ricoperta di tanti cuscini verdi, quadrati e vellutati. Appena sopra, una finestra rettangolare, con delle tende gialline faceva filtrare una luce troppo chiara. Tutta la stanza, il soffitto, le pareti, il pavimento erano di legno ed io rimasi senza fiato.
Poi gli occhi mi si posarono sulle due pareti a destra che erano colme di libri. Avevano delle mensole, incassate al loro interno e i libri, tutti in fila, in ordine alfabetico e di colore, erano una cosa unica, indescrivibile.
Mi sciolsi dall'abbraccio di Daniel e mi lanciai su quei volumi antichi e profumati."Lo sapevo che ti sarebbe piaciuta." disse allegro Daniel.
"Lo sai che preferisco i libri alle coccole!" dissi in tono serio.
"Certo che lo so, altrimenti adesso non saremmo qui."
Due comodini di paglia completavano la stanza, lasciandola mozza fiato. Dal lato in cui avevo dormito io, il comodino disponeva solo di una lampada.
Invece, dall'altro lato, sul comodino c'era appoggiata una foto. Mi avvicinai per vederla meglio.
"Daniel, ma sei tu questo! Da piccolo..." dissi io stupefatta.
"Si, perché sai questa è la casa di mia nonna e be se ti andrebbe di conoscerla, ci starà sicuramente aspettando in cucina."
"Certo che voglio conoscerla." risposi raggiante.
"Sai Neve, ti amo proprio per questo."
"Per cosa?" risposi distratta ancora da quei magnifici volumi.
"Sei così unica, non ti preoccupi di niente, sei allegra, sei triste, sei spontanea ma anche timida.
Sei un turbine di emozioni."Arrossii a quelle parole, lui mi si avvicinò, dandomi un abbraccio caldo e rassicurante, che sciolse solamente quando arrivammo davanti alle scale, prendendomi in braccio.
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La cucina aveva un'atmosfera particolare. Sapeva di cannella e mela e le tre finestre aperte, che davano sul mare, facevano entrare un'aria frizzantina, che adoravo.
Una signora dai capelli argento. Gli occhi ridotti a fessure, incorniciati da tante piccole rughe.
Verdi smeraldo che, appena girò la testa, un raggio di sole, glieli illuminò, facendo riflettere al loro interno delle venature viola.La donna.
Quella donna, era esattamente quella del pullman.
Quella strana signora che stava girovagando nei boschi con una lanterna in mano e che dopo poco me l'ero ritrovata di fianco.
Lei parve però, non riconoscermi.
Quindi, feci finta di niente.
Magari mi stavo SOLO sbagliando."Adesso ho capito da dove ha preso gli occhi Daniel." dissi, accorgendomi soltanto dopo, di aver pensato ad alta voce -che sbadata.
La signora mi sorrise con fare gentile e poi mi disse:
"Buongiorno, tu sei Neve vero?
Non ci siamo mai conosciute, ma so tanto di te, ad esempio so che tu ed il mio smeraldo siete cresciuti insieme, non è così?"Il mio smeraldo? -stavolta lo pensai soltanto
"Si è proprio così, ma non capisco... Se Daniel aveva lei, perché è rimasto in India?"
"Vedi cara, quando io ero giovane viaggiavo molto e non avevo di certo il tempo di prendermi cura, di un esserino così bello. Poi LUI voleva stare con TE e niente l'avrebbe portato via.
Lui si rispecchiava in te." mi disse in tono premuroso.Mi girai verso Daniel, che era diventato rosso come un peperoncino, lo amai ancora di più.
"E lei come si chiama, signora?"
"Shreya, ma tu chiamami pure nonna."
"Si Neve, tranquilla, tutti la chiamano nonna, anche quando era al villaggio, nessuno la chiamava per nome." intervenne Daniel.
"Okay... NONNA."
Che strano poter chiamare una persona nonna. Io, che non sapevo neanche che ruolo svolgeva una nonna, io che non sapevo neanche che ruolo svolgeva una nipote.
Il suo viso divenne calmo e sereno. Le rughe d'espressione intorno agli occhi svanirono e rimasero solo quelle della vecchiaia. Gli occhi gli s'illuminarono diventando più viola e in contemporanea anche quelli di Daniel si fecero più vivi. La loro bocca si piegò in un sorriso e la mia, fece lo stesso.
Il loro sorriso era maledettamente irresistibile.
Più li guardavo, più credevo che la nonna, fosse la mamma di Daniel.
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IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)
ParanormalNeve una ragazzina timida, insicura, fragile. Non aveva avuto un passato facile e nemmeno il suo presente era da meno. Sedicenne, non sapeva esattamente cos'era l'amore, perché non gli era mai stato ricambiato. Un segreto di cui anche lei ne era all...